Il film che ci inganna
Posted on October 15th, 2005 at 1:37 PM | Tags: Algoritmi | 0 CommentsOgni giorno, ci svegliamo per vivere nella certezza di ciò che vediamo #
Oggi è il giorno dopo l’ennesima visione di Matrix. Non è più il piacere di un film. Non è più il fascino della fantascienza. È una ricerca senza fine. Ogni scena, ogni battuta, mi colpisce come un raggio di luce in un mondo che sembra vacillare. Mi ci perdo. Non per divertimento, ma perché sento che c’è qualcosa, qualcosa che non riesco a vedere. È come una droga, una droga che ti consuma lentamente. Ogni volta che lo guardo, mi ritrovo nello stesso punto. Quella sensazione di disconnessione, come se la realtà si stesse sfilacciando, come se il mondo fosse solo una simulazione. Non è un pensiero nuovo, non è una riflessione originale. Ma è reale. La disconnessione è palpabile.
Ogni volta che il film termina, la domanda resta sospesa, in sospeso nel mio cervello: Quante altre realtà esistono che non vediamo? È una domanda così banale, ma il peso che ha è insostenibile. Ogni piccolo movimento, ogni frammento della mia esistenza sembra più effimero. Cos’è vero, e cosa è solo un’ombra proiettata? Un’illusione a cui ho dato il permesso di esistere? Come posso essere certa di quello che vedo? Come posso? Come posso dire che ciò che percepisco sia reale? La luce che entra dalla finestra è strana oggi. La luce di ottobre, calda e insopportabile, è come un raggio troppo preciso, troppo chirurgico. È più di un semplice sole.
È un errore nel codice del mondo. Un glitch, come nei videogiochi. Una crepa che lascia intravedere un altro universo. Cosa nasconde? Cosa si cela dietro la perfezione di quella luce? Forse un altro mondo. Forse è il mondo vero, quello che non vedo, quello che mi è nascosto. La sensazione di perdizione mi invade. La mia mente va in pezzi. Mi fermo davanti alla finestra e guardo il cielo che si apre davanti a me, senza senso, senza risposta. È tutto troppo vasto per essere reale. Eppure mi sento attratta, come se ogni dettaglio del cielo fosse lì solo per ricordarmi quanto poco so di me stessa. E poi il pensiero arriva, lo stesso che ogni volta mi sovrasta, sempre più forte, più incessante: tutto è una simulazione. Ogni cosa, ogni gesto, ogni movimento potrebbe essere previsto, calcolato, programmato. Ogni parola che dico potrebbe essere già scritta, ogni passo già deciso. È la sensazione di vivere in una prigione invisibile. E come posso essere sicura che non sia davvero così?
Mi sollevo dal mio pensiero, ma la sensazione rimane. E adesso, mentre guardo ancora quella luce, il suo raggio sembra più lungo, quasi minaccioso. Inizia a fondersi con il cielo e io non posso fare a meno di chiedermi: Qual è il codice che lo sta creando? Qual è il segreto che si cela dietro ogni singola luce che vedo? Eppure, la domanda persiste, agita e inquietante: Perché non ci basta quello che vediamo? Perché la realtà non è mai abbastanza? È il desiderio di qualcosa di più grande, di un mondo oltre questo, che mi tormenta. La mente corre, il corpo è immobile. Forse è la percezione che è stata alterata, o forse siamo noi ad aver dimenticato come guardare veramente. Sono stanca di cercare risposte che non arrivano. Stanca di accontentarmi della superficie delle cose. Ma ogni piccolo frammento, ogni dettaglio sembra sempre più fuggente. La risposta non è mai completa. Resta sempre una domanda aperta, sempre sospesa. E allora mi fermo, e mi chiedo: E se la risposta fosse sempre davanti a me, ma io non fossi mai abbastanza pronta per vederla?
La verità, forse, è che non c’è verità. Eppure continuo a cercarla.
Come se non potessi fare altro.