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Ogni Parola Una Lente

C’è chi guarda senza vedere, chi ascolta senza sentire, chi vive senza mai davvero abitare il presente. Io scrivo per non lasciare andare ciò che il tempo tenta di dissolvere. Scrivo per catturare l’istante fuggente, per fermare quel respiro che si fa fragile tra le pieghe della memoria. La tastiera sotto le dita è l’unica voce che risuona nella stanza, un battito costante, una danza di suoni che tiene viva la mia presenza. Le tue parole, così nette, così taglienti, sembrano voler costruire un confine tra ciò che ero e ciò che sono diventata. “Si sta accontentando di te” dici, come se questa sentenza potesse racchiudere tutto, come se potessi racchiudere un sentimento in un giudizio netto. Ma io resto ferma nel mio silenzio, cercando tra le pieghe di quelle parole un senso più profondo, un movimento che vada oltre l’apparenza di un rimprovero. Forse, in quella parola, si nasconde il coraggio di scegliere senza clamore, la forza di accettare una realtà che non urla, ma si svela piano piano, fragile come una luce all’alba. L’aria intorno a me è intrisa del profumo di gelsomino, delicato eppure invadente, una presenza silenziosa che mi porta lontano dai tuoi pensieri eppure mi riconduce subito al centro di questa conversazione non detta. Le tue parole dicono: “Non è amore”. Ma chi sei tu per definire ciò che io sento, per disegnare confini a ciò che scorre dentro di me? Nessuno possiede il diritto di misurare un sentimento con le proprie regole, nessuno può racchiudere l’infinito in uno spazio limitato. Mi sento esposta mentre il monitor si illumina, i caratteri prendono forma come un riflesso della mia anima vulnerabile ma salda, una storia che non chiede permesso né scuse. La mia storia, la nostra storia, si intreccia con il filo sottile della verità e del dolore, e non sarà mai ridotta a un gioco di potere o a un semplice capriccio.

Parli di bellezza, di una bellezza che “non ti piace più”, come se la bellezza fosse un oggetto da possedere o da gettare via. Forse non hai mai guardato davvero, forse non hai mai voluto vedere. Forse quella bellezza non era che un’ombra proiettata dai tuoi desideri, un riflesso illusorio che si è spezzato quando hai smesso di guardare con occhi autentici. Le mie parole diventano un’arma, non per ferire, ma per tracciare un confine chiaro, per difendere il luogo che occupo, la mia dignità, il mio diritto a esistere senza dover giustificare nulla. Non sono un ripiego, non sono un’opzione secondaria, non sono un passo indietro nella tua vita. Rimango ferma, le dita sospese sopra i tasti, cercando nel silenzio il coraggio di restare. Chi siamo, quando non ci confrontiamo con la verità che abita dentro noi stessi? Ti lascio con questa traccia, sottile ma incisa: la forza non sta nel distruggere, ma nel guardare dentro, senza paura di ciò che si scopre. Le tue parole sono come una finestra che sbatte al vento, creano rumore ma non cambiano il paesaggio. Il paesaggio resta, mutevole ma vero, resistente all’urto dei giudizi esterni. Rimane solo una domanda senza forma, una presenza sospesa nell’aria densa del gelsomino, nell’eco dei miei pensieri: cosa pesa di più, il timore di perdere qualcuno o la paura di perdere se stessi? La stanza si riempie di silenzio, ma dentro quel silenzio pulsa un respiro che non si spegne, un respiro che continua oltre la pagina, oltre le parole, oltre la fine apparente di questo racconto.

La scrittura è un atto di resistenza, un filo sottile che collega il dolore alla speranza, l’incompletezza alla ricerca. Non cerco risposte, non cerco soluzioni, ma il fluire incessante di un pensiero che si spinge sempre un passo oltre. Ogni parola è un frammento di luce che illumina un angolo oscuro, un pezzo di verità che emerge dal caos. Non c’è una chiusura definitiva, non c’è una fine. C’è solo il movimento continuo di un racconto che si riscrive ogni volta che respiro, ogni volta che lascio andare qualcosa per abbracciarne un’altra. La verità è nelle sfumature, nei silenzi tra le parole, negli spazi vuoti che lascio intenzionalmente aperti, perché è lì che abita la vita, nel non detto, nell’incertezza, nel sospeso. Non sono qui per convincere, né per spiegare. Sono qui per testimoniare, per lasciare traccia di un cammino che non si conclude mai. Le dita tornano a muoversi, il ritmo della scrittura riprende, come un battito che non si interrompe, come un respiro che si fa largo in un mondo troppo rumoroso per ascoltare il silenzio. Questa storia è la mia verità, senza filtri, senza maschere, senza la pretesa di essere compresa. È un respiro, un passo, un frammento che si apre verso il prossimo, senza sapere cosa verrà dopo, senza cercare un finale. E mentre la luce del monitor sfuma piano, lascio la porta socchiusa, un varco aperto su ciò che non è stato detto, su ciò che ancora deve nascere. La scrittura si ferma per un istante, ma non muore. Resta sospesa, pronta a riprendere, a fluire ancora, a lasciare che il vuoto e la pienezza si mescolino in un unico respiro che non finisce mai.

• Remember me •
• Eclipse •

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