Tessuto economico dell’Eurozona

Tessuto economico dell’Eurozona

Posted on December 10th, 2010 at 12:05 AM | Tags: | 0 Comments

Le serrande abbassate sono ferite aperte, e ogni volta che ne vedo una, è come se un pezzo di storia venisse strappato via per sempre. Questa crisi non è solo economica, è una crisi dell’anima. È la crisi di una società che ha smarrito la sua essenza, che ha dimenticato cosa significa sperare. Milano, io ti vedo. Ti vedo spegnerti piano, e non so se posso fare qualcosa per fermarti. Forse nessuno può. Ma so che dobbiamo provare, perché se smettiamo di lottare, smettiamo di essere vivi.

Milano chiude gli occhi, il futuro grida nel vuoto #

Milano oggi sembra uno spettro di sé stessa. Passeggio tra le vie del centro, e sento il cuore della città battere piano, affaticato, come un vecchio in agonia. Chiudono negozi, uno dopo l’altro, come se la vita stesse scivolando via da ogni angolo, da ogni pietra. Le serrande abbassate sono ferite aperte, e ogni volta che ne vedo una, è come se un pezzo di storia venisse strappato via per sempre. La crisi del debito sovrano sta distruggendo il tessuto economico dell’Eurozona. La Grecia è sull’orlo del baratro, e l’Italia non è lontana. Il male, lo vedo ogni giorno camminando per le strade di questa città che amo e odio allo stesso tempo. I mercati tremano, i governi cercano di trovare soluzioni, ma è come cercare di fermare un uragano con un ombrello. Ogni tentativo sembra vano.

Sono cresciuta qui, tra il rumore dei tram e le voci degli ambulanti che oggi sono quasi sparite. I suoni della mia infanzia si affievoliscono. Mi chiedo: quando è successo tutto questo? Quando abbiamo smesso di credere che domani sarebbe stato un po’ meglio di oggi? E noi qui, a Milano, ne paghiamo il prezzo. Ho visto anziani contare le monete prima di fare la spesa. Ho visto giovani senza più sogni, con lo sguardo perso, come se il futuro fosse già morto prima ancora di nascere. Eppure, mi chiedo se non sia sempre stato così. Forse la crisi è solo una scusa, un mostro sotto il letto che finalmente si è rivelato. Forse è la nostra essenza quella che ci sta tradendo.

Il mio pensiero torna a quando ero bambina. Non c’era tutto questo, o forse c’era, ma io non lo vedevo. E adesso? Adesso lo vedo fin troppo bene. Vedo la paura nelle persone, la paura che ogni giorno diventi un incubo peggiore. Sento il silenzio che avvolge Milano, un silenzio che urla più forte di qualsiasi parola.

In questi momenti, vorrei avere la forza di urlare anch’io, di gridare contro l’ingiustizia di tutto questo. Ma la mia voce si spegne prima ancora di nascere, soffocata dall’apatia, dall’inevitabilità di ciò che sta accadendo. Mi fermo davanti a una vetrina vuota, il riflesso della mia immagine mi restituisce uno sguardo che non riconosco più.

Siamo ancora noi, o siamo già diventati qualcun altro? Non so più rispondere. Questa crisi non è solo economica, è una crisi dell’anima. È la crisi di una società che ha smarrito la sua essenza, che ha dimenticato cosa significa sperare. Siamo diventati ombre, e le ombre non fanno rumore. Milano, io ti vedo. Ti vedo spegnerti piano, e non so se posso fare qualcosa per fermarti. Forse nessuno può. Ma so che dobbiamo provare, perché se smettiamo di lottare, smettiamo di essere vivi. E allora cammino, perché camminare è l’unica cosa che posso fare. Un passo dopo l’altro, tra le ombre di una città che un tempo brillava. Un passo dopo l’altro, verso un futuro che spero, in fondo al cuore, non sia ancora del tutto perduto.

Background: io non mi sento Italiano – Gaber

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