
Polvere di guerra
Posted on October 7th, 2001 / Rivoluzione / 0 CommentsIl cielo sopra Kabul si è tinto di un rosso crudele. L’aria odora di metallo, di terra arsa, di polvere che si infila sotto la pelle. È una guerra che senti addosso, che non ti lascia mai, neanche quando chiudi gli occhi. Ma chi può chiuderli, davvero? Non ora. Non più. Siamo stati costretti ad aprirli. Ad alzarci, a reagire. È la risposta inevitabile ad un atto che ha lacerato il mondo intero. L’11 settembre non è stato solo un attacco. È stato uno schiaffo contro tutto ciò che credevamo inviolabile. Un pugno sul cuore della libertà. Le bombe cadono, e il loro boato non è solo un suono. È una dichiarazione. È il segno che non accetteremo mai che la paura governi le nostre vite. No, non ci piegheremo. Non rimarremo in silenzio mentre il terrorismo cerca di trascinarci nelle ombre. Eppure, mentre guardo quelle immagini: gli aerei che si alzano nel cielo, le esplosioni che scolpiscono crateri nel deserto, non posso evitare di chiedermi: «Quanto costa questa guerra? Quanto siamo disposti a perdere per vincerla?»
Ma questa non è una scelta. Non lo è mai stata. È una necessità. Gli uomini e le donne che parlano di pace ad ogni costo, di dialogo con chi non comprende altro che la forza, mi fanno venire la nausea. Hanno mai guardato negli occhi un fanatico? Hanno mai provato a negoziare con chi considera il compromesso una debolezza? Non c’è dialogo possibile con chi desidera la tua distruzione. Non c’è pace senza giustizia, e non c’è giustizia senza coraggio. Guardo il mondo, e vedo la divisione. C’è chi grida «No alla guerra!» come se bastasse una scritta su un cartello a fermare i missili. Come se le torri non fossero mai crollate. Come se quelle migliaia di vite non fossero mai state spezzate. Ma io non dimentico. E non perdono. Non possiamo permetterci di perdonare. Perché il perdono, quando non c’è pentimento, è una resa. E noi non siamo un popolo che si arrende. Non l’America, non l’Occidente. Non chiunque creda ancora che la libertà sia il diritto di respirare senza paura.
La guerra è sporca, sì. È feroce. È imperfetta. Ma è anche necessaria. Come una ferita che devi incidere per rimuovere il veleno. Non possiamo lasciare che il terrore diventi una piaga che consuma tutto. Non possiamo restare a guardare mentre il male si radica. Lo so, lo sento. Ogni bomba che cade porta con sé il peso di una scelta. Di una vita spezzata. Di un futuro che si accorcia per qualcuno, da qualche parte. Ma è un prezzo che dobbiamo pagare. Perché la libertà ha sempre un prezzo. E chi non è disposto a pagarlo, non la merita. Non fraintendetemi. Non provo piacere nel vedere corpi tra le macerie. Non c’è gloria in questo. Ma c’è una differenza fondamentale tra noi e loro: noi combattiamo per difendere, loro per distruggere. Noi vogliamo costruire, loro vogliono annientare. E se oggi ci troviamo a bombardare montagne e villaggi, è perché non ci hanno lasciato altra scelta. Non puoi estirpare un tumore senza un bisturi, e a volte il bisturi è fatto di acciaio e fuoco.
Penso ai bambini che cresceranno senza madri, senza padri. Alle donne che soffriranno ancora sotto i veli che non hanno scelto. È per loro che combattiamo. Non per il petrolio, non per il potere, come dicono i cinici. Ma per un’idea. Per un mondo dove nascere donna non significa nascere prigioniera. Dove crescere bambino non significa imparare a odiare. Questo è ciò che ci guida. Questa è la verità che dobbiamo tenere stretta, anche quando il dubbio ci sussurra all’orecchio. E mentre scrivo, la notte si stende come una coperta pesante. Le notizie scorrono sullo schermo, ogni immagine più brutale della precedente. Ma dentro di me c’è una certezza che non vacilla. Abbiamo fatto la cosa giusta. Non perfetta, non pulita, ma giusta. Perché quando il male ti sfida, non puoi voltargli le spalle. Non puoi ignorarlo sperando che scompaia. Devi affrontarlo. Devi combatterlo. È questo che ci rende umani. È questo che ci rende liberi.
E tu? Dove sei, mentre il mondo si spezza e si ricostruisce? Sei pronto a scegliere, o preferisci restare a guardare? Ogni passo che facciamo lascia un segno. Ogni scelta costruisce o distrugge. E ogni silenzio è una complicità. Ma il silenzio non ci salverà. Non questa volta. La guerra finirà, un giorno. E quando accadrà, ci guarderemo indietro e vedremo le cicatrici che avremo lasciato. Ma spero che vedremo anche qualcosa di più: un mondo che ha resistito. Una libertà che ha prevalso. E tu, sarai lì, a testa alta? O ti nasconderai dietro le ombre del rimorso? Forse non avremo mai tutte le risposte. Ma almeno, avremo combattuto.
THE END.
Remember me,
Eclipse