La Verità Nascosta, Telefonata Silenziosa

La Verità Nascosta, Telefonata Silenziosa

Posted on August 1st, 2003 at 3:00 PM | Tags: | 0 Comments

PARTE DUE.

Ogni parola sussurrata nel silenzio di una telefonata è un mondo che si rivela.
Un coraggio che non sapevamo di avere #

Ho preso il cellulare in mano, il cuore che batteva all’impazzata come se volesse uscire dal petto. La chiamata era sua, quella che temevo da giorni. L’ansia che mi cresceva dentro mi aveva messo i nervi a fior di pelle. Quando rispondo, la mia voce suona strana, diversa, eppure c’era qualcosa di incredibilmente familiare in quel suono: «Pronto». La sua risposta arriva come una carezza, quella che mi sorprende, quella che mi spinge a fare quello che, per giorni, avevo rimandato: «Hey». La sua voce non è mai stata così calma, così gentile. «Come stai?»

E io? Come potevo rispondere a una domanda così semplice, ma così incredibilmente difficile? «Sto», dico, come se la risposta bastasse. Come se “sto” fosse un inizio o una fine. Ma lui, lui non si accontenta. Il silenzio che segue è carico di una tensione che mi stringe il cuore. «Stai? Stai come? Felice, triste?» Mi chiede. E quelle parole penetrano dentro, rivelando quanto la mia mente stia cercando di scappare dalla verità. «Cosa vuol dire STO?» Sento la sua voce, ma sono già altrove. L’emozione mi assale come un fiume in piena. Le lacrime scivolano via, inesorabili, come se un peso che non avevo mai capito fosse finalmente caduto. Non c’era più nulla da nascondere, e in quel momento, il silenzio che ci separava era più forte di ogni parola.

«Perché piangi adesso?» La sua voce si fa più vicina, più presente. È una domanda che non volevo sentire, una domanda che mi costringe a fermarmi. Sento il suo sguardo anche se non è fisicamente lì. Sento il suo bisogno di capire, di ascoltare. Ma io? Io non so rispondere. Avrei voluto dirgli tutto. Ogni parola non detta. Ogni gesto che non avevo fatto. «Scusami… Mi sento così stupida a ripensarci», balbetto, ma quelle parole sono solo un velo sottile che non copre nulla. C’è qualcosa di più profondo, qualcosa che non riesco ancora a formulare. Non bastano le scuse. E così inizia, tra le pieghe di una vulnerabilità che non volevo ammettere: «È che… mi importi troppo, ecco!». La frase esce da sola, come un urlo soffocato. Il mio cuore, che batte sempre più forte, mi tradisce. «Mi piaci troppo». Le parole suonano fuori posto, quasi estranee a me, eppure sono lì, tangibili, come se non avessi mai potuto nasconderle.

E poi, come se un peso fosse stato finalmente sollevato, continuo: «Sei così… meraviglioso. Con il tuo sorriso che illumina ogni stanza, con la tua gentilezza. Con la tua bontà anche verso chi non ti aspetta. Come un fiore che cresce nel cemento, impossibile da ignorare.» Sento la sua risposta, ma la sua voce sembra lontana, ovattata. «Mi porti a vedere le partite allo stadio, e cantiamo insieme, senza paura, senza vergogna. Mi porti a mangiare nei posti più strani, tra risate e sguardi che sembrano dire tutto senza dire nulla.» E poi ancora, più vicino, più intimo: «Mi fai vedere i tramonti più belli, e mi mandi canzoni su MSN come se fosse una promessa che non ha scadenza.» Ogni frase che esce dalla mia bocca è un atto di coraggio, ogni parola pesante di significato, ma anche fragile come il vetro.

«Mi piaci troppo», continuo, la voce che vacilla. «E il pensiero di perderti per una storia che non è mai nata… mi fa paura. Capisci?» È il mio cuore che parla, ma non è solo il cuore a soffrire. È un’intera vita che si nasconde dietro ogni singola parola. E lui, con calma, risponde: «Capisco, davvero. È difficile, ma ci teniamo tanto, lo so». Ma nel suo tono, sento qualcosa che non mi piace. E quella sensazione di inadeguatezza mi assale, per non sapere più cosa sia giusto. Ma c’è di più, molto di più che non voglio confessare. E lui, con voce più decisa: «Per ora, non voglio impegnarmi con nessuno. So cosa provi, capisco, ma voglio che tu lo capisca anche tu. Non voglio farti passare quello che ho passato. Non voglio farti soffrire come io ho sofferto». E così, la chiamata si chiude. Non ci sono più parole da dire. Ma dentro di me, c’è qualcosa che non si è detto, qualcosa che non si potrà mai dire.

«The show must go on», penso. Perché la verità è che ogni relazione, ogni confidenza, nasconde atti di coraggio. E il vero spettacolo non è quello che vediamo, ma quello che accade dietro il sipario del nostro cuore, nei silenzi che ci parlano più di mille parole. Mentre parlo al telefono, la mia mano scivola sulla superficie del tavolo. Il legno è lucido, riflette una luce tenue che entra dalla finestra. Il profumo di caffè appena fatto riempie l’aria. Quel profumo caldo e avvolgente, che mi dà un senso di sicurezza. Ma è un’illusione. Il caffè, come il nostro dialogo, è solo un riflesso di ciò che c’è sotto la superficie.

Osservo il riflesso nel vetro della finestra. È un cielo grigio, che sembra stanco. Mi chiedo se anche io sia così, stanca di apparire, di dover nascondere ciò che sento davvero. Quante volte ci nascondiamo dietro una facciata per evitare di ferire gli altri o noi stessi? E tu, cosa faresti se una verità così semplice e devastante ti venisse confessata all’improvviso? Come reagiremmo se scoprissimo di essere più vulnerabili di quanto pensiamo?

Ogni parola non detta lascia il segno. Ogni silenzio, ogni gesto, racconta più di quanto immaginiamo. La domanda è: come riusciamo a vedere oltre ciò che ci viene detto e a scoprire la verità che si nasconde tra le pieghe di una conversazione non finita? Lasciamo che la domanda ci accompagni. Non c’è risposta definitiva. Ma quella domanda, proprio quella, è ciò che ci permette di capire davvero chi siamo.


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