Il peso dell’identità
Posted on August 17th, 2014 at 10:04 PM | Tags: | 0 CommentsSotto questo cielo grigio di agosto, mi perdo, ma mi ritrovo, ed è lì che tutto ha un senso #
Amsterdam. È agosto del 2014, e io sono qui, a guardare la gente passare. Ognuno con il suo passo, con la sua direzione, con il suo vuoto. La città ha sempre quel fascino, quella strana sensazione di appartenenza e disconnessione che mi attira e respinge allo stesso tempo. Ma oggi non è di Amsterdam che voglio parlare, no.
È di identità. La mia identità. O meglio, della sua lotta.
Ho impiegato anni, forse troppi, per capire chi sono. Non parlo di quelle frasi banali che si sentono nei talk show, «trova te stesso», «ama chi sei». No, io parlo di una guerra silenziosa che si consuma dentro. Una battaglia tra il “chi devo essere” e il “chi sono realmente”. Perché in questo mondo, lo stile non è solo abiti o scelte di vita: è essenza. E l’essenza non si compra, non si imita. Si conquista.
Osservo la gente qui. C’è qualcosa di strano, come se nessuno avesse veramente il coraggio di essere sé stesso. Si guardano, si misurano, si copiano. E mi chiedo: perché? Perché ci appropriamo delle idee, dei modi, delle vite degli altri come se fossero nostre? La risposta è semplice, eppure dolorosa: non sappiamo chi siamo. Non c’è più un «io», ma un riflesso di ciò che vediamo. È più facile, sì. Ma è anche tragico. Io, anni fa, ero così. Avevo paura di mostrarmi per quello che ero. Indossavo maschere, come tutti, sperando che il mondo mi accettasse per una versione addomesticata di me stessa. Ma c’era qualcosa che strisciava dentro di me, un’inquietudine costante. Non ero più disposta a fingere.
Poi c’è stata la svolta. Un momento che non dimenticherò mai: era una notte d’estate, e guardavo le stelle. Le vedevo brillare, perfette, eterne. Mi sentivo piccola, insignificante, eppure così collegata a qualcosa di più grande. Allora l’ho capito. Il mio posto nell’universo. Non come un’entità insignificante, ma come un essere unico. Come lo zero. Sì, lo zero. Quel concetto che tutti temono, che considerano vuoto, inutile. Ma io l’ho abbracciato. Lo zero è l’origine, è la possibilità di diventare tutto, senza limiti. Ho capito che la mia identità non è fissa, non è scolpita nella pietra. Eppure, è mia. Ho smesso di cercare approvazione, ho smesso di imitare gli altri. Da quel momento, ho abbracciato ogni imperfezione, ogni sfumatura di me stessa.
Ora, cammino in mezzo a questa folla, e non posso fare a meno di notare: le persone non sanno chi sono. Vivono vite a metà, seguono mode, seguono pensieri che non appartengono a loro. E questo mi rattrista. Perché il vero coraggio è vivere la propria verità, non quella degli altri. Guardare il mondo negli occhi e dire «Sì, questo sona io. E va bene così». C’è chi mi critica. C’è chi dice che sono presuntuosa, che ho troppo ego. Ma non capiscono. Non è ego. È verità. Ho passato troppo tempo a nascondermi, troppo tempo a cercare di compiacere gli altri. Ora vivo per me. E sapete cosa? Non mi importa se il mondo non capisce. Mi basta sapere chi sono.
Le stelle, i pianeti, le costellazioni… tutto torna sempre lì. Al grande schema delle cose, dove ognuno ha un suo posto, una sua funzione. E io so la mia. Non sono nata per essere amata da tutti, non sono qui per fare ciò che gli altri si aspettano. Sono qui per vivere la mia verità. Forse, alla fine, è questo il senso dell’esistenza. Non essere perfetti, non seguire schemi o aspettative. Ma vivere. Vivere intensamente, vivere senza scuse, senza rimpianti. Essere semplicemente noi stessi. La vita è breve. Troppo breve per vivere nelle ombre degli altri. Troppo breve per imitare. Se c’è una cosa che ho imparato, è che siamo tutti delle stelle, ma poche brillano veramente.
• remember me
• Eclipse •