
Capodanno 03/04
Posted on January 1st, 2004 / Celebrazioni / 10 CommentsLa notte ha il sapore del sale e del tempo che non si lascia afferrare. Genova respira nel buio, la sua pelle di pietra e mare si distende sotto il peso di un’aria che porta il sussurro di storie dimenticate, di promesse fatte e mai mantenute. C’è qualcosa che pulsa nel ventre della città, una corrente sotterranea che spinge le persone a cercarsi, a sfiorarsi, a perdersi senza sapere se vorranno ritrovarsi. L’inverno sembra un’illusione, eppure è lì, nei fiati sospesi nell’aria, nei passi che risuonano contro le facciate secolari, nei lampioni che disegnano ombre incerte sull’acciottolato umido. T. non ha detto una parola quando ha afferrato la mia mano. Un gesto deciso, senza esitazione. Un comando silenzioso che non ammetteva rifiuti. Le sue dita erano calde, solide, un’ancora nell’indefinito di quella notte. Il porto si estendeva davanti a noi, uno specchio d’acqua nero increspato dai riflessi delle luci lontane. Il brusio delle persone si mescolava al respiro della città, creando una sinfonia di vita che si muoveva all’unisono. Sapevo che stavamo per attraversare un confine invisibile, quello che separa il presente dal ricordo, il reale dal possibile. E non c’era più niente che potesse fermarci. I fuochi d’artificio squarciano la notte. Lampi di luce esplodono nell’oscurità, disegnano costellazioni che durano il tempo di un battito di ciglia prima di dissolversi nel nulla. Il cielo si accende, si frantuma, si ricompone in una danza di colori che pare un ultimo disperato tentativo di fermare il tempo. Ogni scintilla è un frammento di sogno che si consuma nell’aria. E io resto lì, con il fiato sospeso, a sentire il rumore sordo dell’istante che si sgretola tra le dita. La magia di quei momenti non è nella loro bellezza, ma nella consapevolezza che stanno già morendo mentre li vivi.
E poi, l’unico silenzio possibile. Quello che segue l’eco dell’esplosione, che avvolge tutto in una calma irreale. È in quel vuoto che sento la sua mano stringersi di più. Mi volto e trovo i suoi occhi. Dentro c’è tutto: il peso delle parole non dette, il tempo che ci ha sfiorato senza mai toccarci veramente, la paura di ciò che potrebbe essere e di ciò che non sarà mai. Il sorriso di T. non è un gesto, è un respiro, una pausa nel caos del mondo. Un istante prima del precipizio. Il bacio arriva come un sigillo su qualcosa che non sappiamo nemmeno definire. Non è solo un contatto, è una sentenza. Qualcosa si spezza e qualcos’altro si ricompone in una forma che non riconosco. Il suo sapore è quello di una promessa non pronunciata, di una certezza che non chiede conferme. È la sensazione di cadere senza sapere se ci sarà una rete a fermarti. E non importa. In quell’attimo, nell’universo chiuso di quel gesto, tutto il resto scompare. Non esistono domande, non esistono risposte. Solo il calore della sua pelle contro la mia, il battito accelerato di due cuori che provano a sincronizzarsi, il respiro trattenuto nel timore di rompere l’incantesimo.
Eppure, anche nell’assoluto di quel momento, c’è qualcosa che manca. Un’assenza sottile che si insinua nei pensieri, una crepa invisibile che si allarga piano. È il vuoto che segue la pienezza, l’eco di ciò che non può essere trattenuto. Ci stacchiamo lentamente, e il mondo riprende il suo corso. La folla continua a scivolare intorno a noi, le risate si disperdono nell’aria, il mare resta lì, immutabile, a osservare il nostro tentativo disperato di fermare l’inevitabile. Ma la notte non concede tregua, non permette ripensamenti. Ci ricorda che tutto scorre, che nulla resta davvero. L’istante si frantuma. Il porto, le luci, i suoni tornano ad avvolgerci come una marea che risucchia ciò che aveva concesso per un breve, brevissimo momento. Avrei voluto restare lì, sospesa nell’eterno, ma la realtà è una sentenza che non si può evitare. Il tempo riprende il suo corso, inarrestabile. E io resto con la sensazione che qualcosa sia sfuggito, che ci sia sempre un pezzo che non si riesce a trattenere, un frammento che si perde nel flusso inarrestabile della vita.
Perché è sempre così. Viviamo attimi che sembrano bastare a se stessi, ma subito dopo ci accorgiamo che ci lasciano con un vuoto impossibile da colmare. È l’illusione dell’eternità, la menzogna dolce di un momento perfetto che non può durare. E allora ci aggrappiamo ai ricordi, ai dettagli, alla pelle che ancora brucia di un bacio che ormai è già passato. Cerchiamo di trattenere l’eco di un’emozione, sapendo che non tornerà mai nella stessa forma. Ma chi stabilisce quando un istante deve finire? Forse non finisce mai del tutto. Forse, continua a vivere in noi, nel modo in cui cambia il nostro sguardo, nel battito che rallenta ma non si spegne, nell’incompletezza che diventa parte di ciò che siamo. E se ogni bacio è una fiamma che si spegne, allora non resta che imparare a guardare il fuoco, lasciarsi bruciare, accettare la cenere che ne rimane. Non c’è niente di più vero. Il resto è solo silenzio.
Cin Cin.
Remember me,
Eclipse
Non so spiegare quanto mi abbia preso questo post. Ogni frase era un colpo, ogni immagine un pezzo di qualcosa che ho sentito anche io, in notti diverse, in città diverse. Quella sensazione di eterno che si sgretola tra le dita, quel vuoto che arriva subito dopo. Sempre. Eclipse, tu hai questa magia nelle parole, trasformi il pensiero in qualcosa di vivo. Grazie e Buon Anno.
Le città cambiano, le notti passano, ma certe emozioni restano le stesse. Forse perché fanno parte di noi, di quel ritmo interiore che ci accompagna ovunque andiamo. Non importa se siamo sotto le luci di Genova o tra i vicoli di un’altra città, il tempo si sbriciola sempre nello stesso modo, lasciando dietro di sé quella scia di incompiuto che ci definisce. Eppure, continuiamo a inseguire l’eterno, perché sappiamo che anche l’illusione, a volte, è abbastanza per farci respirare. Grazie a te, Alexiel. Il tuo sguardo sulle cose è sempre un frammento prezioso da aggiungere a questo mosaico di istanti. Buon anno anche a te
Il tuo modo di descrivere l’attimo, di catturare le sfumature di un’emozione che svanisce mentre la vivi… è pura poesia. Mi sono persa in ogni parola, e alla fine mi sono sentita sospesa, come se fossi ancora lì, in quell’istante che non vuole finire. Grazie per questo viaggio. Buon anno Bambolina
Forse è proprio questa la vera magia di certi momenti: il modo in cui riescono a restare sospesi dentro di noi, anche quando il tempo li ha già spazzati via. Forse non svaniscono mai del tutto, si trasformano, si annidano nelle pieghe dei nostri ricordi, aspettando di riemergere quando meno ce lo aspettiamo. E noi restiamo lì, in bilico, tra ciò che è stato e ciò che potrebbe ancora essere. Grazie a te, Giulia, per aver percorso questo viaggio insieme a me. Buon anno anche a te
Sei dannatamente brava. Questo post è una lama affilata, entra sottopelle e non esce più. Mi hai riportato a quelle notti passate a camminare senza meta, con in testa troppa musica e nel cuore troppi sbagli. Quel momento prima del precipizio, quel bacio che sa di condanna… lo conosco. Lo conosco bene. E fa male, ma è un male che vogliamo sempre. Cazzo, Eclipse, mi hai fatto sentire vivo. BUON ANNO
Forse certe notti ci appartengono proprio per questo. Perché ci ricordano che siamo ancora qui, ancora capaci di sentire, di sanguinare, di perderci. Anche quando tutto brucia, anche quando sappiamo che domani ne pagheremo il prezzo. Ma chi se ne frega del domani, quando in un attimo c’è tutto? E quel bacio che pesa come una sentenza… sì, lo vogliamo sempre. Perché è l’unico modo che abbiamo di sfidare il tempo, anche solo per un istante. Grazie Riot, sentire la tua voce tra queste righe è come ritrovare un pezzo di strada già percorsa. Buon Anno anche a te
Genova, la mia Genova, raccontata con questa intensità… Non potevo non sentirla sotto pelle. Hai reso onore alla sua anima, al suo respiro, al suo mare che tutto vede e tutto trattiene. Questo post è un’onda che travolge, che porta via e che, in un certo senso, riporta a casa. Splendido. Buon anno a te e T.
Genova è una di quelle città che ti entra dentro, che ti accoglie e ti sfida allo stesso tempo. Ha un cuore antico, ma batte sempre nel presente, con quel suo respiro salmastro che non dimentichi mai. Forse è per questo che le sue notti sembrano così eterne, perché hanno visto troppi addii, troppi ritorni, troppi istanti rubati al tempo. E in fondo, ogni onda che si infrange è solo un altro modo di raccontare tutto questo. Grazie, GenovaGirl, per aver sentito la città con me. Buon anno anche a te
Dannazione, Eclipse. Ogni volta che ti leggo è come se stessi ascoltando un pezzo dei Nirvana: crudo, sincero, senza filtri. Il tempo, il vuoto, il bacio che è più di un bacio… è come se fossi riuscita a tradurre in parole il testo di una canzone che non era ancora stata scritta. Rispetto. Buon anno Bambola
Forse scrivere è come comporre una canzone. Ogni parola è una nota, ogni pausa è un silenzio che pesa più del suono. E alla fine, quello che resta è una melodia che ognuno ascolta a modo suo, trovandoci dentro pezzi di sé. Crudo, sincero, senza filtri… sì, è l’unico modo che conosco. Grazie, MetalManzoni. E se questo post fosse davvero un pezzo, allora sarebbe uno di quelli da ascoltare a volume alto, con gli occhi chiusi e il cuore aperto. Buon anno anche a te