Le parole svanite, rimpianto
Posted on January 9th, 2009 at 4:00 PM | Tags: Algoritmi | 0 CommentsNon c’è niente di più pungente di un rimpianto che arriva con il tempo, come una tortura lenta e inesorabile. Avete mai avuto quella sensazione di avere tutto il tempo del mondo per dire ciò che avreste dovuto, solo per accorgervi troppo tardi che il tempo è scaduto? Io ci sono passata. E ora mi trovo qui, a fare i conti con la dura realtà che le scuse che avrei voluto esprimere non avranno mai più la possibilità di essere ascoltate. In questi giorni, mi sembra che il tempo sia stato un ladro subdolo, rubandomi la possibilità di rimediare. Ogni giorno che passa senza che io prenda quella decisione, senza che io faccia quel gesto che avrebbe potuto cambiare tutto, il rimpianto cresce. Le parole non dette, i gesti mai compiuti, tutto ciò che avrebbe potuto sistemare le cose ora si è tramutato in un passato che non può essere cambiato.
Siamo tutti vittime di questo inganno chiamato tempo. Pensiamo di avere una marea infinita di momenti, solo per scoprire che i secondi scorrono come sabbia tra le dita. E ora, mentre mi sforzo di trovare un modo per riavvolgere il nastro e correggere gli errori, mi rendo conto che tutto ciò che posso fare è imparare dalla lezione. Ma la verità è che, mentre la vita continua a muoversi avanti, io sono costretta a restare indietro, nel dolore di ciò che non può essere cambiato. Forse il vero compito ora è accettare il passato, fare pace con la sua inevitabilità e imparare a vivere con le cicatrici.
Ogni mattina mi sveglio con la sensazione di non aver fatto abbastanza, di non aver detto tutto. L’odore della polvere che si mescola alla freschezza dell’aria fredda entra dalla finestra. Un profumo che mi ricorda la vecchia casa, il passato che non ha più spazio per esistere. È un mix di nostalgia e rassegnazione. Il cucchiaino che scivola lentamente nel bicchiere, il suono delle dita che scorrono sopra le pagine del libro, sembrano solo piccoli rumori che riempiono un silenzio insopportabile. Ma che senso hanno questi gesti, quando la vita ti ha tolto la possibilità di correggere ciò che hai trascurato?
L’ambiente che mi circonda oggi è freddo, gelido, eppure sento il peso di ogni parola non detta, come se l’aria stessa fosse più densa. È un pomeriggio di gennaio e la città fuori è immersa in un silenzio che mi opprime. Osservo il buio che inizia a calare più velocemente ogni giorno, come una metafora di ciò che si sta spegnendo dentro di me. La luce della finestra riflette su un oggetto, una piccola statua che avevo da bambina. La osservo, ma mi rendo conto che più la guardo, più mi sfugge. Cos’è quella statua? Cos’è ciò che vedo davvero? È solo il ricordo di qualcosa che non c’è più, o è il segno che siamo tutti destinati a diventare solo immagini di noi stessi? Le domande non hanno risposte chiare. Le risposte sono svanite insieme a quelle parole, ai gesti che non ho compiuto.
Non c’è niente che possa far tornare indietro il tempo. Non c’è niente che possa correggere gli errori che ci accompagnano come ombre. Il rimpianto, come una ferita che non si rimargina mai, ci segue, incatenandoci al passato che non possiamo cambiare. Ma come possiamo vivere con questa consapevolezza? Come possiamo convivere con la realtà che, in fin dei conti, non possiamo fare più nulla? Ho provato a cercare conforto nel presente, a stringere la mano del tempo, ma è scivolato via, come un’ombra che non lascia traccia. Quante volte ho sperato di tornare indietro, di avere un altro minuto per dire quella frase, per fare quel gesto che avrebbe potuto cambiare tutto? Ora il tempo ha preso tutto, e mi ha lasciato solo la consapevolezza di un errore che non si corregge. Forse il vero compito è accettare che non tutto si può sistemare.
«Quanto del nostro tempo è davvero nostro?»