
Linea Invisibile, Oltre il Confine
Posted on September 9th, 2024 / Rivelazioni / 5 CommentsOgni uomo nasconde dentro di sé una linea invisibile,
un confine che separa l’umanità dalla bestialità.
E se quella linea si rompe?
L’assassino non nasce tale. Nessuno è destinato a diventarlo. C’è un istante, un momento che si fa carne e anima, in cui tutto ciò che pensiamo di sapere su noi stessi e sugli altri scivola via, come sabbia tra le dita. Sono attimi, frammenti di tempo che corrono paralleli a noi, sfiorandoci senza che ce ne accorgiamo. La normalità diventa un velo così sottile che quasi non lo vediamo. Un velo che nasconde l’abisso, ma non lo cancella. La tensione nell’aria diventa densa, palpabile, eppure nessuno la percepisce. È il respiro trattenuto della nostra esistenza, quella sensazione di incertezza che non vediamo, ma che ci trascina verso il baratro. Quello stesso velo che copre l’abisso, ma non riesce a nasconderlo. E a chi importa? A chi interessa davvero fermarsi, guardare, interrogarsi? La nostra vita è frenetica, un continuo inseguire ciò che non abbiamo, desiderare quello che non è nostro, mentre la verità è lì, davanti a noi, se solo avessimo il coraggio di fermarci. Perché nessuno si ferma? Perché non guardiamo mai cosa c’è veramente dentro di noi? Cosa ci fa paura? Cosa ci spinge a ignorare la nostra fragilità, a temerla? Che senso ha continuare a correre quando ogni passo ci allontana dalla nostra essenza? Siamo nati per guardare avanti, per spingerci verso il futuro, non per scrutare nell’oscurità. Ma cosa accade nel momento in cui quella oscurità diventa così vicina da non poterla più ignorare? Cosa ci spinge oltre quel confine invisibile? Cos’è che ci fa guardare nello specchio e non riconoscere più il nostro riflesso? Quando il nostro cammino, tranquillo e sicuro, si interrompe bruscamente… da dove viene quel salto nel buio? La violenza è forse una scelta, o è una pura assenza di scelta? La compiamo per caso, o siamo spinti, passo dopo passo, a diventare qualcosa che non volevamo mai essere? Quel passo, quel salto… è invisibile, eppure siamo già in aria.
Ogni giorno vedo le persone camminare. I loro passi leggeri, il volto impassibile, lo sguardo fisso, lontano. Eppure so che dentro di loro cresce qualcosa. Un seme, un piccolo germe di rabbia, di frustrazione, che loro stessi non vogliono vedere. È paura? O è qualcosa di più profondo, qualcosa che nessuno ha mai notato, nemmeno loro? Un’ombra che cresce lentamente, senza che se ne accorgano. E quando esplode, non c’è più tempo per fermarsi, non c’è più possibilità di ritorno. La distruzione è compiuta. E lì, in quel momento, le parole non esistono più. Non c’è spazio per nessuna spiegazione. Quel qualcosa che diventa destino. La scienza parla di “stress”, di “soglie di rottura”, ma queste sono solo parole. Parole che non riescono a spiegare cosa proviamo. Nessuna etichetta può descrivere ciò che sentiamo nel profondo. Non è una semplice rottura. È la fine di un equilibrio che non abbiamo mai visto. La fine di qualcosa che temiamo, ma che non riconosciamo mai finché non è troppo tardi. Viviamo come se fossimo fuori dal tempo, correndo verso un futuro che non vediamo, senza capire che il precipizio è proprio dietro l’angolo. E mi ritrovo a pensare a chi ha compiuto l’irreparabile. Non con giudizio, ma con curiosità. Come si svegliano al mattino? Che faccia hanno quando si guardano allo specchio? Come passano la loro giornata, mentre tutto sta crollando? Cosa vedono quando escono di casa? Che pensano di noi, di quello che li circonda? Come possono convivere con il peso di un destino che non possono cambiare? Vivono con la consapevolezza che ogni cosa, prima o poi, crollerà? O è la rottura stessa che li spaventa? O è forse il fatto che quella rottura sia invisibile, che ogni cosa che pensiamo di sapere su noi stessi non sia altro che un’illusione?
Ogni giorno ci raccontano storie di assassini, di mostri che ci fanno paura. Le vediamo in tv, nei film, ma nessuno si ferma a chiedersi cosa erano prima di diventare ciò che sono, non per giustificarli, no. Ma per capire dove quella linea è stata oltrepassata. Dove la normalità si è piegata, dove la violenza è diventata il respiro di una vita che non ha più speranza. Le risposte non sono facili. Non ci sono certezze, solo domande. Domande che ci bruciano dentro, domande che non vogliamo fare, perché se le facessimo, dovremmo guardare dentro di noi. E nessuno ha il coraggio di vedere cosa c’è nel profondo, nel buio che nascondiamo. La verità è che quella linea, quel confine, non è mai chiaro. Non è mai stato chiaro. Non è una barriera netta, ma una nebbia sottile, che ci avvolge senza che ce ne accorgiamo. La moralità non è un muro. È un campo di battaglia. E quando attraversi quel campo, non sai mai cosa troverai dall’altra parte. È troppo tardi. Già. È sempre troppo tardi. Perché quella linea non la vediamo mai. È troppo lontana da noi, troppo vicina. Ci manca sempre un passo.
La mia linea, dove si trova? Dove si trova la tua? Dove si trova quella di ciascuno di noi? Siamo convinti di stare camminando in una direzione sicura, crediamo che il nostro cammino sia protetto, eppure… Basta un passo. Un passo oltre il limite, quello che pensavamo di sapere, quello che credevamo di essere. Non vediamo mai il confine, ma quando lo superiamo… è troppo tardi. E quando ci guardiamo indietro, vediamo solo il buio. Siamo pronti a guardare dentro di noi ed a riconoscere quella fragilità che ci tiene insieme, ma che potrebbe cedere da un momento all’altro?
KILLER.
Remember me,
Eclipse
Questo testo mi fa riflettere su quanto poco conosciamo di noi stessi. Siamo veramente in grado di prevedere come reagiremmo in una situazione estrema? Ognuno di noi ha il potenziale per il bene e per il male, e forse è questa incertezza che ci spaventa di più.
È inquietante pensare che quella linea possa essere così sottile. Ma allo stesso tempo, non credo che sia così per tutti. Alcuni di noi hanno valori talmente radicati che sarebbe impossibile oltrepassare certi confini. Il male, secondo me, è una scelta consapevole, non un semplice scivolamento.
Interessante prospettiva, ma mi chiedo: e se invece non ci fosse una vera linea? Se fosse tutto più caotico di quanto immaginiamo? Il bene e il male potrebbero essere solo costruzioni sociali, e ciò che consideriamo moralità è forse una convenzione per sentirci al sicuro.
Concordo con il fatto che ignoriamo i segnali. Viviamo le nostre vite in modo superficiale, senza mai guardare veramente in profondità nelle persone. Forse è questa indifferenza a spingere alcuni oltre il limite. Un’umanità più attenta potrebbe prevenire certe derive.
Il concetto che hai espresso mi ha fatto pensare ai dilemmi morali che affrontiamo ogni giorno. Spesso le piccole decisioni quotidiane riflettono la nostra capacità di resistere a quella ‘spinta’ che ci porta oltre il confine. È un equilibrio delicato, ma forse, con consapevolezza, possiamo mantenerlo.