
Una pellicola in piu’
Posted on April 19th, 2002 / Progresso / 10 CommentsC’è qualcosa nell’aria quando entri in una videoteca. È il profumo di plastica che ti avvolge, un mix di nostalgia e curiosità che ti fa pensare che il mondo sia ancora un luogo da scoprire. Ancora tutto da scegliere, tutto da vivere. Le videocassette, quelle scatole misteriose, sono come vecchi tesori nascosti, e ogni etichetta è una promessa, una strada che si apre senza certezze, ma con la speranza di un viaggio che non sai dove ti porterà. Un passo verso un altro mondo, sempre un po’ più lontano, un po’ più grande di quello che pensavi di conoscere.
Sono le luci fredde di un negozio pieno di colori sgargianti e scritte neon che ti attirano, ma è il senso di incertezza che ti fa restare. Non c’è un solo momento che si ripete quando scegli il film, come se ogni scelta fosse unica, irripetibile. Il gesto di afferrare la cassetta è come un atto di fede, un piccolo sacrificio per entrare in una dimensione che conosci solo per somiglianza, ma che non è mai la stessa. La videocassetta pesa nelle mani, il suo peso grezzo è qualcosa di solido. Ogni cassetta che prendi è una storia che ti entra dentro. E quando torni a casa, l’esperienza non è ancora compiuta. Ti basta accendere il televisore, mettere il nastro, far partire la magia. La riproduzione è imperfetta, come un sogno a metà. Il rumore del nastro che gira, il salto della scena, la qualità che non è mai impeccabile, ma che in qualche modo ha la sua bellezza. Perché è reale. Non è un flusso continuo, non è mai perfetto, ma è proprio questo che la rende viva.
E mentre la pellicola scorre, ti ritrovi incantata dalla sua lentezza, dal modo in cui ogni scena si dipana, come se anche il tempo stesso fosse parte della storia. Non c’è fretta, non c’è urgenza. Ogni fotogramma è un battito che prende il suo spazio, e tu ti lasci attraversare, respirando con la storia, come se il mondo fuori non fosse mai esistito. Non c’è niente che possa fermare il corso del nastro. Non c’è futuro. C’è solo il momento in cui il film finisce, con il suo rumore finale, il clack del fermo immagine, la luce che si spegne. E ti resti lì, con la sensazione che tutto sia appena cominciato, ma che allo stesso tempo sia già finito. L’ultimo fotogramma che si spegne è come un segreto mai svelato, un mistero che non si può più toccare.
Poi, all’improvviso, il buio. E tu, che rimani lì, con il cuore che batte per il prossimo film, per quella sensazione che ogni volta è la prima, anche se sai che non sarà mai la stessa cosa. Perché una videocassetta è come la vita stessa: non si ripete mai, eppure ogni volta è come un respiro che si ripete. E non c’è niente che possa dare la stessa sensazione, come se la storia non fosse finita, ma avesse solo trovato una pausa. Un pensiero che ti attraversa e ti resta dentro, senza risposte, senza conclusioni. Solo un’altra cassetta da scegliere.
THE END.
Remember me,
Eclipse
Mi piace pensare che il progresso non ci stia veramente rubando qualcosa. Certo, c’è una perdita, ma c’è anche la possibilità di andare oltre, di aprirci a nuovi mondi, di avere accesso a qualcosa che prima non potevamo nemmeno immaginare. C’è sempre una bellezza nelle trasformazioni, anche quando sembra che qualcosa vada perduto. E il viaggio continua, in un’altra forma, più veloce, più immediato… ma non meno potente. Forse dobbiamo solo imparare a vederla.
SoulAlessandra, è un pensiero che mi piace. Forse la bellezza del progresso è proprio quella di offrirci una nuova forma di viaggio, che a volte fatichiamo a riconoscere come tale. Ma se ci fermiamo a riflettere, possiamo ancora trovare quel senso di meraviglia in ogni piccola scoperta, anche nelle cose più rapide e moderne. Però, mi chiedo… è davvero la stessa cosa, o ci stiamo solo adattando?
C’è qualcosa di profondamente romantico nel modo in cui descrivi la videoteca. Mi sembra di vederla, quella stanza piena di cassette, e immagino quel momento in cui inizi a sfiorarle, senza sapere cosa troverai. Forse è proprio la promessa di quel viaggio che mi colpisce, una sensazione che ormai sembra persa nei meandri del digitale. Non è solo la plastica, è l’emozione di scegliere, di perdere e di trovare qualcosa che non ti aspettavi. Quella magia… mi manca. Mi manca davvero.
Giulia, lo capisco bene. È come se la ricerca stessa fosse diventata più facile e meno emozionante. Eppure, in quel cammino fatto di indecisioni, la bellezza stava proprio nell’ignoto, nella curiosità che ci spingeva a scoprire. Forse oggi il viaggio è troppo breve, troppo immediato. Mi chiedo se stiamo perdendo qualcosa, in quella fretta di avere tutto a portata di clic.
Quel senso di attesa… quello che sentivamo in una videoteca, quando dovevi aspettare che qualcuno tornasse indietro con la cassetta che volevi, è qualcosa che oggi non proviamo più. Eppure, mi sembra che la tecnologia non ci stia dando niente di meglio. Forse ci stiamo solo adattando, ma manca qualcosa. Quella sensazione di non essere mai del tutto certi, ma al contempo pieni di aspettativa. Mi manca.
IronVox, è vero. Quella sensazione di attesa, quella tensione prima di scoprire cosa ci aspetta, era un’emozione unica. Oggi tutto arriva subito, ma non è mai lo stesso. La fretta ha tolto qualcosa di magico, ma forse è proprio quello che stiamo cercando: un ritorno a una ricerca che faccia battere il cuore.
Il progresso ha spazzato via quella sensazione di magia. Non c’è più il rumore della cassetta che si inserisce, il calore della scelta lenta. Tutto è diventato troppo sterile, troppo veloce. Come la musica che ascoltiamo adesso, dove l’emozione è ridotta al minimo, e tutto suona uguale. Le videocassette avevano carattere, erano un po’ come la musica che ascolto: imperfette, ma cariche di vita. Oggi, dove è finita quella forza?
MetalManzoni, le tue parole colpiscono nel segno. La musica di oggi è troppo perfetta, troppo “costruita”, proprio come i film digitali che scivolano via senza lasciare traccia. Ma quella forza che sentivamo, quella sostanza che veniva da ogni imperfezione, dove è andata a finire? La tecnologia ci sta dando qualcosa in più, ma ci sta anche togliendo una parte di noi. Mi chiedo se il progresso possa davvero donarci la stessa emozione di quei momenti passati.
Penso che il progresso ci stia rubando la possibilità di sognare. C’era qualcosa di speciale nel perdersi tra gli scaffali di una videoteca, nel non sapere cosa avresti trovato. Oggi tutto è a portata di mano, tutto è progettato per farci ottenere tutto subito. Ma, e se ci fosse qualcosa di più bello nella ricerca, nel non sapere? Quella sensazione di mistero, di curiosità che si perde nella velocità con cui viviamo oggi.
CuoreRoveto, mi trovo a riflettere sulle tue parole. Il mistero di cui parli è proprio quello che stiamo perdendo. La curiosità era il motore che ci spingeva a scoprire, a cercare, a vivere. Oggi è tutto troppo perfetto, troppo accessibile. Eppure, nel caos del progresso, forse abbiamo dimenticato quel fascino di non sapere, quel brivido che solo una ricerca può dare.