Memoria: 11 settembre
Posted on September 12th, 2001 at 3:30 PM | Tags: Memoria | 0 CommentsMilano è ferma. I rumori della città sembrano più ovattati oggi, come se il respiro collettivo si fosse interrotto dopo l’11 settembre. Mi sveglio con il peso delle immagini viste alla televisione: fiamme, crolli, disperazione. Ogni suono è un richiamo a quella tragedia, un rintocco di campana che ci ricorda quanto siamo vulnerabili.
«È successo davvero?» mi chiedo osservando le persone per strada, alcune immobili davanti alle edicole. I giornali espongono titoli in grassetto, foto che nessuno vorrebbe vedere. Il mondo intero si è fermato, non solo New York.
In un bar di Porta Venezia, il solito vociare è sostituito da sussurri. Due uomini anziani discutono piano. Uno dice: «Non riesco a credere che qualcosa di così crudele possa esistere». L’altro annuisce, fissando il caffè come se cercasse risposte nel fondo della tazzina. Le loro rughe sembrano più profonde oggi, solchi di un dolore condiviso.
Un gruppo di studenti, al tavolo accanto, parla animatamente: «Ora cosa accadrà? Un’altra guerra?» domanda una ragazza. «Non possiamo saperlo» risponde un ragazzo, la sua voce tremante. Le loro parole sono un riflesso della confusione e della paura che ci avvolge tutti. Il futuro non è mai stato così incerto.
La professoressa di storia, in classe, oggi non apre il libro. «Questa lezione non è su qualcosa di lontano. È storia che stiamo vivendo ora.» La sua voce è ferma, ma si percepisce la tensione. «Quello che è accaduto ieri non è solo un attacco a una nazione. È un attacco all’umanità intera.» I suoi occhi si fermano su ciascuna di noi, cercando una reazione.
Torniamo a casa con un nuovo senso di responsabilità. Sappiamo di vivere in un momento che cambierà tutto, ma non sappiamo come affrontarlo. Io stessa mi sento sopraffatta. Ho passato ore davanti alla televisione, incapace di distogliere lo sguardo. Ogni immagine è un colpo al cuore. La sicurezza che davo per scontata è sparita.
Mio nonno racconta di quando gli americani portarono cibo durante la guerra. «Erano gentili, anche se non capivamo la loro lingua.» Quelle parole mi colpiscono. C’è qualcosa di straordinario nell’umanità che emerge nei momenti più oscuri.
Adesso, seduta alla scrivania, rifletto. «Cosa possiamo fare noi, qui, così lontani, per cambiare le cose?» La risposta non è semplice, ma so che comincia con il non dimenticare. Con il ricordare che, anche nei momenti più bui, possiamo scegliere di costruire, non distruggere.
E tu, cosa farai oggi per far brillare una luce nel buio?