
Crisalide di Luce
Posted on March 27th, 2025 / Poesia / 0 CommentsOggi, Amsterdam si è svegliata come un dipinto appena finito, quella luce dorata che si riflette sui canali, il cielo che sembra sfiorare il mondo come un velluto. Sono passata per la zona di Plantage, dove il respiro della città è più lento, più profondo. Ogni angolo emana una quiete che sembra proteggere il movimento frenetico della vita, come se tutto fosse sospeso in una bolla, dentro la quale il tempo scorre con un ritmo diverso. Qui, ogni passo che faccio è come una danza con le ombre lunghe degli alberi che si allungano lungo le strade. Il suono dei miei passi, l’eco che rimbalza sui mattoni, è l’unica musica che mi accompagna. Ho camminato lungo il giardino botanico, il profumo delle piante che mescolandosi nell’aria si fanno carezza per i sensi. Una giornata senza vento, senza rumore. Solo il silenzio di chi sa che la bellezza non ha bisogno di essere annunciata. Il mondo si svela piano, senza fretta, come un quadro che si dipinge da sé, a tratti. Mi sono fermata per un momento a guardare gli alberi, quei giganti silenziosi che sembrano aver visto tutto. E tra le fronde, un battito d’ali, leggero, quasi impercettibile. Non sono farfalle, ma bruchi. Sì, proprio così, bruchi. Non amo le farfalle, mai. C’è qualcosa di così effimero, di così fragile in loro, che mi sembra quasi inaccettabile. Le farfalle sono qualcosa che sfugge, che vola via troppo velocemente, e io non amo ciò che fugge. Ma i bruchi, sì, i bruchi sono lenti, determinati. Si trasformano lentamente, senza fretta. Sanno che la bellezza ha bisogno di tempo, di pazienza. E oggi, mentre camminavo, avevo voglia di essere un bruco, di non volare via, di trasformarmi in silenzio.
La giornata continuava, il cielo più azzurro di quanto avessi mai visto, e ogni respiro che prendevo sembrava riempirsi di una bellezza quasi eccessiva, una bellezza che si sente nel cuore e che ti rende un po’ più fragile. Ogni angolo di Plantage racconta qualcosa, un dettaglio che si fa storia, e anche qui, tra il verde, tra i fiori, tra la luce che gioca sui mattoni, tutto parla. La città parla. Amsterdam parla. Parla a chi sa ascoltarla. A un certo punto, mi sono seduta su una panchina. Non una panchina qualsiasi, ma una di quelle che sembrano fatte apposta per chi sa fermarsi. Per chi sa che la bellezza non si trova solo negli angoli di un giardino ben curato, ma nelle sfumature imperfette, nei rumori silenziosi, nei momenti che non si raccontano mai. Qui, ho pensato che forse, a volte, la vita ha bisogno di essere un po’ più bruca, di prendersi il tempo per crescere, per cambiarsi, per diventare qualcosa di più grande e più bello senza bisogno di correre. E mentre pensavo a questo, a come il mondo si trasforma in silenzio, ho visto un altro bruco, appeso su un filo invisibile. L’ho guardato per un po’, in quella sua lentezza, in quella sua pazienza, in quella sua costanza che non chiede altro se non di essere se stesso. E ho pensato che anche noi, a volte, siamo un po’ così, come bruchi, in attesa di qualcosa che ci permetta di spiccare il volo, ma senza la fretta di arrivare da nessuna parte. È nel processo che siamo davvero vivi. È nel movimento che non si ferma che scivola fuori la vera essenza.
Oggi, tra il verde dei giardini, il cielo immenso sopra, ho respirato tutto questo, tutto ciò che è invisibile, ma che per qualcuno come me è visibile in ogni dettaglio. Non è una farfalla a farmi sentire viva, è il bruco. Il bruco che si trasforma con una pazienza che non chiede nulla se non di esserci, nel suo tempo, nel suo mondo. La città oggi mi ha parlato in questo modo. Senza parole, senza rumori. Amsterdam è questa: silenziosa, ma piena di voci che solo chi sa ascoltare può sentire. Come il bruco, che sa che il cambiamento arriva, ma arriva al suo tempo.
THE END.
Remember me,
Eclipse