Il peso dell’incertezza

Il peso dell’incertezza

Posted on April 8th, 2003 at 2:30 AM | Tags: | 0 Comments

Oggi, come tutti i giorni, mi sveglio con una domanda che mi martella la testa: “Cosa sto cercando?” Non trovo risposta. La mente è avvolta in una nebbia densa, come se il mondo stesse lentamente sgretolandosi, proprio sotto i miei piedi. Non c’è chiarezza, solo una sensazione di vuoto che mi spinge a cercare una ragione, a trovare qualcosa che tenga insieme le cose. Ma non trovo nulla.

Le ore scorrono, e il tempo sembra fuggire più veloce che mai, come se avessi preso una strada senza ritorno, un sentiero che non conosce nessuno. La scuola mi sembra un labirinto senza uscita, dove le equazioni matematiche non sono altro che simboli incomprensibili, e la storia diventa un elenco di date senza significato. Ogni lezione, ogni parola che ascolto sembra rimbalzare nella mia testa senza lasciare traccia, come se non appartenesse a me, come se non mi riguardasse. Non c’è niente che mi faccia sentire parte di questo mondo. Nulla che sembri appartenere alla realtà che sto vivendo. “Perché io? Perché questa confusione?”

Eppure, ci sono quei momenti. Quelli in cui la risata di un amico, o un semplice sguardo, sembrano riempire lo spazio vuoto che c’è dentro di me. Come se l’universo si fermasse per un secondo e mi permettesse di respirare. Ma poi tutto ritorna. La solitudine, il silenzio. È lì che i pensieri diventano più pesanti. La notte arriva, e con lei il buio della mente. È come se, a un certo punto, il mio corpo fosse troppo stanco per alzarsi, ma la mia mente continuasse a correre. A un ritmo frenetico, senza sosta. Non c’è pace. Non c’è respiro. Solo il rumore incessante dei miei pensieri che si mescolano, che si confondono. “Cosa voglio davvero?”

Le canzoni si mescolano nei miei pensieri come un disco rotto. “No Scrubs” dei TLC è in loop, e io non posso fare a meno di ascoltarla. È un rumore di fondo che non smette mai. Ma la verità è che non posso più fare a meno di guardare. Mi costringo a non distogliere lo sguardo da questa realtà che mi fa male, ma che è l’unica che conosco. Questo è il mio viaggio. E non posso are altro che viverlo. “Cosa c’è oltre questo punto?” Qual è il prossimo passo?
La risposta sembra sempre più lontana. Mi perdo. Eppure, continuo a camminare. Ma per quanto tempo?

Come una mappa che si sfalda nelle mani, siamo pronti ad affrontare il cammino che ci aspetta,
oppure ci arrenderemo alla confusione che ci circonda?

Remember me,
Eclipse


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