Storie di resilienza e riflessione
Posted on January 24th, 2007 at 1:04 PM | Tags: Resilienza | 0 CommentsIl sole sfiora i vetri, timido ma tenace, come un promemoria che ogni giorno porta con sé una nuova possibilità. La mia palestra casalinga attende il suo primo respiro.
Il tappeto nero del mio tapirulan brilla sotto la luce di mezzogiorno. Le tende, semiaperte, lasciano entrare un fascio di sole che illumina i contorni metallici dei pesi accanto a me. Una bottiglia d’acqua quasi vuota riflette l’arancione intenso delle pareti, creando un contrasto vibrante che mi fa sentire viva. Corro. Non solo con le gambe, ma con l’anima. Il rumore ritmico delle mie scarpe contro il nastro si mescola alla musica rap che esplode dalle casse. Il respiro è affannato, ma c’è qualcosa di quasi ipnotico in questa lotta tra corpo e mente. Non è solo fatica, mi dico. È il segnale che sto rivendicando uno spazio per me stessa.
Ogni minuto che passa si trasforma in un piccolo traguardo. I miei polmoni bruciano, e le spalle, tese dalla postura al computer, iniziano a sciogliersi. È un dolore che conoscevo ma che avevo dimenticato: quel bruciore vivo, quasi una promessa, che solo l’impegno fisico sa dare. Dopo quindici minuti, il mio corpo si arrende a un calore intenso. Il sudore scivola giù dalla fronte, lambendo le tempie come un fiume silenzioso. È in questi momenti che mi sento libera, quasi invincibile. Il nuovo elettrostimolatore sulla mensola mi guarda, quasi con aria di sfida. Lo provo subito o aspetto? Mi chiedo se sia solo marketing, una scusa per mascherare il bisogno di risultati immediati.
L., intanto, mi manda un messaggio. Sempre lui, sempre noi. Ci cerchiamo, poi ci sfuggiamo. M. dice che «abbiamo una bellezza strana, quasi magnetica, ma così fragile». Fragile come questa mia ricerca di equilibrio. Mi chiedo se sia il caso di raggiungerlo, prendere un treno per Pizzò e vedere se tra noi c’è qualcosa che vale il rischio. Mi siedo sul tappeto, le gambe ancora tremano, ma il mio sguardo è fisso fuori dalla finestra. Gli alberi spogli, fermi contro il cielo bianco di gennaio, mi ricordano che ogni cosa ha un tempo per rinascere. Questo mio viaggio tra pesi, corse e muscoli doloranti è solo un’altra forma di resilienza. Sto fuggendo da qualcosa o sto correndo verso me stessa?
La fatica fisica è reale, tangibile, ma il vuoto che sento quando tutto si ferma? Quello sembra invincibile. O forse è solo una pausa, un momento per riflettere. E mentre mi asciugo il viso, penso alle parole di Peter Pan che mi sono sempre rimaste impresse: «Non ti agitare. Continua a vivere la tua fiaba. Le sensazioni piacevoli non sono sparite. Devi cercarle, tenerle per mano. E se ti sfuggono, rincorrile. Sempre ». È questo che faccio qui, tra una corsa e una riflessione. Rincorro la fantasia.
Ma tu? La tua, dove ti sta portando?