Il Natale non è più quello di una volta, eppure ogni anno ci illudiamo che possa esserlo. #
Le luci di dicembre si stagliano nette nel cielo di Milano, ma la città sembra più silenziosa. Un silenzio che urla nelle sue strade strette, tra vetrine illuminate da decorazioni che si riflettono su un pavimento di pioggia. Un Natale senza neve, senza quella magia che tutti aspettano, ma che non arriva mai, se non nei sogni. Mi fermo. Non riesco a scorgere il confine tra il Natale che vorrei e quello che è diventato. Mi perdo nel caotico abbraccio dei mercatini, dove il vin brulé fluttua nell’aria come una promessa, una promessa che non sa mai mantenere. Il calore è solo apparente, una finta carezza che ti fa sentire meno freddo ma non meno solo. Il profumo delle spezie, quello stesso profumo che ormai mi sembra distante, mi avvolge come una coperta troppo stretta. Risate e parole che si mescolano in un linguaggio che non comprendo più. È un Natale che si consuma nel momento stesso in cui viene vissuto. La magia svanisce, lasciando dietro sé il peso di una nostalgia che cresce ogni anno, come una fitta che non riesco a ignorare.
Ogni decorazione mi parla di un mondo che ho perso. Luci che brillano come piccole stelle smarrite, ma sono solo lampadine. Oggetti scintillanti che mi parlano di una felicità che non riesco a toccare, un’idea di gioia che si sbriciola tra le mani. È come se ogni ornamento fosse un sogno che ho provato a vivere, un frammento di felicità che si dissolve non appena lo osservo. Il Natale è un ricordo che scegliamo di rivivere ogni anno. Non è la magia della notte, ma il bisogno di ricreare qualcosa che sappiamo non tornerà mai. Perché ci aggrappiamo alla finzione, nella speranza che essa ci salvi da quello che siamo diventati.
Il suono della musica si diffonde tra i vicoli, come un’eco di qualcosa che non posso afferrare. È la melodia che sa di casa, che sa di qualcosa che non esiste più. Non sono religiosa, mai stata. Ma in questo periodo, è come se ci fosse qualcosa di più grande di me, qualcosa che si nasconde tra le note e che mi fa riflettere. Ogni suono, ogni battito, è come una mano invisibile che mi spinge a fermarmi, a pensare. A chiedermi cosa sia davvero il Natale. Non so se sia davvero la festa della luce o l’ombra di ciò che non vogliamo affrontare.
E poi c’è l’albero. Quello che troneggia in piazza, ma non è solo un albero. È un faro, una promessa che non sappiamo se mantenere. È più grande di quanto immaginassi, ma anche più fragile. Un simbolo di speranza che si svela solo nella sua fragilità. Lo guardo come se fosse la prima volta, eppure so che è sempre lo stesso, sempre più lontano da ciò che dovrebbe rappresentare. Una facciata, come tutte le cose di questo mondo. Grande, ma fragile. E nel guardarlo, mi chiedo cosa ci rimane di tutto questo. Cos’è che celebriamo ogni anno, se non una realtà che sappiamo non cambierà mai?
Un sacchetto pieno di regali che non hanno un vero significato, solo un peso che mi accompagna lungo la strada. La gente corre, ma io non riesco a seguirli. C’è un vuoto che non si può colmare con luci e canzoni. Eppure mi chiedo, cos’è davvero il Natale? È davvero un momento di felicità, o un inganno? Un rifugio che ci costruisce un mondo che non esiste, o una prigione che ci tiene prigionieri di illusioni che ci siamo costruiti da soli?
Ogni Natale è una riflessione su ciò che ci manca. Una luce che si spegne ogni anno, una speranza che ci illude. Eppure, in fondo, continuiamo a sperare che accada qualcosa di miracolosamente nuovo, come se ogni anno fosse diverso. Ma cosa succederebbe se smettessimo di credere ai miracoli?. E se il Natale fosse davvero solo quello che vediamo? Una vetrina che ci fa credere in qualcosa di impossibile, ma che non cambierà mai.
Christmas.
Remember me,
Eclipse