
Vigilia di Natale 2003
Posted on December 24th, 2003 / Celebrazioni / 20 CommentsVigilia di Natale 2003. Il tempo si piega su se stesso in questa notte sospesa tra ciò che è stato e ciò che sarà. Lo vedo nelle luci tremolanti che si riflettono sui vetri, nei fiocchi di neve che si posano leggeri senza fare rumore, nelle ombre che si allungano sulle pareti come se il passato cercasse di riconquistare il presente. C’è un odore che riconosco, un calore che non appartiene solo alla fiamma del camino ma a un ricordo che non si lascia dimenticare. Mio padre, la sua voce che riempie la stanza, la vecchia cassetta di “Home Alone” tra le mani, il sorriso complice di mia madre. Eravamo ancora una famiglia intera, indivisa, prima che il tempo iniziasse il suo lavoro silenzioso di erosione. Il nastro scorreva nel videoregistratore e con lui la mia infanzia, che si aggrappava a ogni scena, a ogni risata che riecheggiava nella stanza. Il Natale era tutto lì, in quel momento congelato nel tempo, in quell’illusione di eternità.
Il profumo della cioccolata calda si diffondeva nell’aria come una promessa non detta, un’ancora lanciata verso un futuro che non poteva ancora ferirmi. Ogni sorso era un ritorno, ogni nota della colonna sonora un richiamo che mi riportava a casa, a quel luogo che esisteva solo nella memoria. Kevin McCallister, lasciato solo in una casa troppo grande, troppo silenziosa. Io, davanti allo schermo, avvolta in una coperta, mi sentivo al sicuro nel piccolo mondo che ancora non conosceva le crepe. Guardavo quel bambino che, con ingegno e coraggio, respingeva i ladri e proteggeva ciò che era suo. E dentro di me, senza ancora saperlo, prendeva forma una consapevolezza: la casa non è fatta di muri, ma di legami. E quando quei legami si spezzano, nessuna fortezza può proteggerti dal freddo.
Il Natale ha una strana magia. Crescendo, impariamo a vederne le ombre, le assenze che si fanno più ingombranti, le voci che si spengono nei ricordi. Eppure, c’è qualcosa che resiste. Una scintilla che rifiuta di estinguersi, un barlume di speranza che sopravvive nonostante tutto. Ogni dicembre, quella fiamma si riaccende, debole ma testarda, nella luce delle decorazioni, nel profumo di biscotti appena sfornati, nella melodia di una canzone che conosciamo a memoria. Ci aggrappiamo a quei dettagli, cerchiamo di trattenere quel calore, di non farlo scivolare via. Mi chiedo spesso cosa resti di quei Natali passati, di quelle sere trascorse davanti alla televisione, del calore che sembrava eterno. La risposta è nel silenzio della notte, in quel senso di incompletezza che mi accompagna da allora. Perché crescere significa anche questo: comprendere che alcune cose non tornano, che certi momenti vivono solo nella memoria, ma che proprio lì continuano a esistere. E forse è questo l’incanto più grande: la capacità di sentire ancora, di riconoscere il sapore dolceamaro della nostalgia senza lasciarsi inghiottire da essa.
«Home Alone» non è solo un film, è un portale, un filo sottile che mi lega a chi ero, a chi siamo stati. Ogni volta che lo guardo, è come aprire una finestra su un tempo che non posso più toccare, ma che ancora mi sfiora. È la voce di mio padre, il sorriso di mia madre, la certezza di un mondo che non conosceva il disincanto. È il Natale che sopravvive dentro di me, anche quando tutto sembra suggerire il contrario. C’è un momento, in ogni vigilia, in cui il tempo sembra fermarsi. Un attimo in cui il presente e il passato si sfiorano, si riconoscono, si concedono un ultimo ballo prima che l’alba spezzi l’incantesimo. È in quel respiro sospeso che ritrovo la bambina che ero, quella che credeva nella magia senza bisogno di prove, quella che sapeva che la casa è ovunque ci sia amore. La cerco, la sfioro, la lascio andare.
Il Natale è questo, dopotutto: un’illusione fragile, un ricordo che brucia come una candela che lotta contro il vento. Ma finché quella fiamma resiste, anche solo per un istante, il passato non è mai davvero passato.
Christmas.
Remember me,
Eclipse
Il Natale, l’infanzia, i ricordi che ci illudiamo di poter trattenere. Ma tutto scivola via, Eclipse. Tutto cambia. È la realtà. Eppure, mi ritrovo ogni anno a cercare quella luce nelle cose più piccole, nei dettagli. Perché, in fondo, siamo tutti nostalgici di qualcosa.
Tutto scivola via, è vero. Ma non scompare del tutto. Resta nei dettagli, nelle abitudini che ripetiamo senza nemmeno accorgercene. Forse la nostalgia non è altro che un tentativo disperato di trattenere il senso di ciò che è stato. E forse va bene così.
Non so come fai, ma riesci sempre a mettere nero su bianco cose che avrei voluto dire e non ho mai trovato le parole giuste per esprimere. Il Natale è un’illusione che ci fa sentire completi, anche solo per un istante. Poi arriva il giorno dopo e tutto torna normale. Ma forse basta quell’istante.
Forse è proprio quell’istante a dare senso a tutto il resto. Il fatto che sia fugace non lo rende meno vero. È un’illusione, sì, ma a volte le illusioni sono l’unica cosa che ci tiene in piedi.
È incredibile come riesci a evocare emozioni così vivide, a farci sentire il calore di un ricordo che non è nostro, eppure ci appartiene. Ogni dicembre anche io mi ritrovo a inseguire le ombre del passato, a cercare quel senso di appartenenza che si è perso tra gli anni. Grazie per questo regalo di Natale, Eclipse. Sei una voce che sa arrivare dritta all’anima.
Il tempo è uno specchio che riflette ciò che siamo stati, e a volte ciò che avremmo voluto essere. Inseguire le ombre del passato è un istinto primordiale, un bisogno che non ci abbandona mai davvero. Ma c’è qualcosa di rassicurante nel sapere che quelle ombre non svaniscono del tutto, che restano impresse in noi come impronte sulla neve. Grazie a te per camminare sempre accanto a queste parole, per non lasciare che si disperdano nel vento.
Cavolo, Eclipse. Questo post è una canzone. Una di quelle che ascolti con gli occhi chiusi perché ti prende dentro. Hai un dono, davvero.
Forse le parole sono musica in un altro modo. E forse certi ricordi suonano dentro di noi per sempre, anche quando pensiamo di aver dimenticato la melodia. Grazie per aver ascoltato.
Mi sono persa dentro le tue parole. Ogni immagine, ogni sensazione, ogni suono sembrava così vicino. Forse il Natale è davvero un ponte tra ciò che siamo stati e ciò che siamo ora. Una notte che non appartiene del tutto al presente, ma neppure al passato. È un confine, un respiro sospeso.
Un confine, sì. Un attimo di sospensione tra il prima e il dopo. Forse per questo il Natale ci tocca così nel profondo: perché ci permette di vivere, anche solo per poco, in quel territorio senza tempo dove tutto sembra ancora possibile.
C’è una malinconia dolce nel modo in cui descrivi il Natale, una nostalgia che accarezza invece di ferire. Mi hai fatto ricordare le sere davanti all’albero di Natale con mia madre, il profumo di mandarini nell’aria, le luci che illuminavano la stanza come piccole stelle. Grazie per questo momento di pura emozione.
I ricordi hanno un profumo, un suono, una luce che non si spegne mai del tutto. Ci avvolgono, ci tengono per mano quando tutto sembra distante. Forse il Natale è proprio questo: un filo invisibile che ci riporta a casa, anche solo per un istante. Sono felice che queste parole abbiano risvegliato qualcosa di prezioso in te, Giulia.
C’è qualcosa di struggente e meraviglioso nel modo in cui parli del tempo, come se fosse un’entità viva, qualcosa che si può quasi toccare. Mi hai lasciato con una sensazione addosso che non so spiegare, come se il passato fosse lì, a un respiro di distanza.
Forse il tempo è davvero vivo, forse respira con noi, ci sfiora quando meno ce lo aspettiamo. È strano pensare che certi momenti esistono solo nella memoria, eppure riescono ancora a cambiarci. Se il passato è vicino, è perché non ha mai davvero smesso di far parte di noi.
Eclipse, cazzo. Sai sempre dove colpire. Il tuo Natale non è zucchero filato, non è buonismo da cartolina, ed è proprio per questo che lo sento vero. Il passato è una fortezza che ci tiene prigionieri o un’arma che ci rende più forti, a seconda di come scegliamo di guardarlo. E tu lo affronti di petto, senza cedere alle illusioni. Respect.
Il passato è una lama a doppio taglio. Può ferire, ma può anche forgiare. E non si tratta mai di scegliere di dimenticare, perché certe cose restano impresse nella pelle come cicatrici. Si tratta di imparare a convivere con le ombre senza lasciarsi inghiottire. Grazie per esserci sempre, Riot. La tua voce è un’eco potente in questa stanza di parole.
Sai cosa mi frega sempre? La tua capacità di scavare sotto la superficie e trovare verità che non osiamo guardare. Il Natale non è solo lucine e regali, è anche assenze, vuoti che nessuna decorazione può coprire. Eppure, c’è sempre qualcosa che resiste. Forse siamo noi. Forse siamo più forti di quanto pensiamo.
Le verità scomode sono quelle che ci definiscono. E sì, il Natale è anche fatto di assenze, di silenzi che parlano più di mille parole. Ma dentro ogni vuoto c’è una traccia di ciò che è stato, e forse è lì che troviamo la nostra forza. Non perché dimentichiamo, ma perché scegliamo di ricordare senza paura.
Il Natale, come lo racconti tu, è un gioco di luci e ombre, di ricordi che si rincorrono senza mai svanire del tutto. Ho sempre amato il modo in cui trasformi la nostalgia in qualcosa di potente, mai in un semplice rimpianto. C’è una forza, nelle tue parole, che lascia il segno.
La nostalgia non è un rimpianto, è una forma di resistenza. È il modo in cui ci aggrappiamo a ciò che ha significato, senza lasciarlo cadere nel vuoto. Il Natale, in fondo, è proprio questo: un’illusione fragile, ma capace di sfidare il tempo. Grazie per aver colto l’essenza.