Silenzio e Rivolta: Genova, Verità

Silenzio e Rivolta: Genova, Verità

Posted on July 20th, 2001 at 7:00 PM | Tags: | 0 Comments

Loano non sa, non sente, non vede. Ma lo sa il mondo.
Lo sanno quelli che stanno gridando a Genova. #

Il caldo di luglio è insopportabile, il cielo sopra Loano è azzurro e sereno, eppure il mio cuore è pesante. Qui, a pochi chilometri da Genova, il mondo esplode, ma qui tutto è sospeso in una bolla di normalità. La gente cammina, sorride, si scambia saluti, ignara di cosa stia succedendo, o forse, semplicemente, indifferente. Un ragazzo è morto a Genova, ucciso dalla polizia durante le proteste contro il G8. Carlo Giuliani. Un giovane, un nome, un volto che ora incarna il dolore di una generazione. Ma a Loano nessuno si ferma. Le gelaterie sono piene, la gente è al mare, tutto è troppo bello per essere vero.

Mentre cammino, il rumore del mare mi avvolge e mi fa sentire ancora più lontana dalla realtà che sta infiammando le strade di Genova. La brezza accarezza la pelle, eppure sento un freddo che non ha nulla a che fare con il clima. Un’irritazione sottile, un’inquietudine che si fa strada, piano piano, in ogni passo. Sono distante da Genova, eppure sento che qualcosa di profondo sta cambiando, e che quel cambiamento non è solo a Genova, ma ovunque.

Genova è sotto assedio, e ogni immagine che arriva, ogni notizia, mi scuote, mi strazia.
Non posso ignorare l’immagine di Carlo Giuliani che cade, e la disperazione che si diffonde tra la folla.

Ma poi mi chiedo, cosa stava pensando quel ragazzo che ha preso un estintore e si è lanciato contro la polizia? Cosa scatta nella mente di chi arriva a questo punto, a diventare parte di una violenza che non porta a nulla? C’è qualcosa in lui che mi lascia senza parole. Un grido di ribellione, sì, ma una ribellione che non capisco, che non trovo giustificabile. Mi sembra tutto così inutile, così folle, come se la protesta si fosse persa nella violenza fine a se stessa.

La polizia ha risposto con la forza. Sì, forse sarebbe stato meglio un altro approccio, ma la violenza genera violenza. La polizia era lì per proteggere, per cercare di mantenere l’ordine, ma quando la folla diventa un caos incontrollabile, le forze dell’ordine non hanno altra scelta che rispondere con la forza. Non sto cercando di giustificare, ma capisco. Un uomo con in mano un estintore, pronto a lanciarsi contro i poliziotti, cosa dovevano fare? Fermarsi? Guardare? Chi ha mai vissuto sotto la pressione di dover prendere una decisione così improvvisa, con la paura e l’istinto che dominano la mente?

Quello che vedo in Genova non è giustizia, è follia. Follia che alimenta la violenza, che crea divisioni, che non fa altro che allontanare una soluzione concreta. Ma ciò che mi fa più male è l’indifferenza che vedo attorno a me. Le proteste che sembrano essere una reazione a un sistema che non funziona, ma che alla fine si consumano in atti di violenza che non portano da nessuna parte. La morte di Carlo Giuliani non è una risposta, non è un grido di speranza. È il risultato di un fallimento di comunicazione, di un fallimento di ascolto. Una generazione che grida, ma nessuno sembra sentire.

E poi mi chiedo, in questa calma surreale di Loano, cosa possiamo fare? Possiamo restare indifferenti? Possiamo continuare a vivere come se nulla fosse cambiato? Loano è una distorsione della realtà, un’illusione che nasconde il dolore di Genova sotto il tappeto della nostra routine. Ma siamo davvero così lontani? La risposta è no. Non possiamo permetterci di ignorare. Se ci fermiamo a riflettere, se ci fermiamo a guardare, forse capiremo che non si tratta di destra o sinistra, ma di essere umani.

La violenza di Genova è il frutto di una frattura. Non è solo quella di una città, ma quella di un intero sistema che si sta sgretolando. Come possiamo rispondere a questa frattura? Come possiamo evitare che l’odio prenda il sopravvento? Se non facciamo qualcosa ora, dove saremo tra vent’anni?

Cosa ci riserva il futuro?
Un altro Carlo Giuliani?
Un altro estintore?
Un altro colpo di manganello?
Come possiamo rispondere a tutto questo senza perdere la nostra umanità?

La domanda è aperta.
La risposta la lasciamo ai posteri, ma intanto siamo qui, con il nostro silenzio.
Che faremo ora?


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