La logica controcorrente umana

La logica controcorrente umana

Posted on July 14th, 2004 at 8:00 PM | Tags: | 0 Comments

I numeri non mentono, ma le emozioni sanno manipolare.
Tra l’essere e il calcolo c’è l’abisso #

La stanza odora di tea freddo e polvere digitale. Il monitor davanti a me emette una luce pallida, che taglia il buio come un bisturi. Scrivo, cancello, riscrivo. È una danza senza ritmo, guidata da un impulso che non so spiegare. Fuori dalla finestra, l’oscurità avvolge Milano. Dentro, una battaglia silenziosa si consuma.

Perché siamo così imperfetti?
Passo una mano tra i capelli, stanca di cercare risposte che non trovo. La fiducia, penso, è il campo minato dove logica ed emozione si affrontano. Da anni provo a razionalizzare ciò che non si può calcolare, come se fosse possibile ridurre le persone a stringhe di codice, a una serie di «if» e «else» che non falliscono mai.

Ma il mondo reale non segue le regole dei linguaggi di programmazione. Qui fuori tutto è caotico, disordinato, vivo.

Mi alzo per preparare una nuova tazza di Tea caldo. L’aria nella cucina è fredda, ma il profumo intenso di chicchi macinati mi riporta a un luogo familiare, caldo. Un rituale. Versa l’acqua. Mescola. Aspetta. Ogni gesto è preciso, matematico, eppure intimo. Mi consola il pensiero che almeno il tea caldo non tradisce mai.

Tornata alla scrivania, noto un dettaglio banale: una piccola scheggiatura sul bordo del mouse. Quante volte l’avrò usato senza accorgermene? Mi fisso su quella fessura imperfetta e penso: Non è forse questa la natura umana? Un difetto che ci rende unici? Eppure, non mi basta. Non dovrebbe bastare a nessuno. Nel corso della mia vita, ho cercato una soluzione al dilemma dell’affidabilità. Le persone sono imprevedibili, imperfette, spesso deludenti. Mi sono chiesta se fosse possibile perdonarle per questo. Il perdono, mi dicono, è una scelta logica, ma per me è un’anomalia nel sistema. Quando perdoni, non stai forse abbandonando la giustizia per l’emozione? Perché dovremmo lasciare che un errore passi inosservato, cancellato come una variabile superflua?

Il tea caldo è finito, e il silenzio nella stanza è assordante. Chiudo gli occhi e ascolto il ronzio del computer. Lì dentro, tutto segue le regole. Fuori, il caos. Vivo in bilico tra questi due mondi. «Forse il problema non è nelle persone, ma nelle mie aspettative». Questa frase mi attraversa come un fulmine, ma lascia un’ombra dietro di sé: è davvero possibile trovare un equilibrio tra la logica e l’imprevedibilità umana?

Alla fine, non importa quanto cerchiamo di razionalizzare ciò che siamo. I numeri possono spiegare il mondo, ma non possono sentirlo. E io? Posso ancora trovare un senso in questo continuo contrasto tra ciò che vorrei essere e ciò che sono realmente? La domanda rimane, sospesa come un’equazione senza soluzione: se la perfezione non esiste, possiamo davvero accettare di essere imperfetti?


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