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La doppia verità dentro

Il gioco di luci e ombre rivela una verità che non vogliamo vedere #

Oggi è uno di quei giorni in cui la luce sembra giungere da un angolo nascosto del mio cuore. Un angolo che non posso, e non voglio, rivelare completamente. Eppure, ogni gesto, ogni passo che faccio nel negozio di lampade mi costringe a vivere quella doppia vita che ho imparato a indossare come una seconda pelle. Lì, tra lampadari scintillanti e luci soffuse, mi perdo. Mi perdo volentieri. Come se ogni riflesso fosse una possibilità di fuga, di nascondiglio. E in fondo, è ciò che faccio da sempre. Nascondo chi sono veramente.

Sembra strano, non è vero? Lavoro tra luci e riflessi, mentre la mia vita si fa ombra. Ma dentro quella contraddizione trovo una realtà più complessa, più inquietante. Perché la verità è che non voglio davvero mostrarmi. Voglio solo esistere nel mio spazio, nel mio tempo, senza essere giudicata o, peggio ancora, etichettata. Mi osservo nello specchio del negozio, ma l’immagine che vedo non è mai quella che sento dentro. C’è sempre qualcosa di nascosto, una parte di me che urla di venire fuori, ma non lo fa mai.

Il mio “two-timing” è il conflitto tra la donna che mi aspettano di essere e quella che desidero essere davvero. Ogni cliente che entra, ogni lampada che vendo, ogni sorriso che mi scappa è una parte di me che si allontana dal mio vero sé. Eppure, non posso fermarmi. Non posso fermarmi perché so che, in qualche modo, questa è la mia unica salvezza. La salvezza che trovo nel rifugio di quelle lampade, in quei riflessi che mi dicono che la luce è possibile, anche quando sembra sparita. Perché quella luce che vedo nel negozio è anche la luce che mi sfiora nelle ore più silenziose della mia vita, quando finalmente posso essere sola con i miei pensieri.

Ma cosa significa davvero essere autentici? Mi chiedo ogni giorno, con un’intensità che a volte mi spaventa. Il mondo mi chiede di essere una cosa sola, ma io non lo sono mai. Sono un insieme di luci e ombre che si mescolano senza mai fermarsi. E mentre pulisco e catalogo le lampade, i miei pensieri vanno oltre, a cercare risposte che non arrivano mai. Il mio “two-timing” è il prezzo che pago per una vita che non posso vivere come vorrei, ma che sono costretta a sopportare. La domanda non è mai chiara, e forse non lo sarà mai. Ma non è questo che conta. Il mio doppio gioco è una costante ricerca di equilibrio. Un passo in avanti e uno indietro, in un movimento che non mi lascia mai davvero in pace. Eppure, mentre cammino per le strade della città, tra la gente che non sa nulla di me, la mia mente si perde in ricordi che mi fanno riflettere sul vero scopo di tutto. Mi chiedo: «Se potessi vivere una vita autentica, senza paura, senza dover indossare una maschera ogni giorno, chi sarei veramente?»

Forse non lo saprò mai. Eppure, ogni giorno, la ricerca continua. Ogni luce che vedo mi ricorda che, in fondo, c’è sempre una parte di me che lotta per uscire, anche se non lo ammetto a voce alta. La mia vita è fatta di momenti che sembrano insignificanti, ma che sono il cuore pulsante di tutto ciò che sono. Mi trovo a riflettere su come la luce, quella vera, è quella che ci troviamo dentro. Non è quella che vediamo negli altri, né quella che cerchiamo di mostrare, ma quella che risplende nel buio della nostra solitudine. E in quei momenti di solitudine, quando la giornata si ferma e il silenzio mi avvolge, la verità emerge, cruda, nuda, impossibile da ignorare. La verità è che nessuna luce è mai completamente perfetta, ma ogni riflesso è una parte di noi. La domanda rimane, come sempre, sospesa: E se la verità fosse che siamo tutti un po’ più di quello che lasciamo vedere?

The End.

• Remember me •
• Eclipse •

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