Genova, Fuoco e Vita
Posted on July 20th, 2001 at 8:15 PM | Tags: Rivoluzione | 0 CommentsÈ il 20 luglio. Un ragazzo di 23 anni, Carlo Giuliani, è morto oggi a Genova. Un ragazzo come tanti, che non voleva essere ricordato per la sua morte, ma per la sua rabbia, per la sua voglia di cambiare le cose.
Ma cosa possiamo dire di lui? Cosa possiamo dire davvero?
Un estintore in mano, e la vita che sfugge. «Cosa voleva fare con quell’estintore?»
Le immagini di quel momento sono chiare nella mia mente, la scena che mi si stampa davanti agli occhi: la polizia, i manifestanti, il caos. Ma quell’estintore… quale fu la sua intenzione? Cosa sperava di fare, cosa pensava che avrebbe cambiato? La risposta è persa nel fumo delle manifestazioni, nelle urla delle strade. Non c’è risposta facile, non c’è chiara verità. C’è solo una domanda che rimane sospesa nell’aria, un sospetto che aleggia.
È difficile essere obiettivi quando un giovane muore sotto i colpi di un’arma, ma la domanda è: era giusto? Non sto dicendo che la polizia ha agito bene, non lo so. Ma posso solo chiedermi: se fossi stata nei loro panni, cosa avrei fatto? Carlo Giuliani aveva un estintore, ed era in mezzo ad una folla di rivoltosi. Le cose si sono fatte caotiche. Il rischio era alto. Ma davvero, davvero quel ragazzo meritava la morte per quella sua decisione?
Perché questa domanda non è mai stata davvero affrontata? Cosa c’era in quella mano che teneva l’estintore? Un gesto di sfida, di coraggio? O un ultimo disperato tentativo di difesa? Non ci sono risposte facili, nessuna risposta giusta, ma un vuoto che nessuno può colmare. La sua morte ha lasciato un segno, eppure è una cicatrice che non scompare, una ferita che brucia ancora.
La polizia era lì per mantenere l’ordine, e il giovane Giuliani? Cosa rappresentava in quel momento? Un simbolo, un uomo, un ragazzo perso nella follia della protesta. Ma chi decide chi è giusto e chi è sbagliato in una guerra che non è mai chiara? Chi stabilisce chi ha il diritto di vivere e chi, invece, diventa solo una vittima sacrificabile?
A Genova, oggi, non c’è solo un morto. C’è un interrogativo che continua a suonare nella mente di chi c’era, di chi ha visto e di chi non sa ancora cosa pensare. Era giusto? No. Era necessario? La domanda non ha una risposta. Solo il silenzio che segue. E poi le strade vuote, i volti che si allontanano, i ricordi che restano.
La polizia ha fatto il suo lavoro, ma il cuore di chi è rimasto a guardare non smette di battere forte per quel ragazzo che ora è solo un nome su una lista, una vittima da dimenticare. Non voglio dimenticare. Non voglio che quella morte rimanga solo un numero. Voglio capire, voglio sapere cosa pensava davvero Carlo, e perché un ragazzo di 23 anni è arrivato fino a quel punto. Ma sono domande senza risposta, che nessuno vorrà davvero ascoltare.
E ora? Che succede dopo? Qual è il senso di tutto questo? La politica, la polizia, i manifestanti, il ragazzo morto. E io che continuo a chiedermi: cosa era giusto, davvero, in quel momento? E non trovo risposta. Così, resto con il silenzio e con la mia domanda, che diventa sempre più grande.
Che cosa sarebbe cambiato se, in quel preciso momento, Carlo avesse fatto una scelta diversa?