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Un anno che pesa sulle spalle

La memoria del 11 settembre ancora ci brucia, nelle ossa, nella carne. Un mondo che non è più lo stesso. Non è mai stato facile affrontare il cambiamento, ma questo ha un sapore strano, acre. Le città sembrano più silenziose, meno sicure. Eppure, in questo silenzio, c’è qualcosa che non riesco ad ignorare: il respiro del mondo che cambia. Il respiro che si fa pesante, come se ci stessimo abituando a vivere nel terrore, come se la nostra unica compagnia fosse la paura. Il mondo è diventato un luogo instabile, e noi siamo diventati creature disorientate, pronte a correre verso una verità che non possiamo neppure nominare.

Un aereo che diventa un missile. Un’immagine che non se ne va mai, che non smette di tormentarmi. Le torri che crollano, le strade che diventano improvvisamente vuote, la gente che corre, che scappa senza sapere dove andare, eppure senza voltarsi mai indietro. Le immagini sono indelebili. Non le possiamo cancellare, nemmeno se lo volessimo. Non possiamo dimenticare la paura che ci ha tenuti stretti, paralizzati. Dove andremo adesso? Le immagini si sovrappongono: la polvere che copre le strade, il volto della gente, i suoi occhi colmi di un’inquietudine che non conoscevamo. Siamo diventati spettatori di una tragedia che non avevamo mai pensato di poter vivere. Eppure, ci siamo trovati dentro, senza preavviso, senza alcun segno che ci preparasse. Ogni volta che sento il nome dell’11 settembre, qualcosa dentro di me scatta, come una molla che non riesce a tornare indietro. Come possiamo vivere dopo tutto questo? Come possiamo riprendere a camminare, quando il mondo è cambiato, quando ci siamo guardati e non ci riconosciamo più? La sicurezza che un tempo avevamo, quella fiducia che niente avrebbe mai potuto minacciarci, ora non è più che un ricordo lontano, ed il nostro sguardo, quello che prima era fiducioso e sereno, ora si posa sulle cose con sospetto, come se tutto potesse diventare una minaccia improvvisa, in un batter d’occhio. Ci sono momenti in cui vorrei poter tornare indietro, come se il tempo fosse una strada che potessimo percorrere al contrario. Ma non si può. Non si torna mai indietro. E, proprio in questo, c’è un vuoto che nessuna parola può colmare.

Abbiamo cercato risposte, giustizia, verità. Ma la verità non è mai quella che ci aspettiamo. È una verità che si nasconde, che si traveste, che si rende invisibile, eppure si fa sentire, sempre, come una presenza inquietante. La risposta non arriva mai come la speravamo. Restiamo sospesi, con il cuore che batte forte, con la sensazione di non sapere più dove siamo, di non sapere più a chi apparteniamo. Eppure, in tutto questo, c’è una strana bellezza. Un qualcosa che cresce nel caos, nel disordine, nella disillusione. Perché, forse, in qualche modo, è proprio il cambiamento che dobbiamo abbracciare. Forse è proprio il cambiamento che ci può rendere più forti. Ma è una forza che ha un prezzo. È la paura che ci rende più forti, ma ci spinge a una solitudine che non avevamo mai immaginato. La solitudine del non sapere, del vivere senza certezze. Ma, forse, è proprio lì che dobbiamo guardare, proprio in quel buio, per trovare la nostra strada. Il mondo non sarà mai più lo stesso, e non è mai stato più chiaro come adesso: la nostra vita non è mai più la stessa. Siamo cambiati, eppure, dentro di noi, c’è qualcosa che continua a pulsare. Un battito, un ricordo, una domanda che ci spinge in avanti, ma che non trova mai una risposta definitiva. Siamo forse condannati a vivere in questo vuoto, a cercare risposte che non arriveranno mai? A essere sempre sospesi tra ciò che siamo stati e ciò che stiamo diventando? O c’è un altro cammino, una strada che si nasconde nell’ombra, che forse dobbiamo solo imparare a percorrere?

SEPTEMBER 11,
Remember me,
Eclipse

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