G8: Genova sotto assedio

G8: Genova sotto assedio

Posted on July 20th, 2001 / / 0 Comments
Potere & Società / Feeling at 7:00 pm

Mi sveglio, e il cielo è ancora grigio. Non sono a Genova, non ora, ma ogni immagine che arrivo a vedere da lontano mi scivola sotto la pelle come il freddo di un mattino senza sole. Lo so che qualcosa sta accadendo. La città, quella città, è un campo di battaglia, ma non lo capisco ancora davvero. Non lo so ancora. Le strade di Genova sono invase da un caos che sembra avere vita propria, e tutto intorno a me, qui, a Loano, è distante, ma vicino come un’ombra che si fa strada attraverso il mio sguardo. Il rumore mi entra nella testa, una scossa che si fa largo tra i pensieri, tra il sonno che non se ne va. Non ho ancora visto nulla di ciò che accadrà, ma lo sento, è nell’aria, come il presagio di una tempesta che non si può fermare. La paura è più concreta di qualsiasi immagine, è una sensazione che cresce, che mi fa stringere i denti, ma è come se avessi la consapevolezza che ogni passo che faremo ora cambierà qualcosa.

Le immagini di Genova sono già dentro di me, senza che io le abbia davvero viste. Sono nella testa dei telegiornali, nelle voci della gente che mi circonda, che non mi guarda, ma continua a parlare di ciò che non comprende. Gli occhi degli altri sono distanti, ma io so che Genova è vicina. Un altro giro di notizie, un altro colpo di scena. La città brucia, e con lei tutto ciò che pensavamo di sapere sulla giustizia, sulla politica, sulle nostre stesse vite. Le strade sono gremite di corpi che sembrano non appartenerci. La polizia è ovunque. Non so più chi sia il buono e chi il cattivo. E le sirene sono solo il rumore del cuore che batte più forte, più velocemente. C’è qualcosa di marcio nell’aria, un respiro affannoso che si mescola al fumo, e non è il fumo dei negozi che bruciano. È il fumo della realtà che ci stiamo costruendo, una realtà che si scaglia addosso come un’onda che non ha paura di travolgerci.

I telegiornali mostrano volti giovani, volti di chi non si arrende, di chi non ha più paura. Non è una battaglia, è una resa. Gli occhi sono pieni di rabbia, e le mani sono alzate, in segno di protesta. È come se il mondo stesse urlando, ma le parole non arrivano. La violenza esplode, cresce, ci invola. La violenza è il linguaggio che ha preso il posto di tutto, e siamo tutti un po’ complici, forse senza saperlo. La violenza diventa il modo per comunicare, diventa l’unica lingua che sembra avere il potere di farsi ascoltare. E più gridiamo, più ci spezziamo, più ci dividiamo. Non capisco più chi ha ragione. Non so più chi stia vincendo. Eppure, mentre tutto accade, sembra che nessuno vinca davvero. I manifestanti protestano per un’idea di giustizia che ormai sembra solo un’ombra, e la polizia reagisce come se l’unica opzione fosse una guerra senza tregua. Eppure, nessuno sta veramente combattendo. Sono solo tutti in guerra contro qualcosa che nessuno sa davvero cosa sia. E mentre le luci delle sirene lampeggiano, ci rendiamo conto che stiamo semplicemente cercando di sopravvivere ad una farsa che sembra non finire mai. E l’unica cosa che cresce è la distanza tra ciò che speriamo di essere e ciò che siamo diventati.

Un ragazzo è morto. Un ragazzo che cercava giustizia, che chiedeva solo di essere ascoltato. Ma ora non si parla più di lui. Non è più una vita, è solo una delle tante tragedie che verranno dimenticate. La sua morte non è che il simbolo di un fallimento collettivo. Nessuno sa più come fermare tutto questo. Eppure, le parole che si rincorrono nei giornali domani non ci diranno nulla che non sappiamo già. La colpa non è di chi è morto. Non è di chi protesta, né di chi reprime. È della violenza che ha preso piede in ogni angolo, in ogni gesto. È della violenza che si insinua nelle nostre vite, nei nostri corpi, nelle nostre parole. La violenza che ci rende ciechi. Che ci fa credere che l’altro sia il nemico, che l’altro non abbia diritto di esistere. Eppure, siamo tutti complice di questa farsa. La domanda resta. Chi ha il coraggio di guardarsi davvero allo specchio, di affrontare la verità che ci sta distruggendo? E se non la vediamo, cosa ci sta ancora salvando?

Genova.
Remember me,
Eclipse

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