
Isola di Libertà
Posted on May 22nd, 2003 / Poesia / 22 CommentsC’è una frase che mi tormenta oggi. John Donne scrisse: «Nessun uomo è un’isola intera in sé». E io mi fermo su queste parole, le giro tra le mani, le lascio scivolare sulle dita come sabbia. Mi colpiscono, ma non come pensano gli altri. C’è qualcosa in essa che mi fa reagire, che mi spinge a dire: no, non è così. Forse per molti è vero, ma non per me. Non oggi, non in questo momento. Io voglio essere un’isola. Un’isola intera. Per un attimo. Anche se poi, probabilmente, il mare m’inghiottirà. Voglio essere lontana, voglio che il mondo non mi tocchi. Voglio essere il mio unico respiro, il mio unico riflesso. Voglio sentire la solitudine come una carezza, come qualcosa che mi appartiene. Non una solitudine che ferisce, ma quella che ti fa sentire vivo, quella che non ti lascia più scappare da te stesso. Oggi, voglio essere quella solitudine, voglio essere quella roccia che s’alza dall’acqua, fiera e immobile, che resiste a tutto, ma che nessuno può toccare.
E mi chiedo, perché non dovrei? Perché dobbiamo sempre cercare gli altri, perdere noi stessi nel mare delle loro aspettative, nelle loro opinioni, nei loro giudizi? Perché dobbiamo arrenderci a quella convinzione che senza gli altri non possiamo esistere? Oggi, no. Oggi, voglio essere io, e basta. Volete scoprirmi? Allora venite, ma sappiate che io non vi accoglierò. Perché non è l’accoglienza che mi interessa, ma il mio spazio, il mio respiro. Perché, in fondo, la solitudine non è mai vuoto, è uno spazio che ti appartiene. La solitudine è il luogo dove scopri che non sei mai davvero solo. È il momento in cui, finalmente, ti guardi senza maschere, senza giustificazioni, senza spiegazioni. È il momento in cui abbracci l’incompiuto, quello che non hai mai avuto il coraggio di dire, quello che non hai mai avuto il coraggio di ammettere. Ed è lì che senti che, sì, forse nessun uomo è un’isola intera in sé, ma può esserlo per un attimo. Un attimo che ti cambia.
Un attimo che scivola, però, come sabbia nelle mani. Come il mare che avvolge la roccia. E allora, mi chiedo: perché voglio essere un’isola? Forse è perché, dentro di me, la disperazione di sentirmi vuota non ha un nome. Forse è perché la mia ricerca di significato è più forte della paura di restare sola. Voglio quell’isola, voglio quel respiro profondo che non ha altre voci, solo la mia. E la solitudine, quella che sembra essere il nulla, diventa tutto. Eppure, non posso negare che ci sia qualcosa di bellissimo, di tremendamente bello, nell’essere soli. Nel sentire quel silenzio che ti avvolge, che ti sfida. Perché, forse, siamo sempre alla ricerca di qualcosa fuori di noi, senza rendersi conto che il mondo vero, quello che ci spinge davvero, è dentro di noi. Siamo noi l’isola, il mare, la roccia. Solo che non ce ne accorgiamo. Noi stessi ci sfuggiamo.
Ma oggi, io non voglio sfuggirmi. Non voglio. Oggi, voglio essere il mio mondo, senza dipendere da niente e da nessuno. Voglio essere quell’isola. Voglio che la mia solitudine sia il mio faro. Voglio sentirmi libera, voglio guardarmi senza aspettare che qualcun altro mi dica chi sono. Voglio sentire il dolore che mi fa crescere, voglio sentire la libertà di non essere schiava di nulla, neanche delle aspettative di chi mi circonda. Ecco, forse questo è ciò che intendeva Donne. Forse intendeva che la connessione, il legame, sono la nostra essenza. Ma io, oggi, sono stanca di questa verità. Stanca di cercare sempre, di voler essere “connessa”, di voler essere sempre parte di un tutto che non capisco. Oggi voglio essere l’isola, e basta. Perché, alla fine, se nessun uomo è un’isola intera, lo è per un attimo. Forse il segreto è in quel momento, in quell’attimo che dura poco, che non ha nome, ma che esiste. E in quel frammento di solitudine, ritrovi te stessa. Anche se il mare ti spinge a riva. Anche se il vento ti scuote. Perché alla fine, l’isola rimane là, sempre, anche quando tutto intorno sembra affondare. E forse, alla fine, è in quella solitudine che scopri di non essere mai davvero sola. In quel silenzio che urla di verità. Ed è lì, proprio lì, che impari a respirare di nuovo.
Empowered.
Remember me,
Eclipse
Solitamente non mi piace stare sola, ma le tue parole mi fanno vedere la solitudine sotto un’altra luce. Come una possibilità, non una condanna. Mi fa pensare che forse, ogni tanto, potremmo tutti prendere un momento per essere soli, per davvero. Non per scappare, ma per sentirci più vicini a noi stessi.
Esatto, non è una condanna, ma una possibilità. Un’opportunità per conoscerci meglio, senza distrazioni. È nel silenzio che possiamo finalmente ascoltarci, senza le voci degli altri che ci parlano sopra.
Mi hai fatto riflettere sulla mia paura di essere sola, di diventare un’isola. Ma forse non è solo paura. Forse è solo il non sapere come affrontare quella solitudine, quella verità che ti costringe ad affrontare te stesso. Non è una punizione, è un passaggio. Un viaggio. E forse, ogni tanto, abbiamo bisogno di esserlo, di essere quella roccia.
La solitudine è un viaggio, un passaggio che ci porta a vedere chi siamo davvero. Non è mai una punizione, ma una porta verso la nostra essenza.
Ci sono momenti in cui, come te, mi sento un’isola. Ma poi mi chiedo, davvero voglio esserlo? Non sarebbe bello, ogni tanto, avere qualcuno con cui condividere quel silenzio? Forse la solitudine è anche un atto di consapevolezza, di valutare davvero cosa significa “esserci”.
La solitudine è un atto di consapevolezza. A volte, abbiamo bisogno di essere soli per capire davvero cosa significa “esserci” insieme. Ma non è facile, e non è sempre ciò che vogliamo.
Quella frase mi rimbomba nella testa. «Nessun uomo è un’isola». Ma per me, in certi momenti, voglio esserlo. Voglio essere l’unico a decidere, l’unico che non deve rispondere a nessuno. La solitudine non è solo un rifugio, è una battaglia. Una resistenza contro l’esterno. È come resistere alla tempesta. E, cazzo, lo voglio. Voglio resistere.
La solitudine è una resistenza, un atto di forza. Come una roccia contro il mare. Ma non è facile, è vero. E ci sono momenti in cui dobbiamo proprio resistere, per non essere consumati.
Mi hai fatto pensare che forse dovremmo essere più isole. Perché nella solitudine, c’è la vera libertà. Non quella che ci impongono gli altri, ma quella che decidiamo di vivere. La paura di essere soli è ciò che ci incatena. E noi, noi abbiamo bisogno di spezzare quelle catene.
Hai ragione, la solitudine è un atto di liberazione. È nel coraggio di essere soli che troviamo il nostro vero potere. Non è un fuggire dal mondo, è un ricominciare a viverlo da un’altra prospettiva.
A volte mi chiedo se davvero voglio essere solo un’isola. Ma la verità è che ci sono momenti in cui il mare ti inghiotte, eppure vuoi essere quella roccia, come dici tu. Soli, ma invincibili. Penso che la solitudine, a volte, sia un atto di sopravvivenza, non una fuga. E non c’è nulla di sbagliato nel farlo.
La solitudine è sopravvivenza. È lì che impariamo a resistere, a non farci piegare. Forse è proprio nell’essere soli che troviamo la nostra forma più pura di resistenza.
Non è che voglio giudicare, ma c’è qualcosa che mi fa pensare che alla fine siamo tutti destinati a essere isole. O forse è la società che ci ha convinto che dobbiamo esserlo? Alla fine, siamo soli davvero o solo convinti di esserlo?
Non è una questione di giudizio. È una riflessione sulla nostra condizione. Forse siamo soli, ma non in un senso assoluto. La solitudine può essere solo una percezione, qualcosa che ci viene imposto. La domanda è, siamo pronti ad affrontarla senza paura?
Le tue parole mi toccano, sono come una melodia triste che però mi fa sorridere. La solitudine, quella che scegliamo, può essere un rifugio, una carezza. Mi viene in mente la poesia di Emily Dickinson che parlava di essere se stessi in un mondo che ci vuole tutti uguali. Forse siamo tutti isole, a modo nostro.
Mi piace molto questa visione della solitudine come rifugio, un luogo dove possiamo ritrovarci senza paure. Dickinson aveva ragione, siamo isole, ma ogni isola è unica. La bellezza sta proprio nell’essere diverse.
Le tue parole mi hanno strappato un sorriso amaro. Perché la solitudine che cerchi è anche quella che più temevo. Ma forse è proprio nel cuore della solitudine che possiamo finalmente essere liberi, liberi di esistere senza dover piacere a nessuno. La solitudine che racconti è un atto di amore verso noi stessi, e la cosa più bella è che non bisogna fare altro che ascoltare il cuore.
Sì, è proprio l’ascolto del cuore che rende la solitudine un atto d’amore. Forse è lì che troviamo la nostra vera forza, quando smettiamo di cercare approvazione e impariamo ad essere gentili con noi stessi.
La solitudine che descrivi non è mai facile da affrontare, ma capisco il bisogno di essere isola, di non voler più essere contagiati dalle aspettative degli altri. Forse è proprio questo il punto: riuscire a ritrovare noi stessi nel silenzio. È una lotta, e so che non è facile, ma forse quella solitudine è anche un gesto di coraggio, un abbraccio a chi siamo veramente.
Sì, è un gesto di coraggio. La solitudine può diventare una forza, una protezione. Non è qualcosa da temere, ma da scoprire. È un atto di fiducia verso noi stessi. A volte, è solo in silenzio che possiamo davvero ascoltarci.
Essere un’isola, o forse solo un luogo di passaggio. Non lo so, ma qualcosa in te mi ha fatto vedere la solitudine come una scelta, non come una condanna. Forse è proprio lì che si trova la verità, quando ci si stacca dal resto del mondo e si guarda tutto con occhi nuovi.
La solitudine può essere una scelta consapevole, un modo per vedere il mondo con una prospettiva che non siamo più costretti ad adattare agli altri. È in quel distacco che ritroviamo la nostra visione più pura.