L’ombra danza, l’eco canta, la musica svanisce #
Scrivo da una piccola scrivania, la luce fioca di una lampada accesa illumina appena i tasti del mio computer. Fuori, Milano è immersa in un tramonto che sembra urlare di non andare via. L’aria è densa, carica di quella malinconia inspiegabile che solo certe notizie sanno portare. Michael Jackson è morto. Il Re del Pop. La leggenda che ci ha insegnato a ballare anche senza sapere come. L’uomo che trasformava ogni movimento in un capolavoro, ogni nota in un ricordo indelebile. Come si fa a descrivere l’assenza di qualcuno che sembrava eterno?
Ricordo il primo vinile che mi regalarono. Avevo dieci anni. La copertina di Thriller mi guardava con una promessa di rivoluzione musicale che ancora non comprendevo. Quella sera lo misi sul giradischi, e qualcosa cambiò per sempre. La sua voce riempiva la stanza, e io, una bambina qualsiasi, mi sentivo parte di qualcosa di straordinario. Oggi quella voce tace.
Eppure, mentre le notizie si accavallano, mentre il mondo discute su cause, scandali e ricordi, io non riesco a pensare a tutto questo. Penso a un uomo che ha dato tutto sé stesso a un pubblico che lo adorava e che, forse, lo ha consumato. Mi chiedo: cosa resta di un’icona quando il sipario si chiude per sempre?. Scrivere di lui è un atto di ribellione alla monotonia. È come cercare di catturare l’intensità del suo Moonwalk in una frase. La sua eredità non sta solo nei dischi venduti, nei concerti pieni. Sta nei piccoli frammenti di vita che ha toccato, nei cuori che ha ispirato, nelle persone che, grazie a lui, hanno trovato una voce, un sogno, un passo.
Osservo il cielo. È di un arancione tenue, quasi sfumato. Una nuvola solitaria lo attraversa, lenta. Mi chiedo se lui guardava lo stesso cielo quando immaginava Man in the Mirror. Se pensava a quante vite avrebbe cambiato, a quante generazioni avrebbe guidato. La finestra è aperta, e l’aria ha un odore indefinibile, come se il mondo stesso non sapesse come reagire a questa perdita. Mi fermo, ispiro profondamente. Cosa ci insegna il silenzio di un gigante?. Forse che nessuno è eterno. Forse che anche le stelle più luminose possono spegnersi. Eppure, ciò che lascia un’eco, ciò che non si dimentica, è il modo in cui hanno fatto brillare il cielo mentre erano qui.
Mi rivolgo a te, Michael, dove sei ora. Se potessi sentirti, ti direi grazie. Grazie per ogni nota, ogni passo, ogni emozione che ci hai regalato. Grazie per aver reso questo mondo un po’ più danzante, un po’ più umano. Grazie per averci ricordato che, anche nella fragilità, c’è bellezza. Ma ora, che cosa resta?. Resta il ricordo. Resta il vuoto. Resta la musica. E nel silenzio che segue, mi accorgo che non è davvero finita. Il tuo Moonwalk non si ferma. Continua, dentro di noi.
The End.
• Remember me •
• Eclipse •