Il silenzio delle cicatrici
Posted on March 20th, 2009 at 2:49 PM | Tags: Poesia | 0 CommentsC’era una volta un grido che nessuno voleva sentire. Oggi quel grido mi parla, e io non lo ignorerò #
Mi trovo seduta nella mia stanza. Le tende sono aperte, la luce è tenue, quasi timida, e disegna ombre irregolari sul pavimento. Davanti a me, un quaderno dalla copertina di cuoio, consumato dal tempo e dai pensieri. L’aria sa di carta vecchia e polvere leggera, ma il profumo dolciastro di un ramo di lavanda, lasciato lì da settimane, si mescola inaspettatamente. È un contrasto curioso, quasi ironico: un profumo di pace in mezzo a pensieri turbolenti.
Leggo, riga dopo riga, un commento anonimo che qualcuno mi ha lasciato qui sotto, giorni fa. Ogni parola è un pugno, ogni frase un frammento di dolore. Non so chi sia questa donna, ma la sua storia mi invade, mi travolge come un fiume in piena. Parla di controllo, di manipolazione, di un amore che si è trasformato in una gabbia invisibile. Scrive che, all’inizio, era tutto perfetto. Lui la chiamava «la mia stella». Poi, lentamente, quella stella è stata soffocata. Ogni suo passo era giudicato. Dove vai? Perché lo fai? Chi hai incontrato? Ogni sua scelta era sbagliata. «Io ti amo abbastanza per dirti la verità» le diceva lui. Ma quella «verità» era solo veleno. Un veleno che gocciolava lento, uccidendo ciò che di lei era più prezioso: la fiducia in sé stessa.
Smetto di leggere e alzo lo sguardo verso la finestra. Fuori, il vento scuote i rami spogli di un albero solitario. Mi chiedo: quante persone camminano ogni giorno con catene invisibili? Catene che non fanno rumore, che non si vedono, ma che pesano come macigni. Quante storie come questa rimangono nel silenzio? L’abuso psicologico è subdolo. Non lascia segni sulla pelle, ma incide l’anima con ferite che non guariscono facilmente. Ti porta a dubitare di tutto, soprattutto di te stessa. Ti fa sentire piccola, fragile, sbagliata. E il mondo intorno spesso non vede. Non vuole vedere. Rifletto su quelle parole. «Forse sono io il problema» scrive lei.
Quante volte l’ho sentito dire? Quante volte l’ho detto io stessa, in momenti diversi, davanti a situazioni che mi facevano sentire impotente? Ma davvero è sempre colpa nostra? O è più facile credere che lo sia, perché affrontare la realtà richiederebbe un coraggio che non sappiamo di avere? Mi alzo, vado in cucina e preparo una tazza di camomilla. L’aroma è delicato, rassicurante. Mi siedo di nuovo davanti a questo blog e scrivo queste righe per chiunque leggerà:
Non è facile spezzare il silenzio. Non è facile trovare la forza di parlare, di chiedere aiuto, di gridare quando sembra che nessuno voglia ascoltare. Ma il silenzio è il peggior nemico. Il silenzio uccide più dell’abuso stesso. Se stai leggendo queste parole e ti riconosci in questa storia, voglio che tu sappia che non sei sola. La tua voce conta. Il tuo dolore conta. Il tuo grido sarà ascoltato, anche se ti sembra impossibile. E se sei dall’altra parte, se conosci qualcuno che potrebbe vivere questo, non restare indifferente. Guardare altrove è essere complici. Ascoltare, invece, è l’inizio della salvezza. C’è un ramo di lavanda sul mio tavolo. Mi ricorda che, anche nel caos, può esserci bellezza. Siamo pronti a trovarla e a proteggerla?
Non so chi tu sia, ma voglio credere che questo commento sia arrivata a me per un motivo.
Forse, alla fine, anche le cicatrici possono raccontare una storia di speranza.