L’ultima Luce di una Principessa
Posted on August 31st, 2000 at 12:52 AM | Tags: Memoria | 0 CommentsÈ forse questo il destino di chi osa essere veramente diverso, veramente umano?
Ogni immagine che custodiamo si spezza,
come la memoria di chi se n’è andato.
La morte di Lady Diana, quel 31 agosto 1997, è una ferita che non si rimargina mai #
La sua figura, sempre in movimento, sempre un passo avanti, non si è mai fermata. La principessa Diana non è stata solo un volto dietro un sorriso perfetto. Era molto di più. Era un simbolo di speranza, di compassione, di una bellezza che non stava nei vestiti o nelle acconciature, ma in ogni gesto di cura, ogni parola che scivolava dolcemente in un mondo di superficialità e ipocrisia. Non è facile raccontare un dolore che non si placa. Non è facile scrivere di una morte che ha scosso il mondo intero. Forse perché io stessa, nel mio piccolo, l’ho vissuta come un’ingiustizia.
Era il 31 agosto 1997, e Parigi piangeva. Lei, Diana, la principessa che sembrava invincibile, si stava sgretolando sotto gli occhi di tutti. La sua morte non è stata solo una tragedia personale, è stata l’ennesimo colpo a quella strana “normalità” che ci facciamo illusioni di controllare. Un incidente, dicono. Ma quanti incidenti come questo non ci lasciano mai spiegazioni, mai risposte? La verità è che non possiamo accettare l’impossibile, ma accade. E accadere, a volte, è come essere colpiti da un fulmine, senza preavviso.
Lady Diana era la rappresentante di un mondo che non esiste più. Lei che apriva porte a chiunque, che parlava con il cuore, che si faceva portavoce dei più deboli, che donava senza aspettarsi nulla in cambio. Le sue mani, sempre tese verso chi soffriva, avevano il potere di cambiare vite, ma non quella che l’avrebbe condotta via. Quando se n’è andata, non l’ho solo sentita come un’assenza fisica, l’ho sentita come un vuoto esistenziale che in molti, adesso, cercano di colmare.
In un mondo che ha smesso di essere umano,
Lady Diana è diventata l’icona di una bellezza che non si consuma.
Chi può davvero capire il peso che ha portato, il dolore che ha vissuto dietro quella facciata sempre impeccabile? Chi può raccontare la solitudine di una donna che, pur avendo tutto, non è mai stata abbastanza per sé stessa? Eppure, è riuscita a lasciare un segno indelebile. Perché la sua forza era nell’umiltà, nel fatto che non era mai sopra, ma tra la gente. Quando penso a Lady Diana, non penso solo alla sua bellezza, ma alla sua fragilità, quella che nascondeva, quella che portava dentro, nel profondo. La sua morte, il silenzio che ha seguito la notizia, è stato come un grido soffocato. Come se il mondo avesse deciso di dimenticare, per un attimo, la sua esistenza. Eppure, oggi, a più di due anni da quella tragedia, il suo nome è ancora sulla bocca di tutti.
Ma cosa rimane davvero di lei?
Di tutte quelle immagini, quei sorrisi, quelle promesse non mantenute?
Siamo davvero capaci di vedere oltre il mito?
O ci accontentiamo di ricordarla come una fiaba finita troppo presto?
Che cosa siamo disposti a perdere, a sacrificare, prima di fermarci e guardare veramente? Guardare oltre la superficie, oltre le apparenze. Perché la sua morte è stata solo la fine di un capitolo, ma forse la domanda che resta, ancora oggi, è: che cosa davvero ci ha lasciato? O, più probabilmente, che cosa ci stiamo rifiutando di guardare negli occhi, nel suo addio?
Lady Diana, nella sua semplicità, ha vissuto più di molti di noi.
Ma davvero abbiamo capito cosa significava il suo messaggio?
O siamo condannati a dimenticare, come sempre?
Background: Candle in the wind (Goodbye Englands rose) – Elton John