Onde e silenzi spezzati
Posted on August 4th, 2003 at 5:00 AM | Tags: Esperienze | 0 CommentsChiunque ti dica che il dolore si possa spegnere, non ha mai sentito il suo peso #
Il cellulare è spento.
Lui dorme o forse è in spiaggia. O forse è semplicemente lontano, da me, dalla mia voce, dalle mie domande. È facile farsi illusioni su chi ci ama e su chi non lo fa, ma alla fine, il silenzio è sempre la risposta più sincera. La domanda è sempre la stessa: perché non mi cerchi?
E io, come se bastasse a scacciare questo pensiero insostenibile, mi costringo a non pensarlo. Non pensarlo, mi dico. Ma come si fa? Come si fa a spegnere una mente che lavora a mille? Come si fa a fermare il cuore che non sa più dove andare? È impossibile, lo so. Eppure, con la determinazione che solo chi è sfidato dalla frustrazione può comprendere, continuo a ripetermi in silenzio: Non pensarlo… non pensarlo…
E allora, mi alzo. Mi vesto di indifferenza, prendo la borsa e, come se la realtà non potesse trattenermi più, vado verso la spiaggia. Forse, pensavo, avrei trovato una risposta tra le onde. Ma le onde non sono risposte. Le onde non ti danno nulla, a parte il mare che ti entra dentro e ti rende per un attimo, solo per un attimo, più leggero.
Il mare. È lì. Vasto. Infinito. Sembra che tutto possa essere dimenticato, che in quell’azzurro immenso non ci sia più spazio per i pensieri. Mi sdraio sulla sabbia. Il caldo del sole mi penetra nella pelle, ma è un calore vuoto, che non sa dare risposte. Solo un abbraccio fugace, che svanisce non appena cerchi di stringerlo davvero.
Respiro. Respira, mi dico, mentre il sale mi accarezza la pelle. La mente non può correre ovunque. Il mare è un altro respiro, diverso, ma pur sempre respiro. Ma il cuore, quello non si placa. Non si calma mai. Il cuore vuole una risposta. Vuole essere toccato, non solo sfiorato.
Eppure, mi chiedo: è giusto così? È giusto cercare il silenzio come rifugio, quando sarebbe meglio affrontare la tempesta dei propri pensieri? La fuga non è sempre la soluzione, è solo un palliativo. Mi trovo a riflettere su quanto siamo abili a scappare dalle difficoltà. A quanti di noi, non solo io, piace pensare che basta girare l’angolo per trovare la pace, quando la realtà è che il dolore ti raggiunge, ovunque tu vada. Eppure, non so nemmeno se la soluzione è affrontarlo. È una domanda senza risposta, forse. Non ci sarà mai una risposta, eppure continuiamo a cercarla, come se il fatto stesso di cercare potesse in qualche modo placarci.
Osservo la sabbia sotto di me. Ogni granello è un pensiero che non riesce a trovare pace. Un piccolo frammento del tutto che non sa dove andare. Eppure, è lì, fermo, come me. Il mare non smette mai di ondeggiare, ma non trovo conforto nella sua vastità. La mente torna. E quando lo fa, è come se tutto fosse più pesante. Più vero. Più doloroso.
Un altro respiro, più profondo, e mi chiedo: quanto durerà questa fuga? Quanto tempo posso stare lontana dalla realtà prima che questa torni a colpirmi in pieno? Per quanto posso nascondermi nell’illusione del mare, sapendo che alla fine dovrò tornare e affrontare ciò che mi fa paura?
Forse, però, è proprio questa la risposta: non c’è mai una fuga definitiva. Non possiamo sfuggire ai nostri pensieri. Forse possiamo solo imparare a vivere con loro. E, forse, imparare a fare pace con quello che non possiamo cambiare.
Mi chiedo: può esistere una pace duratura senza affrontare la verità?
Forse la risposta non è ancora arrivata. O forse è già lì, sotto la superficie delle onde.
La verità è che nessuno di noi sa veramente come affrontare la vita, eppure tutti noi continuiamo a cercare il nostro modo per resistere. Che cosa ci resta, se non il coraggio di continuare, anche senza risposte definitive?