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Una settimana da Dio

Sono andata al cinema e il buio della sala ha fatto entrare un pensiero, un pensiero che non avevo chiesto, che mi ha colto senza preavviso. Il film che ho visto, Una settimana da Dio, ha fatto esplodere un senso di intensità che non sapevo nemmeno di cercare. È come se ogni respiro, ogni passo, ogni gesto, tutto quello che facciamo nella nostra vita, avesse improvvisamente un significato, una direzione. Una settimana, solo una settimana, per capire tutto, per riscoprire ogni cosa, ogni dettaglio che compone la nostra realtà. È strano come un film possa arrivarti così, come un colpo di vento che ti scuote senza chiedere permesso, senza preavviso. La sala era immersa nel silenzio, ma dentro di me, tutto stava parlando, tutto stava urlando. Non è il film in sé a colpirti, ma la sua capacità di essere uno specchio, uno specchio che ti riflette la realtà per quello che è. E quella riflessione non è bella, non è perfetta, non è la maschera dorata che spesso ci costruiamo intorno, ma è cruda, senza filtri. È un’immagine di ciò che siamo veramente. Non c’è nulla di superfluo, nessun abbellimento, nessuna vernice a coprire la verità che viene a galla.

La trama, banale a prima vista, ci racconta la storia di un uomo che ha l’opportunità di vivere una settimana con il potere di Dio. Una settimana, solo sette giorni, per governare la sua vita e quella degli altri. Ma non è questo il punto, no. È la consapevolezza che mi ha travolta. Ogni gesto, ogni piccola azione, ogni movimento che facciamo ogni giorno ha un peso, una direzione. Una settimana da Dio è il pensiero che mi è rimasto addosso, la sensazione di non essere mai veramente presenti, mai veramente consapevoli di quanto il nostro essere qui e ora conti. La scelta di vivere una settimana con il potere di un’entità superiore non è solo un espediente narrativo. È un richiamo alla nostra capacità di cambiare, di riscrivere la nostra realtà, se solo riuscissimo a capire come farlo. Improvvisamente, mi sono resa conto che siamo tutti divinità nel nostro piccolo, con il potere di creare o distruggere, di plasmare la nostra esistenza. Eppure, cosa facciamo con tutto questo potere? Come ci relazioniamo con la vita che ci scorre davanti? Sono domande che sono nate con il film, ma che non si sono fermate lì, si sono allargate, hanno invaso ogni angolo della mia mente.

C’è qualcosa di incredibile nella consapevolezza che, alla fine, siamo tutti protagonisti di una storia che potremmo scrivere in modo diverso, ma che spesso non facciamo altro che vivere passivamente. La settimana che il protagonista vive non è solo una riflessione sulla vita, ma una lezione di come il tempo, anche se breve, può essere sufficiente per cambiare tutto. Una settimana, un battito di ciglia, un respiro, e il mondo intorno a te si trasforma. Non è magia, è la realtà che ti scuote e ti costringe a guardarla con occhi nuovi. Il film è diventato per me una lente di ingrandimento. Ogni gesto, ogni parola che sembra insignificante, acquista un senso diverso. Come se improvvisamente tutto fosse connesso, come se tutte le scelte avessero una ragione, una motivazione che prima mi sfuggiva. Ogni passo che facciamo, ogni azione che compiamo, non è mai solo un atto meccanico, ma una piccola parte di un puzzle che noi stessi stiamo creando, pezzo dopo pezzo.

Eppure, non è solo la bellezza di una riflessione che si insinua nella mente. È anche il dolore di non riuscire mai a fermarsi, di non riuscire mai a raggiungere quella perfezione che vediamo appena dietro l’angolo. La consapevolezza che, anche con il potere di Dio, non troveremmo mai la pace definitiva. Perché il senso non è nell’arrivare a una risposta finale, ma nel viaggio, nel cammino che ci porta a riflettere, a dubitare, a cercare senza sosta. È nella ricerca che si trova la verità, non nel raggiungimento di un obiettivo. Quando il film è finito, non sono uscita dalla sala come chiunque altro. Il buio non è svanito con le luci. Mi ha seguita, mi ha accompagnata fuori, mi ha parlato, mi ha lasciato in sospeso. Ho camminato per le strade come se il mondo avesse improvvisamente preso un’altra forma, come se ogni angolo fosse più vivo, più ricco, più significativo. Ma il pensiero che mi ha scosso, che mi ha colto senza preavviso, era rimasto lì, dentro di me, a farsi largo come una ferita che non guarisce mai.

Ogni respiro, ogni passo, ogni gesto, tutto ciò che facciamo ha un significato, una direzione. Siamo creature di passaggio, ma ogni attimo conta. La settimana da Dio è solo un’immagine, ma ciò che mi ha lasciato è molto più di una semplice riflessione. È un pensiero che mi accompagna, che mi scuote, che mi costringe a guardare con occhi diversi la mia vita e il mondo intorno a me. È il ricordo di ciò che siamo, di ciò che potremmo essere, se solo fossimo consapevoli della potenza che abbiamo nelle mani, nelle parole, nei gesti più piccoli.

THE END.
Remember me,
Eclipse

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