Oltre il nostro silenzio perduto
Posted on January 2nd, 2005 at 10:04 AM | Tags: Memoria | 0 CommentsCi sono tracce che non possiamo cancellare, non importa quanto tentiamo di fuggirne #
La notte è silenziosa, come se il mondo stesso avesse deciso di fermarsi. Non c’è nulla di speciale in questa sera di gennaio, eppure qualcosa si muove dentro di me, come un lento e costante battere del cuore. Quattro anni. Quattro lunghi anni di parole non dette, di cambi di numero e di distanze infinite. Eppure, eccoci qui, a parlare ancora. A pensare a te. A me. Perché non riesco a dimenticarti?
Ho cambiato tutto. Gli amici, la zona, il numero, le abitudini. Ma la tua voce è ancora lì, persistente, a farmi compagnia nelle notti in cui non riesco a dormire. È strano come il ricordo di qualcuno possa rimanere intrappolato dentro di te come un sogno che non si dissolve mai. Quella telefonata. L’avevo evitata per mesi, per anni. Ma stasera non c’è stata alcuna resistenza. Ho chiamato. E tu, con la tua voce calma, che mi dicevi di non cancellare mai niente di noi, di non cercare di dimenticarti. E ho pianto. Non è stato un pianto violento, non è stato un pianto liberatorio. Era una sorta di resa. Come se, alla fine, fossi tornata indietro, trovando la porta chiusa, ma con la chiave che continuava a brillare nella mia mano.
Ho cercato di capire. Perché ci siamo lasciati così, in sospeso? Non siamo mai riusciti a essere davvero lontani, vero? Tu mi dici che siamo cresciuti insieme, che ci siamo voluti bene. Ma io non posso accettare che tra noi due sia solo questo. C’è qualcosa di più, qualcosa che ci sfugge. Non posso fare a meno di pensare che forse il nostro legame non è solo quello di fratelli. Ma come puoi amarmi e, allo stesso tempo, non voler ricominciare da capo? La tua risposta è sempre la stessa: «Io ti amo, ma ho paura». Paura di cosa?
Perché, Y? Perché non posso smettere di pensarti?
La risposta non arriva mai. Ogni volta che ti parlo, che ti scrivo, mi ritrovo di fronte alla stessa domanda. Così, io continuo a cercare, a spingermi oltre i confini della memoria, per capire dove ho sbagliato. Forse il 2005 doveva essere un anno di cambiamento, di riscatto. Eppure, eccoci qui, a perderci ancora. Mi sento come se fossi di nuovo nel posto giusto, ma nello stesso tempo completamente sbagliato. Un cambiamento che non arriva mai. La vita è una corsa in cui non riesco a vedere la linea di arrivo. E non so nemmeno se voglio arrivarci. Ho deciso di camminare. Fuori, nel buio, tra i vicoli che conosco da sempre, ma che stasera sembrano strani. Ogni passo è più pesante dell’altro. E mentre cammino, il vento mi porta l’odore di qualcosa che non so descrivere, una miscela di pioggia e terra bagnata, un odore che sembra di casa, ma è troppo lontano. Non è un odore familiare, è come una promessa non mantenuta.
Ogni passo mi porta indietro, ogni angolo mi fa tornare da te, in quel luogo che non posso toccare.
Mi fermo. Guardando la luce tremolante di una lampada da strada, mi chiedo: «È mai davvero finito?». E forse, proprio in questa domanda, si nasconde la risposta che non voglio sentire. Il tempo non guarisce mai, non dimentica. Ci insegna solo a vivere con i ricordi, a portarli come una parte di noi. Non possiamo scappare da ciò che siamo stati. Non possiamo cancellare le persone che amiamo, nemmeno quando crediamo di farlo.
Ci siamo già persi? O forse non ci siamo mai trovati davvero?
Le risposte non arriveranno mai. Ma forse la domanda è tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
Sospesa, proprio come questa notte.
E tu, che cosa fai quando ti ritrovi a vivere in un ricordo? Come puoi continuare a camminare, a sorridere, a essere felice, quando una parte di te è sempre altrove, nel passato?
La risposta è tua. Ma non è mai facile.