Siamo appena usciti dal cinema. Lo schermo ancora vibra nella mente, le luci della sala si mescolano con l’eco di quelle immagini potenti. Il film era Una settimana da Dio, e come sempre, non si trattava solo di una commedia. C’era qualcosa di più profondo che ti penetrava, come una verità scomoda che non avevi mai davvero considerato.

Jim Carrey era il protagonista, e lo conosciamo tutti, ma qui, in questa storia, è diverso. Non è il solito personaggio sopra le righe, ma un uomo che scopre di avere il potere di fare ciò che vuole. Ma non è questo che mi ha colpito di più. È la sua evoluzione, la sua consapevolezza che la vera potenza non sta nel cambiare il mondo a proprio piacimento, ma nell’accettarlo per ciò che è. E questa è una lezione che pochi sanno insegnare, ma che dovremmo tutti imparare.

Lo guardi e pensi: «Se avessi il potere di cambiare tutto, cosa farei?» La tentazione è forte, ma la verità è che non sempre possiamo essere i creatori della nostra realtà. La domanda che ci pone il film non è se possiamo avere potere, ma cosa facciamo con quello che già abbiamo. Così mi ritrovo a riflettere sul senso di giustizia e responsabilità, sul nostro ruolo nel mondo. Perché siamo sempre lì a chiedere a Dio, al destino, al potere, ma la vera domanda è: siamo pronti a prendere le redini della nostra vita, o preferiamo dare la colpa a tutto ciò che ci sfugge?

Il film lascia una sensazione di incompletamento, come se ci fosse ancora tanto da capire. È come se il Dio dentro di noi fosse lì, ma noi continuiamo a ignorarlo. Siamo mai veramente consapevoli di ciò che siamo? O ci accontentiamo di vivere nella frustrazione di non poter controllare il destino?

Non so se il film abbia risposte definitive. Probabilmente no. Ma ci obbliga a guardarci dentro, a riconoscere il nostro potenziale e le nostre paure. Ci obbliga a fare una scelta. Una settimana da Dio è, forse, un tempo sufficiente per capire che il vero potere è dentro di noi, ma il vero cambiamento dipende dal come lo utilizziamo.

Cos’è che davvero ci spinge a cambiare, e cosa temiamo così tanto di perdere se ci permettiamo di farlo?

Remember me,
Eclipse