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Baci e Impronte Nascoste

Il mondo gira, immobile nel suo caos, ed io, come un ingranaggio, mi trovo a cercare il mio posto senza trovarlo. È un tentativo futile, lo so. Un tentativo che non ha fine, perché forse il posto che cerco non esiste nemmeno. Ogni giorno ci svegliamo, compiamo i nostri gesti come automi, con la speranza di trovare un senso, una direzione. Ma il senso non è mai dove pensiamo. È nel vuoto che ci circonda, nel non sapere, nel non comprendere. È nell’assenza di certezza che viviamo davvero. Eppure ci ostiniamo a cercarlo, come se il caos potesse rivelarci qualcosa di più, come se la realtà fosse un puzzle che possiamo risolvere. Ma la realtà è solo un’altra farsa. E noi, a nostro modo, siamo spettatori che non sanno di esserlo. Viviamo una messa in scena che accettiamo senza opporci. Non ci chiediamo se ciò che vediamo è vero, se ciò che tocchiamo è tangibile. Siamo semplici attori in un dramma che non abbiamo scritto, ma che seguiamo, rapiti, incapaci di smettere di recitare. E così, mi trovo a pensare a un gesto che, all’apparenza, sembrava semplice, ma che mi ha lasciato un segno che non so cancellare. Un bacio. Un bacio che ho ricevuto da T. a Capodanno. La notte era fredda, il cielo apparentemente vuoto, ma in quel momento, il bacio sembrava un rifugio. Un rifugio dal gelo, dalla solitudine, da me stessa. Forse, in fondo, non era la sua bocca a cercare la mia, ma una necessità. Un atto di sopravvivenza. Il corpo che chiede calore, che chiede di non sentirsi solo. La sua risata sembrava sincera, il suo sorriso caldo. Ma ora, guardando indietro, tutto appare come una recita, una scena studiata per lenire un vuoto che ci accompagna, che non se ne va mai.

Era amore, davvero? O era solo il bisogno di non affrontare il freddo, di non guardarsi negli occhi e riconoscere il nulla? Il vuoto che riempiamo con sorrisi, parole, atti senza significato. La verità è che non c’è mai una risposta definitiva. È una questione di percezione, di inganno. Forse è il mio cervello che crea un significato, o forse è la vita stessa che mi gioca un tiro mancino, costringendomi a credere in qualcosa che non è mai esistito. Eppure continuo a cercare, continuo a sperare che ci sia un senso dietro ogni gesto, dietro ogni incontro. Ma forse il gioco è proprio questo: farci credere che ci sia qualcosa, mentre in realtà non c’è mai nulla. E cammino, cammino per le strade vuote della città, senza un obiettivo preciso, ma con il bisogno di sentire la solitudine, di viverla fino in fondo. La luna, alta nel cielo, sembra osservarmi dall’alto, quasi deridendo la mia ricerca. Il freddo penetra nelle ossa, ma il mio corpo non reagisce più, come se fosse ormai immune. Immune alla vita, al dolore, alla bellezza. Solo il rumore dei miei passi, che spezzano il silenzio, sembra ancora appartenere al mondo. Ma mi chiedo se la luna sia davvero così lontana, o se siamo noi a non riuscire a raggiungerla. Forse è la nostra distanza dalla verità che ci fa credere che sia irraggiungibile. Ogni passo che faccio è una protesta silenziosa, un tentativo di trovare un significato, di dargli un contorno. Ma il significato, lo sappiamo bene, è un’illusione. Ci illudiamo di poterlo trovare in ogni angolo, in ogni gesto, ma la realtà ci sfugge ogni volta, lasciandoci più soli, più confusi.

Eppure, è proprio nella ricerca che sta la nostra vita. Ogni domanda, ogni riflessione, ogni pensiero che ci attraversa è un atto di resistenza. Resistenza al rumore che ci circonda, alla superficialità che ci invade. Il non sapere, la costante incertezza, è l’unica cosa che ci rende davvero umani. La ricerca di un senso, di un amore, è forse solo il nostro tentativo di dare un significato a un’esistenza che non ha risposte definitive. Ma forse, è proprio nel non trovare mai il senso che troviamo il vero significato. È nella continua domanda che nasce la nostra essenza, nel dubbio che cresce l’amore, nella ricerca che troviamo la nostra verità. E mentre la vita scivola via, tra gesti insignificanti e atti che non sappiamo come definire, ci rendiamo conto che forse è proprio il non sapere, il non avere mai una risposta, che ci permette di vivere. Così, mentre tutto attorno a me sembra scivolare nell’oblio, resto sospesa in un momento che non ha fine. La ricerca continua, il pensiero non si ferma mai. E io, qui, con la mia solitudine, il mio freddo, i miei passi che non cessano mai, continuo a cercare. Non risposte. Solo il respiro di una vita che scorre, che non smette di scivolare, come il fiume che non trova mai il mare.

THE END.
Remember me,
Eclipse

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