Notti di silenzio eterno
Posted on April 16th, 2001 at 2:00 AM | Tags: Salvezza | 0 CommentsIl buio della notte è spesso il nostro spazio più sincero,
il momento in cui non possiamo scappare da noi stessi.
In quei momenti, l’anima si fa nuda #
Sono le ore piccole, e nel silenzio della notte mi trovo a riflettere sulle parole che ho appena letto. Non c’è rumore, solo il battito del mio cuore, il respiro che si mescola al dolce suono della musica classica. La lampada accanto al mio letto getta una luce fioca, appena sufficiente per leggere, ma sufficiente per dare vita a ombre misteriose che danzano sulle pagine. La Bibbia è lì, aperta sulle mie ginocchia, eppure il suo peso non è solo fisico. Dentro di me, quelle parole scavano, affondano, senza preavviso.
Non preoccuparti per il domani.
Ma come posso non preoccuparmi? Come posso ignorare l’incertezza che mi avvolge ogni giorno, che mi toglie il respiro? Quella frase sembra quasi ridicola, eppure… Ogni volta che la leggo, sento che dentro di me c’è un piccolo, tremante sì. Forse è davvero tutto un gioco di resistenza. La vita è fatta di incertezze, di passi incerti, di scelte che non sappiamo dove ci porteranno. Forse, l’unica vera rivoluzione che possiamo fare è proprio questa: non fermarci davanti all’ignoto, ma accoglierlo. Accogliere il caos, la paura, come parte di noi.
Eppure, quando guardo quella frase, la vedo come un filo di speranza, un appiglio in mezzo al nulla. C’è qualcosa di bello nella resa. Un’inaspettata pace che mi avvolge, come se il non sapere mi facesse sentire più viva.
Ma poi… C’è quell’altro comandamento, quello che parla di amare il prossimo come te stesso. Amare se stessi. Un concetto così semplice, eppure così devastante. In realtà, come posso amare veramente gli altri se non so amare me stessa? Come posso offrire una parte di me che non ho mai imparato ad accogliere, a perdonare, a comprendere?
Ogni giorno è una battaglia. Non contro il mondo, ma contro quella voce che mi dice che non sono abbastanza, che sono fragile, che non merito. E allora, come faccio ad abbracciare gli altri se non riesco ad abbracciare la mia stessa anima?
Mi guardo indietro, vedo le mie cicatrici, i miei fallimenti, eppure, è proprio lì che trovo la forza. In quella fragilità che mi rende umana, che mi fa sentire viva, che mi spinge a voler migliorare, a non accontentarmi. Solo quando smetto di combattere contro me stessa, solo quando accetto la mia vulnerabilità, posso finalmente sentire che il mio amore non è più condizionato da aspettative. È un amore libero, che non chiede nulla in cambio, che non ha paura.
E mentre rifletto su queste parole, un pensiero mi colpisce, come un’illuminazione improvvisa:
forse la salvezza non è un arrivo, ma un cammino. Un cammino che inizia nell’accettazione di sé.
Il silenzio di questa notte è più di una semplice quiete. È una presenza, un abbraccio silenzioso che mi fa sentire meno sola. È come se il divino fosse accanto a me, in questo spazio sospeso tra la vita e la morte, tra il passato e il futuro. Come se mi ascoltasse, come se stesse aspettando che io capisca.
Ascolto le parole di Franco Battiato, la sua voce che intona «La cura». In questa canzone, trovo una verità che mi fa tremare: la cura non è nella perfezione, ma nel riconoscere il dolore, l’incertezza, e accettarli come parte di noi.
E così, tra un pensiero e l’altro, mi rendo conto che forse, anche nel caos, anche nel buio, c’è una cura.
Quella cura, forse, è nel saper perdonare.
Forse è nel riconoscere le nostre debolezze e accoglierle, senza paura, senza vergogna.
Ma la domanda resta sospesa: come posso amare veramente me stessa e gli altri, se continuo a vivere come se fossi in guerra con il mondo? Come posso essere in pace con il futuro se non riesco a fare pace con il mio passato?
Eppure, forse la risposta è proprio qui, nella notte, nella solitudine di questo momento, dove le risposte non sono chiare, ma le domande sono forti. È una lotta. E non è mai finita.