Ombre tra le Rovine
Posted on August 10th, 2005 at 4:00 PM | Tags: Algoritmi | 0 CommentsSono sveglia da qualche ora, eppure il silenzio pesa come una cappa sul mio corpo. Non è il solito silenzio, quello che ti accompagna nei giorni vuoti, ma uno di quei silenzi che fanno male, che ti ricordano che c’è qualcosa che non va. O forse è il silenzio che viene dopo il fragore, quando tutto tace ma le cicatrici restano.
Oggi, agosto 2005, eppure sembra essere passato un secolo dal 7 luglio, giorno che non dimenticherò mai. Non si può dimenticare, no, perché qualcosa è cambiato. La sensazione di vivere in un mondo sospeso è diventata più forte. Il terrorismo non è una parola astratta o lontana, è una presenza concreta. È quel battito d’ali di un destino che non sai mai dove ti condurrà. È il buio che s’insinua nei margini della quotidianità, nelle pieghe di un momento che, fino a ieri, era banale, come il cucinare una zuppa. A volte, il profumo di una cipolla che sfrigola in padella ti porta con sé in un altro tempo, in un’altra vita. Oggi, mentre sbuccio l’aglio, il suo odore pungente mi fa venire in mente le strade vuote di Londra, il calore soffocante di una città che è diventata un’enorme distesa di paura e disperazione. Ma la mia cucina è un luogo sicuro, almeno per ora. La stessa zuppa che preparo ogni settimana, quella che sa di casa e di protezione, oggi ha un sapore diverso, come se stesse assorbendo l’angoscia che si è fatta spazio nel mondo.
Quello che più mi colpisce, mentre mescolo la zuppa, è il contrasto tra l’atmosfera di questo piccolo rifugio domestico e ciò che accade fuori. C’è un contrasto così forte tra la sicurezza delle mura e il caos che divora le città, che mi fa sentire… Stranamente sola. Nessuna delle ricette che conosco sa come curare questo vuoto che ora mi circonda, che mi entra nelle ossa. Ma forse, è questa la vera lotta: resistere alla sensazione che tutto possa crollare in un attimo, che la calma prima della tempesta non sia altro che una bugia. Fuori, il cielo è grigio, ma non piove. Non ci sono segni evidenti, eppure sento un brivido attraversarmi la schiena. Il mondo ha cambiato direzione, ma io sono qui, nel mio angolo di realtà. Come si può vivere in questo eterno limbo, tra il rumore del mondo e la quiete forzata di una cucina che sa di casa?
Le notizie sono sempre le stesse. Esplosioni, vite spezzate, e il suono di sirene che attraversa l’aria come una lama. La sicurezza non è mai più certa, e la paura si mescola con il quotidiano, come un’ombra che non se ne va mai. La mattina, quando esco di casa, la gente cammina come se nulla fosse, ma i loro occhi raccontano un’altra storia, quella di chi sa che il pericolo è sempre dietro l’angolo. Mi fermo un attimo, guardo il volto di un passante. Quante storie si celano dietro quei volti? Quante volte quella paura silenziosa ha solcato il cuore di ognuno? Londra, Madrid, Bali, New York… Le città sembrano sempre più lontane, eppure sono così vicine. Oggi, è il mio turno. Il mio turno di sentire il mondo ridursi a un susseguirsi di immagini, senza risposte, senza certezze. Mi trovo a riflettere su un mondo che non riconosco più, su un mondo che mi sembra sempre più estraneo.
Le bombe esplodono, e noi siamo qui a provare a riprendere la nostra vita. Ma che vita è questa? È forse quella che ci è stata rubata dal terrore? O è quella che siamo riusciti a ricostruire, pezzo per pezzo, mentre tutto il resto si frantuma? Non so se riuscirò mai a trovare una risposta. Ma oggi, proprio oggi, voglio credere che ci sia ancora qualcosa da salvare. Anche se tutto sembra cadere a pezzi, forse c’è ancora spazio per un’altra verità, per una vita che possiamo reinventare. Come possiamo resistere a tutto questo? Come possiamo continuare, mentre l’ombra del terrore ci sovrasta? O forse, è la nostra paura che ci rende fragili, è la nostra impotenza che ci condanna a vivere nel silenzio sospeso, dove ogni passo è incerto, ogni respiro affannato.
«C’è una fine per tutto questo?».