Mi sveglio nel buio, come se il silenzio mi avesse avvolta, come un manto pesante che non lascia respiro. Non c’è luce, non c’è suono, solo il battito del cuore che pulsa nel petto, così forte che mi sembra di sentirlo nelle ossa. Come se avessi dimenticato come respirare, come se il mondo si fosse fermato e io fossi rimasta bloccata nel vuoto, sospesa, senza direzione. Il buio non è mai stato così denso, eppure non smette mai di pesare. Mi sveglio al buio, e il mio corpo sembra essere l’unico luogo dove il tempo non passa. Le emozioni non si fermano. Sono come fiumi in piena, che scorrono senza tregua, senza che io possa fermarli. Le parole restano in silenzio, in un angolo remoto della mente, ma non cessano di urlare. Mi sembra di essere in balia di qualcosa che non controllo, qualcosa che non posso fermare. Il cuore mi si strappa, mi fa male. È una sensazione fisica, una presenza dentro che non riesco a scacciare. La mia mente è affollata, troppo affollata per cercare un pensiero che faccia luce, per mettere ordine. Ogni pensiero è un altro ingranaggio che si aggiunge a una macchina che non funziona più.
Eppure, guardo il telefono, e so che dovrei ignorarlo. Ma non posso. La sua voce mi manca. La sua assenza è il rumore più forte che esista. Ogni messaggio che leggo è come un colpo, un taglio profondo che non si rimarginerà mai. Perché le parole, quando non sono dette, diventano spade. E il silenzio che segue è come una condanna. Non posso fare a meno di sentire il peso di quel vuoto, eppure continuo a guardarlo. Non voglio rispondere, eppure la sua voce è una forza che mi tira dentro. Mi sento intrappolata, come se le parole fossero la gabbia che ho costruito per me stessa. Ogni tentativo di comunicazione è inutile. Le sue parole non mi raggiungono. Sono leggere, come se fossero state pronunciate da un altro, da qualcuno che non ha mai davvero vissuto nella nostra storia. Le parole non significano più nulla. Sono diventate rumore, rumore che non riempie il vuoto, ma lo amplifica. Il silenzio che segue è ancora più doloroso, perché è un silenzio che non posso controllare. Come posso continuare a parlare, quando non ci sono più parole da dire? Come posso continuare a lottare contro questo buio, quando sono io quella che ha scavato la fossa?
Mi sdraio sul letto. Ogni movimento è faticoso, ogni respiro è pesante. La nausea mi assale, come una realtà che non posso accettare. Non posso credere che sia finita. Non posso accettare che il nostro legame sia dissolto, come sabbia che scivola tra le dita. È stato quello che ho voluto, eppure adesso non riesco a sopportarlo. La distanza che ho creato, che ho voluto, non è più sopportabile. È una prigione che ho costruito, e sono io la carceriera. Non posso più fare a meno di lui. Non posso più fare a meno di tutto ciò che abbiamo condiviso. Eppure, tutto sembra svanito, dissolto in un attimo, come se il mondo avesse deciso di spegnere ogni connessione che ci legava. Non c’è più luce, non c’è più calore. Guardo fuori dalla finestra. La notte sembra non finire mai, come un incubo che si ripete all’infinito. Mi manca la luce. Mi manca il giorno. Ma più di tutto, mi manca lui. Ma poi una domanda scivola dentro di me, una domanda che non avevo mai avuto il coraggio di farmi: è davvero lui che manca, o è qualcosa che non ho mai trovato dentro di me? Cos’è questa solitudine che mi dilania, questa sensazione di essere vuota, come se mancasse un pezzo di me stessa? Mi sento persa, fragile, come una casa che non ha fondamenta, che non può resistere al peso della sua stessa esistenza. Come se fossi una nota fuori posto in una melodia che non riesco più a riconoscere.
E poi arriva la canzone, quella vecchia canzone che un tempo mi faceva sentire viva, come se il mondo fosse ancora un posto dove c’era speranza. Dilemma, la voce di tormento, un suono che un tempo mi sollevava. Ma ora, quella canzone è solo un grido lontano, un eco che risuona dentro di me come una ferita che non smette mai di sanguinare. Ogni battito della musica è un colpo al cuore, un altro pezzo che si stacca e non ritorna più. La solitudine mi avvolge, ma la rabbia è più calda di qualsiasi cosa io possa provare. Mi sveglierò domani, ma per ora, sono prigioniera di una notte che non finisce mai. E la domanda non trova risposta: finirà mai questa notte?
La cucina è vuota. Nessun rumore, solo il suono dell’acqua che scorre nel lavandino. Il caffè, pungente, riempie l’aria con il suo odore che non posso ignorare. Ogni passo che faccio risuona nel vuoto, come un richiamo che non ha risposta. Sono sola, ancora una volta. Ma il caffè continua a fare il suo dovere, mentre io resto lì, ferma. Il silenzio mi inghiotte, come una spirale che non ha fine. La solitudine è più forte della rabbia, ma la rabbia non molla mai. Non mi lascia mai. Ogni pensiero è una battaglia, ogni battito del cuore è un richiamo, un bisogno di riscatto che non arriva.
Quante volte dobbiamo aspettare, prima di sentirci di nuovo a casa? Ma questa è una domanda che non può avere risposta.
THE END.
Remember me,
Eclipse