La paura è come un respiro trattenuto, e non possiamo far altro che sentirla espandersi nell’aria. Non è qualcosa che si può razionalizzare, ma qualcosa che si sente nel corpo, sotto pelle, come un brivido che non trova pace. È così che mi trovo a vivere questa notte. A guardare fuori dalla finestra, nella penombra, e ad ascoltare il suono del mio respiro che non si ferma, ma che sembra sfuggire al controllo. 01:39. Un orario che non è mai stato così simbolico. Il tempo che segna la fine di un giorno e l’inizio di qualcosa di indefinibile. Qualcosa che non avremmo mai potuto immaginare. Il governo ha parlato. Ha annunciato linee guida. E le sue parole non sono più rassicuranti, non sono più parole di protezione generica. La minaccia è concreta, e la guerra, che ci sembrava lontana come un ricordo ingiallito, è ora a portata di mano. Non c’è più tempo per restare indifferenti. La guerra è qui, e il governo ci avvisa: prepariamoci.
Mi rimbalza nella testa la voce del ministro della Giustizia, David van Weel: «L’aggressione russa si sta espandendo. La NATO è coinvolta, anche l’Olanda lo sarà, se non direttamente, almeno indirettamente». Mi fermo. Le parole non mi raggiungono immediatamente. L’Olanda, sempre neutrale, sempre lontana da tutto questo. L’Olanda che ha sempre avuto il privilegio di restare indifferente. Eppure, adesso, è il mio paese a dover cambiare. Perché, ora, la guerra non è più una possibilità, è una realtà che ci tocca. Cosa posso fare con questa sensazione che mi attanaglia? Non ci sono risposte semplici. Il governo dice di prepararsi, di fare scorte di cibo, di dotarsi di radio a batterie. Ma prepararsi per cosa? Per un nemico che non vediamo? Per un conflitto che non sappiamo come ci cambierà? Mi alzo, guardo fuori dalla finestra, e dentro di me sento un freddo che non ha nulla a che fare con la temperatura. È un freddo che nasce dal pensiero di un mondo che sta per crollare, e io non sono pronta a fare nulla di diverso. Il mondo fuori è uguale a ieri. Le luci delle case sono spente, le strade deserte. Eppure, in questa quiete, qualcosa si fa sentire. Una tensione che non si vede, ma che è lì. È nelle ossa. Come posso prepararmi per l’impossibile?
La città è silenziosa, ma il mio cuore batte come un tamburo. C’è una vecchia fotografia sul comodino. La guardo. Sono io, un tempo in cui credevo che la vita potesse essere sempre così. Spensierata, immutabile. Ma ora, quella foto sembra un’altra vita. Un’altra Alice. Sento la solitudine come una presenza. Cosa cambia in me, ora? Cosa farò quando dovrò affrontare il futuro che non mi aspettavo? La paura mi avvolge, ma non so se la paura è per la guerra, o per l’idea che nulla ci possa mai preparare a ciò che veramente conta. Siamo davvero pronti? Il governo ci dice di essere pronti. Ci dice che dobbiamo avere scorte, che dobbiamo proteggere noi stessi. Ma come si fa a prepararsi per qualcosa che non conosciamo? Non è forse un’illusione quella di prepararsi? Perché, in fondo, siamo sempre stati vulnerabili. Siamo solo riusciti a mascherare questa vulnerabilità con il comfort e la sicurezza della quotidianità. E ora, quando tutto sta cambiando, cosa ci rimarrà?
Mi fermo di nuovo. L’Olanda sta cambiando, e io non so più chi sono in questo cambiamento. Cosa siamo, noi, se non quello che crediamo di essere? Siamo quelli che vivono senza sapere, senza essere veramente pronti per nulla. E se domani dovessimo alzarci e combattere? Non solo con le armi, ma con le emozioni, con il cuore? Come sopravvivere a qualcosa che non sappiamo nemmeno se potrà toccarci davvero? La paura si fa più forte. Come un eco che non smette mai di rimbombare, come un ricordo che non voglio affrontare. La guerra è solo una delle facce della nostra esistenza. Ma noi, quando finirà questa calma, chi saremo? Come cambieremo? Non possiamo prepararci, perché la vita è sempre un atto di coraggio, un salto nel vuoto, e non importa quanto possiamo cercare di proteggerci. Cosa faremo quando non ci sarà più nulla da preparare?
La pace è un’illusione. E noi, quando finirà, chi saremo? Saremo ancora quelli che credevano che nulla sarebbe mai accaduto? O saremo qualcosa di diverso, forgiati dalla necessità di affrontare l’impossibile? La guerra non è lontana. È qui. E ci sta guardando. E quando guarderemo negli occhi ciò che davvero ci minaccia, cosa vedremo in noi stessi?
THE END.
Remember me,
Eclipse