Il sole si insinua tra le tende di lino bianco, accarezza il pavimento di legno e gioca con le ombre degli oggetti sparsi sul tavolo. Mi sveglio con un respiro profondo, quel tipo di respiro che sembra voler inghiottire l’aria e il mondo insieme. Fuori, il mare canta la sua solita canzone, ma oggi sembra diversa, più profonda, più urgente. C’è qualcosa nell’aria, qualcosa che non so nominare ma che sento scorrere sotto la pelle, come un brivido che non vuole andarsene. Mi alzo e apro la porta della terrazza. Il vento ha un odore salato, familiare, eppure oggi mi sembra nuovo, come se stesse cercando di raccontarmi un segreto. Il caffè borbotta pigro nella moka; il suo aroma si mescola con quello del mare, creando un’alchimia che mi avvolge e mi trattiene. Bevo il primo sorso, amaro e caldo, e chiudo gli occhi. È così che mi sento oggi: amara e calda, come il caffè.
M. è già lì, seduta sul bordo della terrazza, con le gambe che penzolano nel vuoto. Sorride, ma il suo sorriso è appena accennato, come se fosse un riflesso di qualcosa di lontano. Il blu dei suoi occhi cattura la luce del mare e la restituisce in una sfumatura che non avevo mai notato prima. Mi siedo accanto a lei senza dire nulla. Non c’è bisogno di parole quando il silenzio è così pieno di significato. Il mare, davanti a noi, è un eterno movimento. Le onde arrivano, si infrangono, si ritirano. Ogni volta sembra che vogliano raccontare qualcosa, ma prima che possano completare il loro discorso, vengono inghiottite da altre onde, altri racconti, altre voci. Mi chiedo se sia questa la vita: un continuo infrangersi e ritrarsi, senza mai riuscire a fermarsi davvero. M. spezza il silenzio con una risata leggera, quasi un sussurro. «Pensi mai a come sarebbe essere un’onda? Sempre in viaggio, senza una meta precisa, ma con uno scopo chiaro: arrivare.» La guardo e annuisco. Non rispondo, perché non serve. Lei ha già detto tutto.
Il resto del gruppo ci raggiunge poco dopo. Sono volti familiari, voci che riconoscerei anche nel caos di una folla. Ognuno porta qualcosa: un sorriso, una storia, una battuta. Ma oggi, tutto sembra diverso. C’è un’energia che non riesco a spiegare, un filo invisibile che ci lega in modo più stretto del solito. È il mio compleanno, eppure non sono le candeline o i regali a farmi sentire speciale. È questa connessione, questa presenza. Le ore scorrono lente, come sabbia che scivola da una mano aperta. Mangiamo, ridiamo, parliamo di tutto e di niente. M. racconta una storia di quando era bambina, di come sua madre le insegnava a riconoscere le conchiglie sulla spiaggia. «Ogni conchiglia ha una storia,» dice, «ma non tutte vogliono essere raccontate.» Questa frase mi rimane dentro, si insinua nei miei pensieri come un’onda che si infrange e si ritira.
Quando il sole inizia a calare, accendiamo le candeline. Diciassette piccole fiamme danzano nel vento, ognuna con un suo ritmo, una sua vita. Soffio con forza, ma una candela rimane accesa, testarda. M. ride e dice che è un segno di fortuna. Io penso che forse è un segno di qualcosa di più. Il mare continua a cantare, il suo ritmo non si interrompe mai. Mi perdo a guardare l’orizzonte, quel confine incerto tra cielo e acqua, e mi chiedo cosa ci sia oltre. È una domanda che mi porto dentro da sempre, ma oggi sembra più urgente. Mi alzo e cammino verso la riva. Le onde lambiscono i miei piedi nudi, fredde e vive. Ogni passo affonda nella sabbia, ma non mi fermo. Sento il peso del tempo, delle scelte fatte e di quelle ancora da fare. Sento il peso di ciò che sono e di ciò che potrei essere. M. mi raggiunge e mi prende la mano. Non dice nulla, ma il suo gesto è sufficiente. Rimaniamo lì, in silenzio, a guardare il mare che non smette mai di muoversi, di cambiare, di vivere.
Mi chiedo se riuscirò mai a trovare una risposta, o se, come le onde, continuerò a cercare senza mai fermarmi. Forse, la vera forza sta proprio qui: nel movimento, nell’incertezza, nel lasciarsi trasportare senza resistere. E mentre il sole scompare dietro l’orizzonte, sento che la domanda rimane, sospesa nell’aria: «E se la vita fosse proprio questo? Un viaggio senza fine, un’onda che non smette mai di cercare la riva?»
Happy Birthday, Alice.
Remember me,
Eclipse