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San Valentino in solitudine

PARTE UNO.

La luce di febbraio entra filtrando dalle tende. È un sabato, ma per me è solo un altro giorno. Il 14 febbraio, però, è diverso per chi lo celebra. Ci sono risate, cene eleganti, cuori di cioccolato, ma c’è anche il silenzio di chi non ha nessuno con cui condividerlo. Lo vedo scorrere, tutto questo rumore di amore che si riversa nelle strade, nei negozi, sulle pagine degli schermi. Il commercio ha preso il sopravvento, ha trasformato l’amore in una merce da vendere, da consumare velocemente. Non c’è niente di reale in tutto questo, non c’è nulla che resti. Eppure, è tutto ciò che conosciamo, ed è proprio lì che mi perdo. Mi guardo intorno. La mia casa è vuota, ma non è un vuoto che pesa. È una solitudine che respiro come l’aria fresca della mattina. Non mi manca nulla, non mi manca nessuno. In questo angolo di tempo, mi trovo. Le cose che mi circondano non mi chiedono nulla, non si aspettano nulla da me. Eppure, fuori c’è la folla che si ammasserebbe volentieri in un ristorante a mangiare un piatto che non sa nemmeno di loro, a ridere di qualcosa che non capiscono, a scambiarsi frasi che suonano stonate. È tutto così. È tutto così ogni 14 febbraio.

Perché dobbiamo sempre aspettare un giorno preciso per dire “ti amo”? Mi trovo a chiedermelo mentre scorro le pagine di un libro, ma anche tra una pagina e l’altra, il pensiero continua a rincorrersi. Perché quel giorno? Non dovrebbe essere l’amore una danza quotidiana? Un passo che si compie ogni mattina, senza bisogno di calendario? Ogni giorno potrebbe essere il nostro San Valentino, ogni gesto potrebbe raccontare un amore che non ha bisogno di fiori. Eppure, eccoci qui, intrappolati in un rituale che rende tutto più facile e più falso. Le luci si accendono, i ristoranti sono pieni, le persone sorridono, ma io mi sento più vicina a ciò che non è visibile, più vicino alla verità di un pensiero che scivola nelle pieghe di questa giornata. Mi rendo conto che per me non è il giorno a fare la differenza, ma il silenzio in cui mi perdo. La solitudine mi abbraccia, ma non mi spaventa. La riflessione è il mio amore segreto, il pensiero che non ha bisogno di essere detto per essere sentito. Le formule matematiche, le teorie fisiche che scrivo su fogli sparsi, sono il mio San Valentino. Dove trovo più verità in una teoria sulla relatività che in un cuore di cioccolato. Love Stinks, cantavano i J. Geils Band, eppure nessuno sembra sentire l’amarezza di quella verità.

Ma forse sono io, la diversa, quella che non riesce a far parte del gioco, che non si accontenta di una data imposta. Perché dovrei celebrare l’amore in un giorno in cui tutti si aspettano un regalo? L’amore non ha bisogno di un palco. Non ha bisogno di riflettori. L’amore vero è la carezza che non viene vista, è il silenzio che pesa più di mille parole. Non è nei gesti forzati, non è nelle aspettative. È nei momenti che non sanno di festa, ma che sono veri. Eppure, mi trovo a chiedermi, forse sono io che non capisco. Mi alzo dalla sedia, e il mio sguardo si ferma sullo specchio. Una persona che si riflette e non si riconosce del tutto. Una donna che non è mai abbastanza dentro questo mondo, ma che non si stanca di cercare di esserlo. La verità è che non è il mondo che cambia, ma la nostra percezione di esso. Ogni giorno dovrebbe essere una riflessione sull’amore, ma chi ha il coraggio di viverlo così? Non c’è bisogno di un solo giorno per comprendere la sua potenza. Cosa succederebbe se tutti potessero vedere l’amore in ogni piccolo gesto quotidiano? Ma, di nuovo, chi ha il coraggio di non farsi travolgere dalla farsa del 14 febbraio?

Eppure, mentre guardo fuori, vedo la gente che corre, che si prepara per la serata. E sento un’inquietudine che non mi abbandona, qualcosa che mi sfiora, che mi attraversa e che non trova posto. Una domanda che non si è ancora risposta. E il silenzio torna a prendere il suo posto, lasciandomi con un pensiero che non troverà mai risposta. Non sono sola. È che non voglio essere come loro.

Hearts.
Remember me,
Eclipse

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