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L’attimo prima

Ultimo passo… #

Il tempo non ha più forma. Scivola, si scompone, si accartoccia su sé stesso come un foglio che ho strappato troppe volte. Non so più dove mi trovo, se prima, se dopo, se dentro un attimo che non passa mai. Sto studiando da un mese, senza tregua. Ho sottolineato ogni parola, ripetuto ogni concetto, ingoiato pagine come fossero l’unico cibo rimasto sulla terra. Ma niente basta. Niente è sufficiente. È una corsa senza fine, una rincorsa affannata verso qualcosa che non riesco a toccare. Non esco più. Non parlo più. Respiro a metà, come se ogni respiro fosse uno spreco. Ogni secondo è un’occasione per ripetere, per ricontrollare, per scorrere ancora una volta gli appunti che ormai sono impressi sotto le palpebre. Quando chiudo gli occhi, vedo date, formule, teoremi. Quando li riapro, il panico mi stringe la gola.

L’esame è domani. L’ultimo esame. Il confine sottile tra quello che ero e quello che sarò. Come se tutto dipendesse da questa manciata di ore, come se la mia esistenza intera fosse sospesa su una linea che può spezzarsi da un momento all’altro. Domani dovrò essere perfetta. Domani dovrò ricordare tutto. Domani dovrò dimostrare che tutti questi giorni senza vita hanno avuto un senso. Ma ho paura. Di svegliarmi con la testa vuota, di aprire bocca e non trovare le parole, di crollare sotto il peso di questa attesa che mi consuma. È una paura che non ha forma, non ha voce, è un mostro silenzioso che mi cammina accanto senza fare rumore. È nelle mani che tremano, negli occhi che non riescono a stare fermi, nel respiro che diventa corto ogni volta che provo a immaginare il momento in cui sarò lì, seduta davanti a loro, nuda, esposta, giudicata.

Non so più chi sono. Non sono più io. Sono solo questa pressione che mi schiaccia il petto, questo bisogno disperato di chiudere gli occhi e svegliarmi già oltre, già libera, già lontana da tutto questo. Ma non posso. Non ancora. Devo restare, devo finire, devo portare fino in fondo questa battaglia silenziosa che sto combattendo contro il tempo, contro la memoria, contro me stessa. Il mondo fuori non esiste più. Le strade, la gente, le voci, tutto è rimasto sospeso in un altro tempo, in un’altra dimensione. Qui dentro ci sono solo io e queste pagine. Io e la mia mente che si contorce su sé stessa, che cerca un appiglio, che prova a dare un senso a questa fatica che non finisce mai. Ogni parola è una spina che si conficca sempre più a fondo, ogni riga che leggo è un peso che si aggiunge alle mie spalle già spezzate. Ma non posso fermarmi. Non adesso. Non così vicina alla fine.

La fine. Cosa c’è dopo? Non lo so. Non riesco neanche a immaginarlo. Ho vissuto dentro questo incubo così a lungo che l’idea di svegliarmi mi sembra quasi irreale. Cosa si prova quando tutto è finito? Come si fa a tornare a respirare normalmente, a dormire senza il battito del cuore che tamburella nelle orecchie, a esistere senza questa paura costante che scava dentro il petto? Forse non si torna. Forse rimane qualcosa, una traccia invisibile, una ferita che non si chiude mai del tutto. Forse domani finirà e io non saprò più chi sono senza questo peso addosso. O forse domani non finirà affatto, e questo senso di vuoto continuerà a espandersi, a divorare ogni cosa.

Non c’è una risposta. Non c’è mai una risposta. C’è solo questa notte che non passa, questo silenzio che pulsa nelle tempie, questa stanchezza che mi tiene in ostaggio e non mi lascia andare. Devo continuare. Un’altra riga, un altro concetto, un altro sforzo ancora. Ancora un passo. Ancora un respiro. Finché il sole non si alzerà, finché domani non sarà oggi…

Transcendence.
Remember me,
Eclipse

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