Capodanno, l’eco del silenzio

Capodanno, l’eco del silenzio

Posted on January 1st, 2006 at 2:30 AM | Tags: | 0 Comments

La notte mi avvolge come un manto freddo e, allo stesso tempo, familiare. Capodanno. Per molti è una festa, per me è un momento di riflessione. Ho scelto di passarlo da sola. Non per disprezzo verso gli altri, ma per il bisogno di ascoltare quel silenzio che si insinua tra i secondi, quando tutti gridano e io, invece, respiro.

Musica classica in sottofondo e non ci sono brindisi. Solo una candela accesa sul tavolo, il suo profumo di cera sciolta si mescola all’aroma pungente di un libro aperto accanto a me. È un vecchio volume di scienza, le pagine ingiallite parlano di spazio e tempo. Un tema ironico per una notte che celebra lo scorrere del tempo, non trovi?

La mia cena è semplice: risotto alla milanese e un bicchiere gassato alla rosa. Ascolto il rumore del coltello che taglia il pane. È netto, preciso. Come il mio pensiero in questo momento. Non c’è spazio per il superfluo, per le chiacchiere vuote. Mi alzo e mi avvicino alla finestra. Fuori, la città è una distesa di luci e ombre. Il vetro è freddo sotto le dita, e per un istante chiudo gli occhi. Il cielo è coperto, ma immagino le stelle dietro le nuvole. Mi chiedo: che senso ha questo rito collettivo? Perché diamo così tanta importanza a un istante che non è altro che un numero su un calendario?

Poi, qualcosa accade. Un petardo scoppia in lontananza, un lampo rosso illumina per un attimo la strada vuota. E io mi sento piccola. Piccola, ma non insignificante. Rifletto su come i grandi scioenziati vedrebbero questa scena. Loro, con la loro logica spietata, probabilmente smonterebbero ogni emozione, riducendo tutto a formule. Ma io non sono loro. Io vivo per quei dettagli che non si possono quantificare: il suono del vento che sfiora gli alberi, il riflesso delle luci nei miei occhi.

Mi siedo di nuovo e mi immergo nella lettura. Le parole mi avvolgono, mi sfidano. La solitudine è una condizione o una scelta? Mi rispondo che è entrambe le cose. Una condizione quando la subiamo, una scelta quando la trasformiamo in libertà. Quando l’orologio segna la mezzanotte, non alzo il bicchiere. Non urlo. Non esulto. Resto immobile, osservando la fiamma della candela che vacilla per un istante e poi riprende a bruciare, testarda. «Cosa significa davvero iniziare un nuovo anno?» È solo una convenzione? O è l’occasione per riscoprirci, per abbracciare il vuoto e riempirlo con ciò che conta davvero?

E tu, come affronti il silenzio? Ti spaventa o ti libera?


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