
Baci e Impronte Nascoste
Posted on January 5th, 2004 / Celebrazioni / 18 CommentsIl mondo gira, immobile nel suo caos, ed io, come un ingranaggio, mi trovo a cercare il mio posto senza trovarlo. È un tentativo futile, lo so. Un tentativo che non ha fine, perché forse il posto che cerco non esiste nemmeno. Ogni giorno ci svegliamo, compiamo i nostri gesti come automi, con la speranza di trovare un senso, una direzione. Ma il senso non è mai dove pensiamo. È nel vuoto che ci circonda, nel non sapere, nel non comprendere. È nell’assenza di certezza che viviamo davvero. Eppure ci ostiniamo a cercarlo, come se il caos potesse rivelarci qualcosa di più, come se la realtà fosse un puzzle che possiamo risolvere. Ma la realtà è solo un’altra farsa. E noi, a nostro modo, siamo spettatori che non sanno di esserlo. Viviamo una messa in scena che accettiamo senza opporci. Non ci chiediamo se ciò che vediamo è vero, se ciò che tocchiamo è tangibile. Siamo semplici attori in un dramma che non abbiamo scritto, ma che seguiamo, rapiti, incapaci di smettere di recitare. E così, mi trovo a pensare a un gesto che, all’apparenza, sembrava semplice, ma che mi ha lasciato un segno che non so cancellare. Un bacio. Un bacio che ho ricevuto da T. a Capodanno. La notte era fredda, il cielo apparentemente vuoto, ma in quel momento, il bacio sembrava un rifugio. Un rifugio dal gelo, dalla solitudine, da me stessa. Forse, in fondo, non era la sua bocca a cercare la mia, ma una necessità. Un atto di sopravvivenza. Il corpo che chiede calore, che chiede di non sentirsi solo. La sua risata sembrava sincera, il suo sorriso caldo. Ma ora, guardando indietro, tutto appare come una recita, una scena studiata per lenire un vuoto che ci accompagna, che non se ne va mai.
Era amore, davvero? O era solo il bisogno di non affrontare il freddo, di non guardarsi negli occhi e riconoscere il nulla? Il vuoto che riempiamo con sorrisi, parole, atti senza significato. La verità è che non c’è mai una risposta definitiva. È una questione di percezione, di inganno. Forse è il mio cervello che crea un significato, o forse è la vita stessa che mi gioca un tiro mancino, costringendomi a credere in qualcosa che non è mai esistito. Eppure continuo a cercare, continuo a sperare che ci sia un senso dietro ogni gesto, dietro ogni incontro. Ma forse il gioco è proprio questo: farci credere che ci sia qualcosa, mentre in realtà non c’è mai nulla. E cammino, cammino per le strade vuote della città, senza un obiettivo preciso, ma con il bisogno di sentire la solitudine, di viverla fino in fondo. La luna, alta nel cielo, sembra osservarmi dall’alto, quasi deridendo la mia ricerca. Il freddo penetra nelle ossa, ma il mio corpo non reagisce più, come se fosse ormai immune. Immune alla vita, al dolore, alla bellezza. Solo il rumore dei miei passi, che spezzano il silenzio, sembra ancora appartenere al mondo. Ma mi chiedo se la luna sia davvero così lontana, o se siamo noi a non riuscire a raggiungerla. Forse è la nostra distanza dalla verità che ci fa credere che sia irraggiungibile. Ogni passo che faccio è una protesta silenziosa, un tentativo di trovare un significato, di dargli un contorno. Ma il significato, lo sappiamo bene, è un’illusione. Ci illudiamo di poterlo trovare in ogni angolo, in ogni gesto, ma la realtà ci sfugge ogni volta, lasciandoci più soli, più confusi.
Eppure, è proprio nella ricerca che sta la nostra vita. Ogni domanda, ogni riflessione, ogni pensiero che ci attraversa è un atto di resistenza. Resistenza al rumore che ci circonda, alla superficialità che ci invade. Il non sapere, la costante incertezza, è l’unica cosa che ci rende davvero umani. La ricerca di un senso, di un amore, è forse solo il nostro tentativo di dare un significato a un’esistenza che non ha risposte definitive. Ma forse, è proprio nel non trovare mai il senso che troviamo il vero significato. È nella continua domanda che nasce la nostra essenza, nel dubbio che cresce l’amore, nella ricerca che troviamo la nostra verità. E mentre la vita scivola via, tra gesti insignificanti e atti che non sappiamo come definire, ci rendiamo conto che forse è proprio il non sapere, il non avere mai una risposta, che ci permette di vivere. Così, mentre tutto attorno a me sembra scivolare nell’oblio, resto sospesa in un momento che non ha fine. La ricerca continua, il pensiero non si ferma mai. E io, qui, con la mia solitudine, il mio freddo, i miei passi che non cessano mai, continuo a cercare. Non risposte. Solo il respiro di una vita che scorre, che non smette di scivolare, come il fiume che non trova mai il mare.
THE END.
Remember me,
Eclipse
Sai, la solitudine di cui parli mi sembra tanto la mia, anche se sono abituata a sentirmi vuota. A volte penso che sia davvero questo il nostro destino: cercare di riempire un vuoto che non può essere colmato. Eppure non ci fermiamo mai, e continuiamo a cercare anche nei luoghi più improbabili. Ti capisco, Alice. Ti capisco.
Il vuoto è forse l’unico spazio che ci permette di crescere, Anny. Perché è proprio nell’inquietudine, nel non riuscire a colmare il silenzio, che risiede la nostra autenticità. Non c’è mai un vero riempimento, ma un continuo fluire di domande. E tu, come tutti, sei parte di questa ricerca infinita.
Io mi sento piccola, troppo piccola. E quando leggo te, mi sembra che ci sia una via d’uscita. Ma poi mi accorgo che è solo il mio pensiero a giocarmi brutti scherzi. Forse, come dici tu, il non sapere è il nostro vero compagno di viaggio.
Ogni riflessione, ogni dubbio, ogni parola che scivola via da noi è un atto di ribellione. Perché il nulla ci spaventa, ma non c’è nulla di più nostro di questo cammino di incertezze. Tu, come tutti, fai parte di questa danza, e ciò che percepisci come piccolezza è solo una parte del tutto. Non è mai il piccolo a definire il grande, ma piuttosto viceversa.
Mi sento come se leggessi una parte di me, ma scritta da qualcun altro. Ogni parola sembra una riflessione su quella solitudine che proviamo tutti, ma che nessuno vuole ammettere. È un po’ come camminare su un filo sottile, tra la realtà e il sogno. Non credo che troveremo mai una risposta. Ma forse, come dici, è proprio nel non trovare che sta il senso di tutto. Grazie per questa riflessione.
Forse la risposta, Cenny, è proprio nel lasciare che il cammino si sviluppi da solo, senza forzarlo. Ciò che cerchiamo è spesso meno importante di come lo cerchiamo. È il processo, la domanda stessa, che ci rende umani. E grazie a te per permettere a queste parole di incontrarsi con i tuoi pensieri.
Quando leggo il tuo post mi sembra che in ogni parola ci sia una verità che non mi aspettavo. Ma quella verità è spaventosa. Mi ritrovo a domandarmi se davvero possiamo trovarla, quella verità, o se siamo condannati a restare nel buio.
La verità è un abisso che ci guarda, Aly, e non è mai facile affrontarla. Ma forse non dobbiamo cercarla così disperatamente, perché ciò che conta non è la verità in sé, ma il coraggio di guardarla negli occhi, senza paura, senza aspettative. In fondo, la ricerca è già una risposta in sé.
Cosa dire, Alice? Ogni volta che leggo qualcosa di tuo, mi sembra di svegliarmi da un sogno dove tutto ha un senso, solo per scoprire che il sogno è più reale della realtà. E continuo a chiedermi se esista davvero un luogo dove smettere di cercare. Grazie per farci sentire meno soli in questo caos. Sei unica.
Non so se ciò che scrivo abbia davvero un senso, ma il fatto che tu riesca a trovarne uno mi fa sentire meno sola in questo gioco di specchi. La ricerca, come dici, è tutto ciò che abbiamo. Ed è bellissimo, forse, anche perché non si ferma mai. Non smettere mai di cercare, neanche per un attimo.
Non riesco a comprendere tutto questo tuo mondo, ma c’è qualcosa che mi colpisce dentro. Quella sensazione di camminare senza sapere dove si va, eppure farlo con una forza che non capisco. La solitudine è un peso che tutti portiamo, ma forse non ci rendiamo conto che è ciò che ci rende vivi. Come una costante ricerca che non finisce mai.
La solitudine è quella presenza che ti segue, ma è anche un’opportunità. Non è un peso che ci schiaccia, ma una spinta, un’energia che ci costringe a guardare dentro. Non sempre è facile riconoscerla per ciò che è, ma ogni passo che facciamo nella sua compagnia ci avvicina a qualcosa di più grande, a una verità che è sempre sfuggente.
Forse la cosa più difficile da accettare è che, come dici, non troveremo mai davvero un senso. Mi colpisce l’immagine del cammino solitario, eppure non c’è mai una fine. È come se la nostra esistenza fosse una continua ricerca di qualcosa che non esiste. Ma forse è proprio questa ricerca che dà valore alla vita. Grazie per avermi fatto pensare.
La vita è come una domanda senza risposta, Marty. E non c’è nulla di più prezioso di questo continuo movimento. Ogni passo che facciamo, anche senza meta, ci arricchisce. Forse la ricerca stessa è la risposta che cercavamo.
Il fatto che tu scriva così mi fa pensare che forse non sono l’unica a sentire questa spinta verso un altrove. È un po’ come se, leggendo, trovassi qualcosa di mio. Ma forse è solo una mia impressione. Forse.
La fuga non è mai solo da qualcosa, Debbh, ma sempre verso qualcosa. E se queste parole ti hanno fatto sentire più vicina a te stessa, allora non è solo un’impressione, ma una rivelazione. Ogni viaggio, anche il più breve, ci insegna qualcosa, anche se non lo vediamo subito.
Ho sempre pensato che la vita fosse una grande illusione, eppure continuiamo a cercare come se avessimo una possibilità. Non so se sono più confusa o più affascinata da ciò che hai scritto, ma è stato come un viaggio attraverso il buio.
Ogni domanda è come un faro che ci guida, Babilon, anche se non possiamo mai toccarlo. E il viaggio attraverso il buio è, in fondo, il viaggio più autentico che possiamo fare. Non è sempre facile, ma è quello che ci spinge a guardare oltre. La confusione non è altro che il primo passo verso una nuova comprensione.