Essence

Essence de moi
C’era una volta il silenzio, ed era profondo, quasi intangibile. Nessuno mi aveva mai detto che il tempo non avesse suono, che scorresse senza fare rumore, senza chiedere permesso. Non ci avevo mai pensato, non fino a quel momento in cui mi accorsi che respiravo senza pensarci, come se fosse qualcosa che avevo sempre fatto, fin da quando ero bambina. Non c’era nulla di straordinario, ma c’era una sensazione: un movimento che sentivo sotto pelle, una vibrazione che non riuscivo a fermare. Ogni passo che facevo, era come un battito che continuava a crescere, come se il respiro dell’internet fosse sempre stato dentro di me.
Era 1998. Io e il mio iMac G3, con la sua carcassa colorata che mi sembrava un mondo tutto da scoprire, eravamo una cosa sola. La connessione 56k sembrava l’inizio di una nuova era, un grido quasi preistorico che mi chiamava, un suono che, ora che ci penso, non è mai andato via. Non lo sentivo più, ma l’ho respirato. Ogni pixel sullo schermo era una finestra aperta su un universo che stava nascendo. Ed io, a quattordici anni, ero già lì dentro, in qualche modo, come se il mondo fosse finalmente il mio. La mia prima pagina web non era niente, davvero niente. Ma ogni suo errore, ogni linea di codice sconnessa, aveva qualcosa che mi faceva sentire viva. Non l’avrei mai definita una creazione. Forse una scommessa, o meglio ancora un grido silenzioso di chi cerca un posto dove stare, un angolo dove esistere senza domande, senza risposte. Non mi importava nulla del resto del mondo. Quel caos di colori, quello schermo che mi illuminava il viso, era tutto ciò che desideravo.
Poi è arrivato Alexiel, è arrivato RedRival, ed è arrivata quella sensazione di essere nel posto giusto. Le mani tremanti mentre sistemavo i colori, inconsapevole che quello fosse il mio primo passo nel design, in quel mondo che avrei imparato a conoscere, ad amare. Forse non era arte, ma era il mio modo di esistere. Un angolo di rosa e azzurro, quei colori che oggi sembrano sfida, ma che allora erano solo un riflesso di chi volevo essere. Un ritratto che non si vedeva. Non lo vedevo neanch’io, ma era lì, nel mio cuore, nel mio schermo. E poi è arrivato Splinder, e con lui la voglia di urlare senza parole. Non era più solo scrivere. Era dare un corpo, una forma alla mia esistenza. Il blog, le cam, i riflessi di un’identità che si faceva strada attraverso lo schermo. Ma non era così semplice. Non era mai stato semplice. Quella mano che tremava mentre scrivevo, quel tasto invio che era più di un comando… Ogni parola che lasciavo scorrere aveva il sapore della libertà, come se la scrittura fosse l’unico posto dove potevo essere completamente me stessa.
Nel 2004, il mio primo dominio: Essencedemoi.com. Era come una nascita, una rinascita. Non ricordo bene il momento in cui il sito è diventato il mio rifugio, ma so che era lì, un angolo di mondo che mi apparteneva. Non erano solo pixel, non erano solo righe di codice. Era la mia anima, la mia vita. Ogni pixel che componeva il sito mi rappresentava, senza doverlo dire. Non c’era bisogno di spiegare nulla. Quello che facevo, quello che ero, era in ogni click, in ogni modifica. Ogni notte passata a scrivere, a creare, a cercare un senso in quel flusso che sembrava inarrestabile. Eppure, nonostante tutto, c’era chi non capiva. Chi vedeva solo la superficie. Vedeva solo una ragazza dietro la webcam, non vedeva il mio mondo. Non vedeva la mia ricerca, la mia passione, la fatica che ci mettevo. Vedevano un corpo che scriveva, ma non la mente che pensava. Eppure non importava. Non importava perché quello che avevo creato era per me. Era il mio mondo.
Ogni sito che ho costruito è stato una dichiarazione, un’urgenza che non sapevo spiegare. C’era una parte di me che parlava solo attraverso quel codice, quella grafica, quel blog che mi ha dato la possibilità di raccontare senza paura. Ma non è mai stato facile. Ogni passo è stato un rischio. Ogni parola scritta una possibilità di ferirmi, di farmi giudicare, di essere infranta. Ma non mi sono mai fermata. Eppure, in quel flusso di creazioni, in quel vortice di emozioni, c’era una certezza che mi accompagnava: il mondo mi vedeva, mi giudicava, mi riduceva a uno schermo, a una maschera. Eppure io ero lì, dietro quella facciata, a cercare di restare intera. Non cercavo approvazione, non cercavo un pubblico. Cercavo solo me stessa, cercavo di dare un corpo a ciò che sentivo, cercavo di non essere invisibile. E nel farlo, ho trovato una forza che non immaginavo, una resilienza che mi ha permesso di continuare, di non smettere mai.
Il mio sito, le mie parole, il mio angolo di internet, sono la mia storia. Non è perfetta. Non è sempre bella. Ma è vera. Ogni notte, ogni giorno, ogni respiro mi ha portato fin qui. Eppure non è finita. Non finisce mai. Non mi arrendo. Non posso. E continuo a scrivere, a creare, ad inseguire quel respiro che non smette mai di fluire, anche quando sembra che tutto sia fermo.
Ma perché continuo? Perché non mi fermo mai? La domanda resta sospesa. La risposta non c’è. Ma la ricerca, quella continua. Come un passo che non si ferma, come un sogno che non ha mai fine. E mi chiedo: cosa sarebbe successo se avessi smesso di scrivere? Cosa sarebbe successo se avessi smesso di lottare per quel posto dove sono finalmente me stessa? La risposta non c’è, e forse non ci sarà mai. Ma intanto continuo. Continuo a respirare, a scrivere, a cercare.
Ogni Essence de Moi è una riflessione profonda su vari aspetti di me stessa, una narrazione fluida che rivela la complessità, il mistero, e la continua evoluzione del mio essere. Queste storie si intrecciano tra loro, creando un mosaico che mi definisce senza completarmi mai del tutto, mantenendo sempre una tensione, una ricerca che non si ferma mai.
01
Riflessioni sull’incompiuto
Non mi interessa che gli altri vedano la perfezione. Cosa significa veramente essere perfetti? Ogni errore, ogni segno lasciato sul mio cammino, è una traccia di ciò che sono diventata. La perfezione è un concetto che ho messo da parte, con una sorta di ribellione sottile, quella stessa ribellione che non ha bisogno di dichiararsi apertamente, ma si fa sentire in ogni piccolo gesto. Perché essere perfetti significa voler essere qualcosa che non siamo mai destinati a diventare. Io sono l’incompiuto, il movimento che non smette mai, ed ogni parte di me che non si completa è solo un invito ad andare avanti. Il mio percorso è interrotto e continuo. La perfezione sta nell’essere sempre un passo oltre, senza mai fermarsi, senza mai accontentarsi.
02
Il Ritmo della Solitudine
La solitudine non è per me una condanna, ma uno spazio vitale. Non la cerco mai in modo drammatico, ma la accolgo come una compagna di viaggio. La solitudine è la mia capacità di essere con me stessa senza paura, senza dover spiegare nulla. Ogni volta che il mondo fuori mi sembra troppo rumoroso, so che posso sempre rifugiarmi in quel piccolo angolo di silenzio. È lì che mi trovo, lì che mi riscopro. Non è mai un vuoto, ma un respiro. La solitudine mi consente di esplorare il mio mondo interiore senza distrazioni. E quando torno, dopo aver fatto i conti con me stessa, lo faccio con più forza, con più consapevolezza di chi sono. Ma non è mai una fuga, è un ritorno a me, ogni volta.
03
La Scelta della Contraddizione
La mia natura è un intreccio di contraddizioni. Posso sembrare calma, ma sono sempre in movimento, come un fiume che scorre sotto una superficie tranquilla. Non sono mai univoca. Eppure, in questa confusione di immagini e sentimenti, c’è un’intensità che solo io posso capire. Sento la vita in modo più profondo, più incisivo. A volte sono la tempesta, altre il silenzio, ma non c’è mai confusione. È una danza che solo io so fare, eppure la gente è sempre sorpresa di trovarmi lì, al centro di tutto, in un equilibrio che sfida la logica. Non sono mai solo ciò che appaio, e forse è proprio questa la mia forza: quella di essere incomprensibile, sfuggente, ma sempre autentica.
04
La Forza del Non Detto
Ci sono parole che non servono, sentimenti che non si spiegano. Ma io li sento. Sono come correnti sotterranee che attraversano la mia vita, invisibili ma potenti. Non è sempre necessario parlare, a volte basta uno sguardo, un gesto, una riflessione in silenzio per dire tutto. Non mi piace l’ovvio, non mi interessa quello che è scritto, e forse è proprio per questo che spesso mi trovo a dare più valore al non detto. La comunicazione è fatta di sguardi, attimi, di emozioni che non devono essere spiegate, ma che si percepiscono come un respiro condiviso. La forza del non detto è quella che mi rende unica, che mi permette di esprimere ciò che non può essere contenuto nelle parole.
05
Il Viaggio senza Meta
A volte mi sembra che la vita sia solo un viaggio senza meta, eppure non è la destinazione che conta, ma ogni passo che faccio. Ogni scelta, ogni errore, ogni ritardo nel cammino è parte di qualcosa di più grande che non posso ancora vedere chiaramente. Non ho mai cercato una meta definita, ma ho sempre avuto la sensazione che tutto ciò che vivo mi porti sempre più vicino ad una verità che è difficile da esprimere. La mia vita è fatta di domande, di viaggi non compiuti, di esperienze che non mi hanno mai dato risposte facili. E forse è proprio questo il bello, il fatto che non c’è mai una fine, ma solo un continuo divenire, un movimento ininterrotto verso un orizzonte che cambia ogni volta che lo guardo.