Oggi è stato uno di quei giorni in cui il mondo sembra sospeso, un attimo perfetto che si mescola tra il sogno e la realtà. Non è stato solo lo shopping che mi ha catturata, ma tutto il respiro della città, ogni angolo che si è stretto attorno a me, come se Milano stesse parlando attraverso le vetrine di Montenapoleone. Con Hikari, tutto è diventato più leggero, come se insieme riuscissimo a dare un ritmo diverso alla vita. La sua risata, così cristallina, si mescolava al rumore dei passi veloci, il suono dei tacchi che schioccavano sull’asfalto lucido, il fruscio della seta che scivolava tra le mani.
Le vetrine luccicavano, sembravano fatte di stelle. Ogni cosa mi chiamava, come se le borse di pelle, i vestiti eleganti, le scarpe scintillanti fossero un riflesso di qualcosa che non riuscivo a raggiungere, ma che desideravo senza capire davvero il motivo. Hikari, con il suo passo elegante e l’aria da diva, sembrava avere il potere di far girare tutte le teste. Mi seguiva come un’ombra, ma non avevo bisogno di guardarla per sentire la sua presenza. Era lì, proprio accanto a me, in ogni gesto, in ogni silenzio. Ogni tanto, mi scivolava un sorriso, come un segreto che nessun altro poteva capire, e ci ritrovavamo a ridere insieme, distogliendo lo sguardo da ciò che avevamo appena acquistato, per guardare invece il mondo che continuava a scorrere, indifferente. Abbiamo comperato tantissime cose. Alcune necessarie, altre inutili, ma in fondo cosa conta? Ogni oggetto sembrava portare con sé una promessa, una piccola parte di noi che si fissava nel tempo, come una foto scattata senza consapevolezza. Eppure, c’era qualcosa di più in ogni acquisto, come se stessimo facendo un patto silenzioso con la città, un patto di bellezza e di perfezione, di quei momenti che non si ripeteranno mai, ma che lasceranno una traccia indelebile.
Ci siamo fermate davanti ad una vetrina di gioielli. Hikari ha guardato un anello con occhi sognanti. Non l’ha comprato, ma sembrava quasi che lo avesse già fatto, come se quel piccolo diamante appartenesse già alla sua mano. Ho pensato che anche noi, in fondo, stiamo cercando qualcosa che non sappiamo di volere. Come l’anello che Hikari non ha comprato. O come la sensazione che mi ha accompagnato tutto il giorno, che non avrei mai saputo descrivere con le parole, ma che si faceva sentire in ogni angolo di Montenapoleone. Una sensazione che sfiorava la bellezza, ma che non la toccava mai. Il sole stava calando, e la luce dorata della sera iniziava a disegnare ombre lunghe sulle facciate dei palazzi. Le luci dei negozi si accendevano lentamente, come piccole stelle che sembravano crescere nel buio. In quel momento, mi sono resa conto che la città non era altro che una gigantesca vetrina, e io e Hikari ne facevamo parte. Non eravamo spettatrici, ma protagoniste di un racconto che non finiva mai.
Abbiamo camminato senza dire niente, come se le parole fossero superflue. Ogni passo era una riflessione che non aveva bisogno di essere espressa. Così ci siamo perse tra le vie, tra le vetrine che sembravano parlarti in silenzio, e i passanti che sembravano scivolare via. Eppure, in quel fluire continuo, io e Hikari eravamo lì, in un angolo del nostro mondo, a scrivere il nostro piccolo capitolo. Mi chiedo se qualcuno si renda conto di come ogni gesto, ogni acquisto, ogni sorriso sia un segreto che condividiamo solo con la città. O forse, in fondo, è solo una questione di tempo. Perché in Montenapoleone, ogni secondo è già una promessa. Ma sarà davvero mai compiuta?
THE END.
Remember me,
Eclipse