Una Nuova Alba Americana
Posted on January 20th, 2009 at 4:31 PM | Tags: Memoria | 0 CommentsOggi, 20 gennaio 2009, mentre gli occhi del mondo sono puntati su Washington, mi sento attraversata da una tensione elettrica, quasi tangibile, che vibra nell’aria. La Casa Bianca non è più solo un edificio, è un simbolo che cambia pelle, che si trasforma. Non è solo la carica di un presidente ad entrare, ma l’idea stessa di ciò che può essere il mondo. Barack Obama non è solo un uomo in giacca e cravatta. È una speranza. È il segno che le cicatrici della storia possono finalmente, forse, cominciare a guarire.
Non so se è il freddo pungente o il calore che mi cresce dentro, ma quando lo vedo fare il suo giuramento, qualcosa dentro di me scatta. È la sua voce, chiara, potente, che penetra nel silenzio e sfida le ombre. Le parole di Obama non sono solo una promessa, sono una chiamata alle armi di chi crede che il cambiamento non sia un sogno utopico, ma una battaglia quotidiana. Non è la retorica di un politico, ma la verità di un uomo che ha osato guardare il futuro negli occhi e dire: «È possibile».
Mi trovo seduta davanti allo schermo, come milioni di altri, eppure c’è qualcosa di personale in questo momento. Perché non si tratta solo di lui, ma di tutti noi. Di chi ha visto la sofferenza, di chi ha messo in discussione ogni barriera, ogni limite imposto dalla paura. E oggi, quella paura sembra cedere il passo, come se l’umanità avesse deciso di correre verso l’ignoto, verso un futuro che non ha più paura di se stesso.
Osservo le strade di Washington, i volti delle persone, l’aria di speranza che aleggia su ogni angolo. È un mondo che cambia. Non solo perché lo dice Obama, ma perché tutti, da ogni parte del mondo, vediamo che qualcosa sta accadendo. Le parole di Obama sono la luce di una fiamma che può bruciare via secoli di divisioni, pregiudizi, speranze deluse. Eppure, come spesso succede, c’è anche un vuoto. Un grande uccello che vola sopra, silenzioso, in attesa. Cosa faremo con questa opportunità?
Il momento è ora. Non tra dieci anni, non domani. Oggi. E guardando Barack Obama prendere possesso della sua carica, sento un brivido che mi attraversa. Non è solo il cambiamento che vedo, è la possibilità di riscrivere ciò che credevamo fosse scritto. Guardando la televisione, ascolto le voci dei commentatori che parlano di lui come di un uomo che «riunisce», ma qualcosa dentro di me protesta. Non siamo noi a riunirci? Non è forse il nostro coraggio a fare la differenza? Obama è solo il catalizzatore, l’esempio di un cambiamento che è, e deve essere, nostro. La sua ascesa non deve essere solo un simbolo, deve essere un incitamento a tutti noi, per non lasciarci definire dalla storia che ci è stata raccontata, ma per scrivere la nostra. Quando Obama giura, non giura solo davanti alla nazione, giura davanti a chiunque, in ogni angolo del mondo, abbia mai sentito il peso del pregiudizio, della solitudine, dell’indifferenza. Giura per loro. Siamo davvero pronti a credere che il cambiamento sia possibile, che sia nostro, non solo suo?
La giornata prosegue, ma il suo spirito resta nell’aria. Come un suono che non smette mai di risuonare. Non è ancora finita, la battaglia. Forse non lo sarà mai. Eppure, oggi, sento che l’inizio di una nuova era è stato segnato, non da un uomo, ma da una nazione che ha scelto di non arrendersi.
E tu, lettore, cosa farai con questo momento? Sarà solo un altro passaggio nella tua vita o sarà l’inizio di un cambiamento che ti scava dentro, che ti costringe a guardare il mondo con occhi diversi? Oggi è solo il primo passo, ma come ogni passo, lascia una traccia. Che traccia lascerai?
Yes, we can.