Il rumore dell’olio bollente era come una radio sintonizzata su una sola stazione: il mare. La piazza di Camogli oggi profumava di fritto e alghe, una combinazione strana ma irresistibile. Mio padre rideva parlando con un collega.
Ho preso un cono di pesce appena fritto, troppo caldo per le dita. Un gabbiano mi ha puntata come se volesse contrattare: “Io ti lascio passare, tu mi dai un’acciuga.” Ho camminato fino alla passeggiata, dove il mare oggi sembrava una lastra di vetro blu, interrotta solo da piccole crepe di schiuma.
Papa’ fotografava ogni cosa, io invece fotografavo con la mente il momento esatto in cui una bambina, con un vestito rosso, ha lasciato cadere il suo cono e ha sorriso lo stesso. Forse perché certe perdite non fanno male, o forse perché il fritto non era mai stato il suo vero obiettivo.
A pranzo mio padre mi ha raccontato di quando da giovane aveva dovuto pattugliare il porto in una notte di tempesta. Diceva che il mare, di notte, può sembrare un enorme animale addormentato che ogni tanto apre un occhio.
La sera, tornando in treno verso Milano, ho lasciato che il rumore delle rotaie si mescolasse all’odore del pesce che ancora mi rimaneva sulle mani.
THE END.
Remember me,
Eclipse