Mi dicono che la vita sia lineare, che ci siano confini da rispettare, segnati su mappe precise, ma chi traccia davvero questi confini? Mi chiedono di seguire le linee, ma le linee sono così facili da sfumare, da perdere, da spezzare. Cammino, e la nebbia è l’unica cosa che vedo. La nebbia è il mio cammino, la mia vera direzione. Non c’è nessuna strada che mi sia stata promessa, nessuna via che mi dica dove andare. Non sono mai riuscita a trovare quel punto fermo, quello che mi dicono essere il successo, la meta. A volte penso che siano solo parole vuote, lanciate per sedarci, per farci credere che tutto sia possibile, che il nostro destino sia nelle nostre mani, finché non guardiamo intorno e vediamo solo caos. Siamo immersi nel caos e lo chiamiamo ordine. Mi hanno detto che dovevo essere «me stessa». Ma nel momento in cui sono stata me stessa, hanno cominciato a farmi sentire sbagliata, fuori posto. Mi hanno detto che dovevo cambiare, ma non mi hanno mai detto cosa dovevo cambiare per davvero. Allora ho cercato di adattarmi, ma in ogni adattamento c’era qualcosa che mi sfuggiva, come se un pezzo di me si staccasse e non riuscissi più a riprendermelo. È tutto così superficiale, così banale: adattarsi per non disturbare, sorridere per non far vedere che non ci credo, obbedire senza fare domande. Quante volte ho detto «sto bene» quando in realtà stavo soffocando?
Eppure, c’è qualcosa di profondamente sbagliato in questa promessa di normalità, qualcosa che urla contro il mio istinto. La vita non è fatta per essere vissuta in fila, con gli occhi sempre puntati sulla testa di chi ci precede. La vita non è fatta per essere seguita come una linea retta, per non lasciare tracce. La vita è fatta di curve, di inciampi, di momenti in cui non c’è nessuna indicazione, nessun cartello a dirti dove andare. Eppure, tutti continuano a dire che dobbiamo seguire il percorso, senza mai fermarci a chiederci se quello che stiamo seguendo è davvero il nostro. Mi dicono che la scuola sia la risposta, che il successo è nei numeri, nei premi. Mi guardano, mi dicono «fai così e otterrai questo», ma nessuno mi ha mai detto che succede quando ottieni tutto, ma dentro ti senti vuota. È così facile diventare una statua, bella da vedere ma senza vita dentro. Mi hanno chiesto di essere perfetta, ma la perfezione non si trova mai, non è mai abbastanza. Ogni volta che ho provato a raggiungerla, mi sono trovata a guardare un altro riflesso che non mi apparteneva. Non è la vittoria che voglio, ma la pace. Non è il successo che mi fa battere il cuore, ma la libertà di non dover seguire regole inventate da altri.
Mi dicono che il mondo è un luogo di opportunità, che tutto è possibile se ci mettiamo l’anima. Ma poi accendo la televisione e vedo guerre, fame, sofferenza, ingiustizie. Questa è l’opportunità di cui parlano? Forse l’opportunità sta nel poter scegliere, nell’avere una voce, nel non permettere che ci dicano cosa possiamo o non possiamo fare. Ma la libertà è una chimera, è un concetto che resta sospeso, che non riusciamo mai a toccare. E allora mi chiedo: siamo davvero liberi di scegliere, o siamo solo schiavi di un sistema che ci ha insegnato a credere che lo siamo? Le regole del gioco cambiano ogni giorno. Oggi ci dicono di adattarci, di fare come gli altri, di non fare onde. Ma io non voglio adattarmi. Non voglio perdere me stessa per compiacere qualcuno. Voglio sentire la strada sotto i miei piedi, anche se non so dove mi porterà. Voglio camminare senza paura, senza lasciare che le ombre degli altri mi decidano il passo. Voglio andare oltre le mappe, oltre i confini che mi hanno tracciato. Voglio scoprire ciò che c’è dopo ogni curva, anche se so che la risposta non sarà mai definitiva. E tu? Seguirai le regole o camminerai su quella strada che nessuno ha tracciato per te? Seguirai la mappa o osserverai la nebbia, lasciando che ti porti dove deve?
THE END.
Remember me,
Eclipse