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Addio Dio. Benvenuto Zero.

Inizia tutto da qui, da un pensiero che mi tormenta da giorni, che brucia come una ferita che non trova mai sollievo. La religione è una costruzione, una forza che plasma, ma che allo stesso tempo incatena. Quante volte mi sono trovata a interrogarmi, a tentare di trovare un senso nel silenzio delle preghiere, nel rituale di un Dio che, in fondo, non sembra mai rispondere. C’è una voce che mi dice, in modo silenzioso ma incisivo: «Addio, Dio.» E lo scrivo come se fosse un addio che si fa definitivo, una chiusura che non lascia spazio a ripensamenti. Quello che rimane è solo un vuoto, un vuoto che si riempie di qualcosa che non ha forma, ma che c’è. Il mio respiro diventa l’unico Dio che riconosco, l’unico che sento. Mi guardo intorno e vedo un mondo che continua a chiedere, che continua a cercare risposte. Ma quelle risposte non esistono più, o forse non sono mai esistite. La verità è che non serve un Dio che ti dica cosa fare, non serve una fede che ti porti su strade di certezza che non conducono a nulla.

Io sono quella risposta, io sono il cammino che continuo a percorrere. Non c’è nessuna promessa eterna, nessuna redenzione da cercare. C’è solo il nulla, un vuoto profondo che mi accoglie, e da lì nasce tutto. Non c’è una fine, c’è solo un inizio. E se c’è un inizio, c’è uno spazio, un luogo in cui tutto può rinascere. Un luogo che si chiama Zero. È in quel nulla che trovo la mia libertà. Il Dio che non mi ha mai risposto ha lasciato il posto a qualcosa di più grande, di più primordiale: il principio di ogni cosa, l’inizio di tutto. Da Zero. Un punto che non ha forma, eppure contiene ogni possibilità. È nel nulla che tutto può essere creato. È lì che posso sentire ogni cosa senza paura, senza limiti.
Zero non è una fine, non è una mancanza. È un inizio, una creazione, una rinascita. È l’unico posto in cui trovo la mia pace, perché non mi costringe a credere, non mi obbliga a cercare risposte. Zero non è una religione, non è un credo. Zero è libertà. È la spinta a continuare a camminare senza la necessità di guardare indietro. È il coraggio di vivere in un mondo che non ha certezze, che non ha promesse, ma che è pieno di possibilità.

Eppure, nonostante questa libertà, c’è qualcosa che resta incompleto, qualcosa che non posso abbracciare del tutto. Un tassello che manca, un confine che non riesco a vedere, eppure lo sento. Quella sensazione di incompiuto che non mi lascia mai, quel vuoto che diventa parte di me, che mi fa sentire viva. In questa incompiutezza, trovo il mio cammino. È lì che continuo a cercare. Zero non è la fine, è l’inizio di qualcosa che non si può spiegare. È il passo che ancora non posso fare, la parola che non riesco a dire.
Non c’è un finale. C’è solo il cammino che continua, che cresce, che si espande.

La ricerca di Zero non si ferma mai.

DIVINE.
Remember me,
Eclipse

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