Ferite invisibili, abbracci universali

Ferite invisibili, abbracci universali

Posted on March 11th, 2004 / / 42 Comments
Potere & Società / Feeling endorphin-reactive at 9:00 pm

A volte il mondo si sgretola all’improvviso, senza un avviso, senza una crepa che ne annunci il cedimento. Eppure crolla. Si affloscia come un palazzo sventrato, lasciando dietro di sé solo polvere, macerie e un’eco sorda che si insinua tra i pensieri, scavando cunicoli dove si annida il dolore. Lo senti addosso anche se sei lontana, anche se sei al sicuro, anche se non ti tocca direttamente. Lo senti, e basta. E non se ne va. Siedo davanti alla televisione. Lo schermo trasmette immagini in sequenza, come colpi. Il volume è basso, ma è come se urlasse. Ogni parola attraversa l’aria come una scheggia. Bombe. Stazioni. Sangue. Madrid. Le voci dei giornalisti si rincorrono, si sovrappongono, si frantumano l’una sull’altra. Un collage di dolore confezionato per essere digerito in pochi minuti. Ma io non digerisco. Io sento ogni sillaba come un pugno, ogni immagine come una lama. Le notizie arrivano veloci, troppo veloci, e lasciano dietro di sé una scia di silenzio. Il caffè sul tavolo si è raffreddato, ma continua a emanare un profumo che si confonde con l’odore del legno, della casa, della routine. Un odore che tenta, invano, di ricordarmi che la vita va avanti, anche quando tutto intorno sembra crollare. Fuori, Milano è muta. Una città che respira piano, come se anche lei sapesse che altrove il cuore del mondo ha smesso di battere. Le immagini scorrono e io non riesco a distogliere lo sguardo. Volti spaventati, corpi coperti da coperte termiche, lacrime che nessuno può asciugare. Un binario deserto, un bagaglio lasciato a metà corsa. Un telefono che squilla e nessuno risponde.

Madrid è vicina, anche se non ci sono mai stata. È dentro di me, adesso. Nelle vene, nella gola, nel tremore delle mani. Madrid è un dolore che non ha passaporto. Mi alzo. Il pavimento è freddo sotto i piedi. Cammino senza sapere dove sto andando. Ogni passo è un tentativo di fuga, ogni angolo della casa diventa un rifugio troppo stretto per contenere tutto quello che provo. Mi muovo per non crollare. Mi muovo per non gridare. Ogni rumore diventa un’eco che si perde, ogni pensiero un colpo che rimbalza e torna indietro più forte. Penso a loro. A quelli che aspettavano un treno. A quelli che correvano in ritardo. A quelli che avevano un appuntamento, un figlio da andare a prendere, una cena da preparare. A quelli che sono stati strappati alla vita nel momento più normale del giorno. La normalità. Quel lusso che non apprezziamo finché non ce lo portano via. Penso a chi ha guardato negli occhi la morte senza capire. A chi ha sentito solo un boato. A chi non ha avuto il tempo di sentire nulla. Mi avvicino alla finestra. Il vetro è freddo, eppure lo sfioro con le dita come se cercassi un appiglio. Le luci della città sembrano sfocate, ovattate. L’asfalto riflette una malinconia che non sa spiegarsi. Un uomo passa sotto il lampione. Cammina lento, la testa bassa. Non so chi sia, ma so che sente anche lui. Lo sentiamo tutti. È qualcosa che ci attraversa, che ci accomuna, anche se facciamo finta di nulla. Anche se ci diciamo che succede altrove. Anche se cambiamo canale.

Madrid è una ferita che sanguina ovunque.

Torno a sedermi. Il caffè è ormai freddo, ma lo bevo ugualmente. Lo porto alle labbra con una sorta di ostinazione, come se il gesto potesse restituirmi qualcosa che ho perso. Il sapore è amaro, più del solito. E dentro quell’amarezza c’è tutta la consapevolezza che certi dolori non si addolciscono. Che non c’è zucchero sufficiente per lenire certi vuoti. Lo bevo per sentire qualcosa. Per sentire che sono viva. Anche se non so cosa farmene, adesso, di questa vita che mi pare stonata. Spengo la televisione. L’oscurità si espande come un respiro trattenuto troppo a lungo. Non è buio, è un’assenza. È un vuoto che prende forma. La stanza sembra più grande, adesso. Ma non è vero. È solo più vuota. Rimangono i pensieri, come ombre che si allungano sui muri. Quante vite svanite in un istante. Quante possibilità cancellate senza un perché. Quanti nomi che nessuno ricorderà. Quante mani che non stringeranno più. Quanti addii mai pronunciati. Ed io qui. A osservare da lontano. A sentirmi piccola, inutile, colpevole forse, di questa distanza che non consola. Di questa impotenza che mi stringe la gola come un nodo. Di questa rabbia che non trova sfogo. Mi chiedo – no, non mi chiedo nulla. Non ho risposte da cercare. Non cerco redenzione. Cerco solo di restare in piedi. Di non lasciarmi sopraffare da quello che sento. Di non cedere al cinismo, alla rassegnazione, alla voglia di smettere di sentire.

Il mondo cade, e io cerco di restare. Cerco di essere presente, anche nel dolore. Anche nella confusione. Anche quando tutto è troppo. Cerco di dare un senso a ciò che senso non ha. Non per capire, ma per continuare. Per non lasciare che tutto passi invano. Perché ogni volto che ho visto, ogni storia spezzata, merita almeno questo: che qualcuno senta. Che qualcuno scriva. Che qualcuno non dimentichi. Il buio non cancella. Illude. Nasconde. Ma sotto la pelle della notte, le cicatrici brillano. Le storie restano. E anche se nessuno le ascolta, anche se il mondo va avanti, io le porto con me. Cammino con loro. Scrivo con loro. Vivo con loro. Madrid respira dentro di me. E non smette.

• Remember me,
Eclipse •

42 Responses


  1. Rex

    Ti leggo e non mi incazzo. Già questo è un miracolo. Hai preso anche me.

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  2. Eclipse

    Ci sono parole che scavalcano persino la rabbia. E io ti ringrazio per averle accolte. Grazie di cuore. Eclipse

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  3. Yu

    Non so bene cosa dire. Però ora voglio andare a guardare il cielo. Forse Madrid è anche lì, tra le stelle… Bellissime parole Bambola

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  4. Eclipse

    Madrid è ovunque qualcuno ne sente il peso. E le stelle non dimenticano. Grazie per questo sguardo, Yu. Eclipse

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  5. Anny

    Ho letto e poi ho riletto. E poi mi sono alzata, ho acceso una candela e l’ho lasciata bruciare. Per chi non può più farlo. Per chi non ha più tempo. Per tutte le vittime… <3

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  6. Eclipse

    Hai compiuto un gesto immenso, Anny. In silenzio, ma colmo di voce. Anche questo è scrivere. Anche questo è vivere. Grazie per esserci, come sempre. Eclipse

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  7. Novata

    Ho letto in silenzio. E adesso ascolto il silenzio. Come se potesse parlarmi davvero. Grazie per essere te.

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  8. Eclipse

    Il silenzio dice più di quanto crediamo. E tu hai saputo ascoltarlo. Ti ringrazio profondamente per questo. Eclipse

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  9. Mateus

    Hai descritto l’assenza come una presenza invadente. Geniale. Mi hai spiazzato. Bellissime parole, non smettere MAI di scrivere.

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  10. Eclipse

    L’assenza sa essere ingombrante, sì. Sa farsi spazio come un’ombra che non si scrolla mai di dosso. Grazie per averla vista. Grazie per essere qui. Eclipse

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  11. VelvetMoon

    Le tue parole brillano nel buio. Come quei treni che non arrivano più.

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  12. Eclipse

    E ogni treno che manca lascia una scia. A volte basta seguirla per non perdersi del tutto. Grazie per la tua luce, VelvetMoon. Eclipse

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  13. Marty

    Mi tremavano le dita mentre leggevo. Sarà scemo, ma mi è successo. E il caffè che avevo davanti non lo toccherò più, oggi.

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  14. Eclipse

    Non è scemo, Marty. È umano. Ed è raro. Quel tremore è presenza, è consapevolezza. Ti ringrazio di cuore per essere entrata in questa stanza con me. Eclipse

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  15. Babilon

    Il tuo post è come un quadro di Bilal. Ombre, sguardi, un’eco costante. E quel blu freddo che racconta più del rosso del sangue.

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  16. Eclipse

    Bilal… conosco quel blu. Quello che racconta senza mai mostrare del tutto. Grazie per averlo visto anche qui. Grazie per essere passata nel mio spazio. Eclipse

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  17. Storm

    Mi hai tolto le parole dalla bocca e le hai rese più vere. Fa male. Ma mi fa bene. AMO TE e il tuo modo di scrivere.

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  18. Eclipse

    Quando il dolore fa bene, allora ha trovato casa. Grazie per essere passato da qui. Eclipse

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  19. Nicole

    Mi fa male leggere, però non riesco a smettere. Come quando ti fai male a un dente e ci ripassi la lingua. È stupido? Forse. Ma è vero.

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  20. Eclipse

    Non è mai stupido sentire, Nicole. È la cosa più vera che possiamo fare. Grazie per essere passata, per aver avuto il coraggio di non girarti dall’altra parte. Eclipse

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  21. Elikatera

    Non so se ti invidio o ti odio per quanto riesci a scrivere. Io davanti a tutto questo mi incazzo e basta.

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  22. Eclipse

    Anche l’incazzatura è una forma di amore, Elikatera. Di quelle feroci, che non sanno dove mettere le mani. Grazie per il tuo passaggio sincero, sempre. Eclipse

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  23. Lunotta

    E io che oggi volevo scrivere di biscotti e risate. Poi leggo te. E mi sento piccola. E grata.

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  24. Eclipse

    Ogni parola ha il suo tempo. Anche i biscotti e le risate ci servono. Ma oggi, grazie per aver condiviso questo spazio più denso. Ti abbraccio, Eclipse

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  25. Aly

    Non ho più parole. Solo fumo nella gola e occhi stanchi. Certe ferite sono scritte nel sangue, non servono più le frasi.

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  26. Eclipse

    Hai ragione, Aly. Ci sono momenti in cui anche le parole devono tacere. Ed è lì che si fa spazio il vero. Grazie di essere qui, di condividere il silenzio. Eclipse

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  27. Billa

    Tutto quello che hai scritto è una carezza ruvida. Fa male ma non riesco a smettere di volerla.

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  28. Eclipse

    Le carezze che lasciano segni sono le uniche che restano davvero. Grazie per averla accolta. Grazie per avermi letta. Eclipse

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  29. Mr White

    Analisi perfetta di un dolore sistemico. L’empatia come forma estrema di comprensione. Scritto magistralmente. Bellissime parole, anche se pesanti da digerire.

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  30. Eclipse

    Grazie, Mr White. L’empatia è un linguaggio che non ha regole, ma sa esigere tutto. Sono grata per la tua lucidità e la tua presenza. Eclipse

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  31. Ila

    Ho letto e poi sono rimasta ferma a fissare il muro. A volte mi capita, ma questa volta non volevo più smettere. E’ una cosa che non sopporto leggere.

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  32. Eclipse

    Restare fermi è già un movimento, Ila. Un modo diverso per respirare. Grazie per avermi lasciato entrare anche lì, in quel silenzio. Eclipse

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  33. Kassandra

    Mi fa paura quanto dolore riesci a tenere insieme senza crollare. O forse stai crollando anche tu e non ce lo dici.

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  34. Eclipse

    Forse sì. Forse crollo pezzo dopo pezzo. Ma scrivo per raccoglierli. E tu li hai raccolti con me, oggi. Ti ringrazio. Eclipse

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  35. Cenny

    Non riesco a non piangere. Le tue parole mi hanno aperto un cassetto che tenevo chiuso da tempo, dall’11 settembre 2001. Dentro c’era rabbia, paura, e tanta voglia di stringere qualcuno. Che odio questo mondo!!!!!

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  36. Eclipse

    E allora stringi, Cenny. Anche solo un pensiero, anche solo un nome. Le lacrime sono vere quando raccontano. Ti ringrazio per aver lasciato una parte di te qui. Eclipse

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  37. Echo

    Il dolore ha la tua voce, oggi. Sottile, lenta, inesorabile. Mi ha raggiunta tutta. Un bacio alle vittime.

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  38. Eclipse

    Lascia che resti un po’ anche lì, in te. Non per ferire, ma per ricordare. Grazie di essere passata. Eclipse

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  39. Alexiel

    Lo sento tutto, sai? Madrid è diventata la NOSTRA città anche se non l’abbiamo mai calpestata. Ogni tua parola è come un frammento che si incastra nella mia mente, con delicatezza e dolore insieme. Come dicevano altri, non smettere mai di scrivere.

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  40. Eclipse

    È così che si resta vivi, Alexiel. Facendo spazio dentro di noi per ciò che non ci appartiene direttamente ma che ci riguarda, come se fosse carne nostra. Grazie di essere ancora qui, di portare tutto questo con me. Un abbraccio eterno da questo spazio che chiamiamo blog. Eclipse

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  41. Debbh

    Madrid è diventata una delle mie città del cuore proprio oggi. Non per i monumenti, ma per il silenzio che sento quando ci penso. Mi spiace moltissimo per le vittime.

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  42. Eclipse

    Ci sono città che ci entrano sottopelle attraverso le ferite degli altri. E lì restano, come cicatrici. Grazie per averlo scritto, Debbh. Grazie di cuore. Eclipse

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