Sotto la pelle della fede

Sotto la pelle della fede

Posted on November 19th, 2000 at 9:35 PM | Tags: | 0 Comments

Ogni passo, ogni sguardo, ogni respiro, ci avvicina a qualcosa di più grande di noi. Ma quale è il prossimo passo? Qual è il cammino che dobbiamo ancora percorrere? Non siamo mai veramente arrivati. La domanda rimane. La risposta, forse, è solo un altro passo da fare.

Ogni domenica mattina mi sveglio presto. Il silenzio della casa è un invito a riflettere, a fermarmi, a respirare. Non c’è fretta, solo il suono della mia voce che mi guida verso il mio destino di fede. Lì, sotto il peso del cielo grigio, c’è un rifugio che non ha confini, che non tradisce. La chiesa, il suo silenzio, la sua luce soffusa. #

Arrivo, come sempre, un po’ in anticipo. Il rumore della porta che si chiude dietro di me è l’inizio di un viaggio che, ogni volta, mi sembra nuovo. È l’unico posto dove posso staccare, dove posso trovare la pace. Mi siedo in una panca. Non guardo l’altare, non guardo il prete. Chiudo gli occhi e lascio che l’organo parli al posto mio. L’aria è carica di una tensione morbida, di una dolcezza inaspettata.
Mi sento a casa, ma è una casa che non appartiene a nessun luogo. È solo il respiro del mio essere. È tutto quello che so essere vero.

La messa comincia, e il parroco si alza. Le sue parole arrivano dritte come lame. Di gratitudine. Di quella che non si vede mai, ma che è la spina dorsale di tutto. È la gratitudine che manca nei giorni più bui, quando tutto sembra sfuggire. È quella che si nasconde tra le pieghe del nostro dolore. Ma non si può fuggire. Lì, tra quelle mura, è come se il tempo si fermasse. Mi perdo nei ricordi, nelle voci sussurrate tra le file di banchi. Penso a quel giorno, tanto tempo fa, quando ho trovato rifugio in una cappella dimenticata, a metà strada tra la luce e l’ombra. Lì, ho capito una cosa che non dimenticherò mai: la resilienza non è solo sopravvivere, ma risorgere ogni giorno, anche quando non vogliamo farlo.
Ci sono giorni in cui l’unico gesto di speranza è un respiro. Un solo respiro. Quello che ti permette di continuare. Quello che ti permette di ricominciare.

La messa finisce, ma non io. Rimango, immobile, a riflettere. Inginocchiata, la mia preghiera non è fatta di parole. È silenziosa, piena di quel «grazie» che mi risuona dentro. È il ringraziamento per ogni piccolo passo, per ogni respiro che mi tiene in vita. È per la forza che non vediamo, ma che ci sorregge, invisibile eppure potente.
Esco dalla chiesa e il mondo sembra più chiaro, come se qualcosa fosse stato messo al suo posto.

Mi avvio a casa, ma una sensazione familiare mi coglie di sorpresa. È come un sogno, un’immagine che sfiora la mia mente: sono una giovane scout. La gioventù, l’inquietudine di quel tempo, la forza di un gruppo che affronta insieme le sfide. Ogni passo nelle escursioni, ogni notte sotto le stelle, ogni parola data attorno al fuoco. La vita è fatta di questi piccoli momenti, quelli che non ci accorgiamo mai di vivere, ma che poi sono quelli che ci definiscono.
È la fatica di un cammino che ci rende più forti. E ogni passo, se lo fai insieme, diventa più facile da affrontare.

Mi fermo. Respiri profondi. E mi accorgo che la resilienza è proprio questo: è un percorso che non finisce mai. Un cammino che cominciamo senza nemmeno accorgercene. E che ci porta a scoprire, ogni volta, qualcosa di nuovo su noi stessi. Forse è questo il senso di tutto. Forse.
Forse, ma non è ancora finita. Cosa c’è oltre questa soglia?


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