Telefonata Silenziosa

Telefonata Silenziosa

Posted on August 4th, 2003 / / 12 Comments
Bellezza & Arte / Feeling at 2:00 am

PARTE DUE.

Ogni parola sussurrata nel silenzio di una telefonata è un mondo che si rivela. Ogni respiro, ogni singola vibrazione della linea sembra scavare in me, come se volesse strappare via un pezzo della mia pelle, della mia essenza. Un coraggio che non sapevamo di avere si nasconde dietro il tremore delle dita, dietro il battito del cuore che non si ferma mai. È come se il mio corpo sapesse qualcosa che la mente non riesce a comprendere. Eppure, mentre il cellulare vibra nelle mani, non posso fare a meno di sentire quella morsa dentro, quel peso che cresce dentro il petto e mi schiaccia. La chiamata è quella che temo da giorni, quella che mi tormenta anche quando non la aspetto. È quella chiamata che ci spinge, che ci fa inciampare nella realtà, facendoci vedere, forse, qualcosa che non volevamo mai vedere. Non voglio rispondere, non sono pronta. Ma le dita tremano e l’accetto, senza nemmeno pensare. E quando la voce che sento dall’altra parte del filo è così calma, troppo calma, mi perdo in essa. È come un abbraccio che mi arriva, delicato ma così forte. «Ciao» dice, con una dolcezza che mi fa male. Mi fa male perché non mi aspettavo che fosse così, così… vicina. «Come stai?»

Le parole sono come sabbia che mi scivola tra le dita. Non so cosa rispondere, e la verità è che non voglio nemmeno farlo. Ma rispondo lo stesso, senza sapere nemmeno io cosa stia dicendo, cercando di mascherare il vuoto che mi esplode dentro. «Sto…» La voce non mi tradisce, ma la sensazione è quella di una maschera che non riesco più a mantenere. Non ci riesco. Le parole suonano false, come se non appartenessero a me. E lui insiste. Il suo silenzio mi costringe a guardarmi dentro, a cercare una risposta che non trovo. «Felice, triste?» Mi chiede, e quelle parole sono come un coltello che mi affonda nel petto. Come posso spiegargli che non sono né felice né triste? Come posso raccontargli che sono solo vuota? «Sto», ripeto, ma ora quelle tre lettere non significano più niente. Non significano nulla. E il vuoto cresce, prende spazio, divora l’aria che respiro. Poi arriva il silenzio. E il silenzio è la parte che temo di più, quella che mi spinge oltre, che mi costringe a vedere le cose per quello che sono. È il vuoto che ci separa, quello che non riesco a colmare. Lo sento crescere, inesorabile, come una nube oscura sopra di me, sopra la mia testa, sopra la mia anima. E poi lui mi chiede: «Perché piangi?» E la domanda mi arriva come un colpo, come se avessi ricevuto un pugno al cuore. Non voglio che lo sappia. Non voglio che veda la mia fragilità, la mia paura, il mio dolore. Non voglio che veda quanto sono spezzata. Ma la verità è che non posso nasconderla. Non più. Non ora.

«Scusami…» balbetto, ma so che la scusa non basta. Non è mai abbastanza. La verità è che mi sento persa, come se non avessi più un posto dove stare. E mentre il silenzio ci avvolge, sento che è troppo tardi. È troppo tardi per nascondersi, per mentire. E così, senza nemmeno accorgermene, lascio che le parole escano da sole, come se fossero sempre state lì, pronte a scivolare via dalla mia bocca: «Mi importi troppo, ecco.» E lo so, so che quelle parole non erano mai state così vere, mai state così potenti. Mi sento sollevata, ma allo stesso tempo terrorizzata, perché, forse, non è mai stato così difficile dire qualcosa di così semplice. La sua voce dall’altro lato del telefono mi raggiunge, ma è lontana, come se venisse da un altro mondo. «Mi piaci troppo» continuo, senza fermarmi, senza pensarci. Sento la mia voce tremare, ma non riesco a fermarla. Le parole sono come un fiume che scorre, implacabile, e non posso fermarlo. Non posso. E lui, dall’altra parte, sembra ascoltare, ma non so se mi capisce. Non so se riesce a sentire tutto quello che c’è dietro quel semplice “mi piaci troppo.” C’è sempre più di quello che diciamo, c’è sempre qualcosa che rimane nascosto, sepolto nel profondo. Non lo vediamo, ma lo sentiamo.

«Sei così… meraviglioso» continuo, con il cuore che batte più forte. «Ogni volta che sorridi, è come se il mondo fosse più luminoso. Come se tutto fosse possibile.» Ma non sono mai abbastanza queste parole. Non ci sono mai abbastanza parole. E non importa quante ne dica, non riesco a dirgli abbastanza. Non basta mai. La mia voce si perde nel silenzio, e lui non risponde. Non risponde. E quel silenzio pesa più di mille parole, più di mille verità non dette. Mi colpisce, mi schiaccia. Quando finalmente parla, la sua voce non è più così calda, così gentile. È più fredda, più distante. «Non voglio impegnarmi con nessuno, non ora.» E quelle parole mi colpiscono come una pietra, come se avessi ricevuto un pugno al cuore. E mentre le sue parole si allontanano da me, sento quella distanza crescere, inesorabile, tra di noi. La verità mi schiaccia, è tutto lì, nel peso di quella distanza. Non c’è più spazio. Non c’è più tempo.

La chiamata si chiude, ma dentro di me, c’è qualcosa che non si è mai detto. C’è una parte di me che non riuscirò mai ad esprimere, un’urgenza che non posso definire. E mentre appoggio il telefono, tutto intorno sembra fermarsi. Il caffè appena fatto è ormai freddo. L’odore che prima mi dava conforto ora mi sembra solo un ricordo lontano, come se fosse sempre esistito, ma mai per me. Eppure, è lì. È rimasto lì, congelato nel tempo. Ed io, qui, a guardarlo senza riuscire a toccarlo. Mi guardo allo specchio, ma quella che vedo non è la stessa persona che era prima di questa telefonata. È una versione di me che non riconosco più, come se il tempo avesse strappato via una parte di me senza che me ne accorgessi. È come se il mondo fosse andato avanti e io fossi rimasta indietro, bloccata in un momento che non riesco a lasciare andare.

THE END.
Remember me,
Eclipse

12 Responses


  1. GiuliaF

    Mi ha colpito molto la tua frase sulla ricerca incessante di un senso, come se tutto fosse in qualche modo incompleto. È vero, in un certo senso, sento anche io che c’è qualcosa che manca sempre, una mancanza che non riesco a colmare. Ma nonostante tutto, non riesco a smettere di cercare. Sarà mai possibile trovare ciò che cerchiamo, o la ricerca stessa è ciò che ci rende vivi?

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  2. Eclipse

    Giulia, credo che la ricerca sia proprio quello che ci mantiene in movimento. Forse non troveremo mai una risposta definitiva, ma la vera domanda è: saremmo davvero pronti a fermarci, a vivere senza cercare? La mancanza che senti, quella sensazione di incompletezza, è forse ciò che ci definisce come esseri umani. Ti è mai successo di sentirti in pace con quella sensazione?

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  3. MetalManzoni

    Non sono mai stato uno che si perde in riflessioni filosofiche, ma il tuo post mi ha fatto pensare a come viviamo senza mai fermarci a capire. La vita è un continuo movimento, e noi siamo spesso solo pedine di un gioco più grande. È strano come a volte, anche nel caos, possiamo trovare un certo ordine, come nelle canzoni che ascolto, dove ogni nota, per quanto dissonante, ha il suo posto. Tu cosa pensi di questa lotta tra ordine e caos?

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  4. Eclipse

    MetalManzoni, mi piace la tua visione. Forse la vita è proprio questo: un equilibrio tra ordine e caos, una danza che ci porta da una parte all’altra. È curioso come troviamo un ordine nelle dissonanze, proprio come nelle tue canzoni. Ma la domanda che mi viene è: quando il caos diventa troppo, perdiamo il nostro posto in questa danza?

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  5. GenovaGirl

    La tua scrittura è così potente, ogni parola sembra mirata a scuotere qualcosa dentro. Mi ha fatto riflettere molto il tuo punto sull’equilibrio precario della vita. È vero, la perfezione è un’illusione, e la vita si svolge in un costante equilibrio tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. La ricerca di perfezione è destinata a fallire, ma è proprio in questa consapevolezza che troviamo la nostra forza.

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  6. Eclipse

    GenovaGirl, la consapevolezza della nostra imperfezione è, forse, la chiave per vivere davvero. Forse, nel momento in cui smettiamo di cercare la perfezione, impariamo a vivere in modo più autentico. Ma ci sono momenti in cui senti che la lotta per migliorarsi ti consuma, o è qualcosa che ti dà energia?

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  7. Gabberina83

    Il tuo post mi ha colpito profondamente. Ogni parola risuona come una campana che risveglia una parte di me che avevo dimenticato. La tua riflessione sull’esistenza mi ha spinta a interrogarmi ancora una volta su ciò che realmente conta. La vita, con le sue incertezze, non sembra mai veramente completata. È questo ciò che rende ogni momento importante?

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  8. Eclipse

    Grazie, Gabberina. È vero, la vita è una sequenza di domande, e non esistono risposte definitive. Ogni istante che viviamo è una tessera che non possiamo mai mettere a posto completamente, ma forse è proprio questa incompiutezza a renderci vivi. Tu che pensi della ricerca di un senso in ogni piccola cosa?

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  9. Riot Brescia

    Non c’è mai un vero momento di tranquillità, giusto? Tutto va troppo veloce, ci travolge. Ma a volte, è proprio questo che mi dà la carica. Il caos è il mio motore. A me non importa se non trovo risposte definitive, l’importante è non fermarsi mai. La tua riflessione sull’assenza di certezza mi ha fatto pensare, perché forse siamo sempre alla ricerca di una pace che non arriverà mai. E va bene così.

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  10. Eclipse

    Riot, è interessante come tu veda nel caos una fonte di energia. Mi chiedo se questo continuo movimento possa davvero portarci a una comprensione più profonda, o se ci tiene solo occupati per paura del silenzio. Il caos è senza dubbio vitale, ma quanto ci spaventa l’idea di fermarci per ascoltare ciò che c’è dentro di noi?

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  11. SoulAlessandra

    Mi sento come se stessi camminando su un filo sottile, sempre alla ricerca di equilibrio. Le tue parole mi hanno fatto riflettere su come ci spostiamo da una sensazione all’altra, senza mai veramente fermarci. C’è sempre qualcosa che ci sfugge, ma forse è proprio questo il bello della vita. È la ricerca stessa che ci mantiene vivi, e non il raggiungimento di un traguardo.

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  12. Eclipse

    SoulAlessandra, hai colto nel segno. Forse è proprio nella ricerca che troviamo il nostro scopo, non nel risultato finale. Ma ci sono momenti in cui senti che la ricerca ti pesa? Quando il filo su cui camminiamo sembra troppo sottile, è facile cadere. Come affronti quei momenti di difficoltà?

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