
G8. Sotto il peso della violenza
Posted on July 20th, 2001 / Rivoluzione / 0 CommentsCi sono giorni che non passano, che non vanno mai via, che restano incollati alla pelle, nel cuore, nei ricordi. E il 20 luglio 2001 è uno di quei giorni. Un ragazzo muore, Carlo Giuliani, ma non è una semplice morte. È un atto che grida, che ci sfida. Ed io non voglio nascondere la realtà dietro un velo di pietismo. Non voglio ridurre la sua morte ad una favola di innocenza, perché non era innocente. Era lì con l’estintore in mano, pronto a lanciare l’oggetto contro le forze dell’ordine, pronto a diventare parte di quella follia collettiva che si è scatenata a Genova. Non era il simbolo della protesta pacifica, non era il martire del popolo. Era un ragazzo, come tanti altri, spinto dalla rabbia, dalla frustrazione, da un sistema che non lo ascoltava. Ma la violenza non può mai essere la risposta. E nemmeno la giustificazione.
La polizia, sì, ha sparato. Ha sparato troppo in fretta, senza ragionare. Ma è il gioco della violenza che ha preso piede. Il gioco della reazione immediata, senza riflessione, senza un attimo per fermarsi. E il risultato è una morte. La morte di un giovane, ma anche la morte di un principio fondamentale: quello della responsabilità. Non è solo la polizia ad essere colpevole in quei giorni. Noi tutti, con la nostra rabbia, con la nostra incapacità di dialogare, di fermarci a riflettere. Siamo tutti colpevoli. La violenza ha avuto il sopravvento, e una vita è stata stroncata, non dalla necessità, ma dalla follia di un sistema che si è rivelato incapace di contenere la tempesta che aveva scatenato.
La politica globale, i leader del G8, quei potenti che si riuniscono in nome della sicurezza e della pace, cosa hanno fatto? Hanno lasciato che la violenza esplodesse. Hanno guardato Genova scivolare nell’abisso, senza un gesto, senza una parola che potesse fermare ciò che stava accadendo. E, alla fine, la responsabilità non è solo della polizia, ma anche di loro, degli uomini e delle donne che, da dietro le loro scrivanie, hanno deciso per noi, senza mai chiederci il nostro parere, senza mai preoccuparsi davvero di noi. La morte di Carlo Giuliani non deve essere usata come un simbolo della lotta, non può essere il martirio che alcuni vogliono fare di lui. Era un ragazzo, non un eroe. Non lo dimentichiamo. E non dimentichiamo che la violenza non salva mai nessuno. La violenza uccide. Uccide il futuro, uccide la speranza.
Genova è stata una lezione amara, un colpo duro alla nostra coscienza collettiva. Il G8 continua a decidere senza ascoltare, senza comprendere. E noi, in qualche modo, continuiamo a lottare, ma senza sapere davvero per cosa, o contro chi. Il 20 luglio 2001 è solo una data, ma le sue cicatrici restano e resteranno aperte.
Cosa siamo diventati? Dove ci sta portando tutta questa rabbia?
VIOLENCE.
Remember me,
Eclipse